“Charles Fitzmorris, il nostro fornitore di servizi informatici, gode di una certa confidenza con nostro padre. La mia palese emarginazione da qualsiasi embrione di percorso formativo è talmente evidente che lui si prende spontaneamente la briga di andare a dirgli: ‘Bernardo, ma cosa ci sta a fare qui Giuseppe? Fallo venire in America a fare esperienza e imparare cose nuove!’. (…)
Fitzmorris mi mette in contatto con la famiglia di un suo cliente, Dominick Di Matteo, che ha una catena di supermercati a Chicago. Arrivato lì faccio subito amicizia con Margaret, la figlia di Dominick, che lavora come buyer in gastronomia. Entro come operaio generico, per cominciare dalla gavetta (…).
Passo il mio primo Giorno del Ringraziamento a casa di Margaret, con tutta la sua famiglia. Sono affascinato dalla storia di Dominick, un vero pioniere dei supermercati: il padre, che aveva una drogheria, gli aveva prestato cinquemila dollari per aprire il primo negozio self-service. Da quel passo iniziale aveva creato un’azienda più grande di Esselunga, la Dominick’s (…).
L’esperienza si rivela una vera e propria scuola di guerra. Mi ci trovo bene e, soprattutto, inizio a elaborare il mio progetto, che per noi risulterà fondamentale: il superstore, con l’inserimento del “non food” e dei servizi nell’Esselunga di allora. È a Chicago, infatti, che mi rendo conto di come nostro padre non sia in grado di far fruttare bene i supermercati sempre più grandi che sta aprendo, compreso quello di Alessandria, il primo sopra i 2000 metri quadri. Nessuno, in Esselunga, sa in realtà come riempirlo: ricordo scaffali immensi pieni di pelati della stessa marca, oppure di pacchi di pasta. E così in tutti i settori (…).
I superstore sono realtà molto diverse sia dai supermercati normali, che hanno un’offerta forzatamente più limitata, sia dagli ipermercati, il modello che in Italia in quel momento va per la maggiore e sta facendo una seria concorrenza a Esselunga, attirando sempre più persone a fare la spesa fuori dai centri cittadini, durante il fine settimana. (…)
A Chicago, dai ragazzi di Dominick’s, imparo moltissimo: la gestione dei prodotti, come calcolare la redditività, la contabilità industriale, i planogram per l’organizzazione degli spazi in negozio, i modi migliori per elaborare i contratti con i fornitori e come gestire i fondi marketing che si ricevono da loro. Quando torno a Milano, cerco di mettere subito a frutto quanto ho imparato. Ho preparato il terreno già da Chicago, mandando a mio padre un fax al giorno – sabati e domeniche compresi – per mostrargli che cosa sto facendo e che cosa potrebbe essere utile anche per noi, in Esselunga. Lui era venuto addirittura a trovarmi con un gruppo di dirigenti, per conoscere Di Matteo e osservare dal vivo le innovazioni che gli raccontavo. (…). (pp. 139 – 142).
Nella fotografia di testa, scattata in quell’occasione da mio padre sullo sfondo dei grattacieli di Chicago, ci siamo io, Marino Fineschi, Sergio Leogrande, Gabriele Villa, mia sorella Violetta e Alberto Bianchi.
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