Nato a Milano il 26 novembre 1902, Giovanni (Gianni) Albertini è da sempre un entusiasta della montagna, dello sci, della velocità, del rischio. Laureato giovanissimo in ingegneria, socio del CAI-Club Alpino italiano dal 1922, diventa uno sciatore, alpinista e guida alpina tra i più esperti tanto da aprire nuove vie di scalata, specialmente nella “grande stagione” del 1926 quando, con il compagno di cordata e grande amico Piero Zanetti si sposta per il Monte Bianco, magari sotto gli occhi (e il vigile cannocchiale) della madre che ne accompagna e sostiene le imprese (v. BELTRAMETTI, Piero Zanetti, p. 10; ALBERTINI, Monte Bianco, p. 124). Esiste anche la Cresta Albertini al Colle delle Grandes Murailles (3957 m), aperta dalla Guide del Cervino Gianni Albertini, Luigi Carrel e Jean Pellissier il 15 luglio 1937.
Quando si sposa, Albertini non può che scegliere la moglie in una famiglia che condivide il suo stesso entusiasmo per le vette e lo sci: Ida Quintavalle, tennista della Nazionale femminile, sportiva a tutto tondo e “malata di montagna” come il resto della famiglia Quintavalle, è la sposa ideale ed è anche la sorella gemella della mia bisnonna Luisa, pure lei provetta sciatrice.
Il suo entusiasmo si estende anche al volo. Da militare entra in Aeronautica, guadagnando il grado di tenente pilota, e tanto per dimostrare anche in aria ciò che è su roccia e neve diventa un Trasvolatore, cercando di battere il record di volo fra Londra e Città del Capo nel 1938, che gli guadagna una medaglia di bronzo al valor militare. Così viene descritta l’impresa nella motivazione all’onoreficenza:
“Pilota entusiasta ed audace, tentava di battere il primato aereo Londra-Città del Capo per affermare, attraverso le vie del Sahara Centrale e del Congo Belga, la possibilità di un nuovo e più rapido collegamento. Sulle coste della Libia, mentre la prima tappa del volo stava ormai per compiersi per proibitive condizioni atmosferiche, era costretto, nottetempo e nella più assoluta oscurità, ad effettuare un atterraggio di fortuna. Con ammirevole calma e sereno sprezzo del pericolo, riusciva nell’ardita manovra, portando in salvo l’equipaggio. Cielo di Zuara, 17 aprile 1938. R.D. 21 giugno 1941 (…)”. Durante la Seconda guerra mondiale partecipa al bombardamento su Londra. (v. BELTRAMETTI cit.; Albo D’Oro, scheda Giovanni Albertini).
Anche nella professione la montagna segue Albertini, e lui la cerca: sarà parte della nascita del Breuil – italianizzata in Cervinia – come famosa stazione sciistica inaugurando nel 1936 l’Hotel Cervinia, progettato dall’architetto Mario Cereghini (CAMANNI, Due paesi).
Nel ricordo della figlia Giovanna Albertini d’Urso, la figura del padre risalta come quella di un uomo legato alla famiglia da profondo affetto, un uomo che non solo torna a casa dopo l’ufficio e si siede “al desco familiare”, ma parla, discute, e insegna dei valori: nelle sue parole, “ci sono due aspetti soprattutto che ci ha trasmesso, e queste due cose le ha sicuramente imparate nelle sue imprese. La prima è la lealtà, la lealtà nei confronti degli amici (…) e anche nelle persone con cui non andava d’accordo, per cui noi abbiamo potuto crescere in un’atmosfera schietta, senza mormorii, senza paragoni inutili. L’altro aspetto è l’umiltà, che potrebbe sembrare un po’ una contraddizione con una personalità forte. Difatti una volta quando l’ho detto alla mia mamma – il papà non c’era già più – mia mamma, donna molto equilibrata (…) diceva cosa dici, papà umile? (…) mamma, guarda che io non ho detto modesto, ho detto che era una persona che individuava qualcosa di buono, lo progettava, cercava di conseguirlo con tutte le sue forze (…) e allora lei ha risposto ah sì, allora hai ragione. (…) [Negli] ultimi periodi di malattia (…) chi gli è stato vicino ha avuto una lezione di grandissima pazienza e grandissima bontà e dolcezza.”.
Giovanni Albertini muore nel 1978.
Il nome di Albertini è indissolubilmente legato alle spedizioni artiche che tengono col fiato sospeso i nonni e bisnonni, la spedizione Nobile nel 1928 ma soprattutto la spedizione artica della nave Heimen-Sucai da lui diretta fra il maggio e il settembre 1929, nata come operazione di ricerca e soccorso di eventuali superstiti della spedizione Nobile andati dispersi l’anno precedente. Pur non avendo conseguito il suo obiettivo primario, la spedizione Albertini diventa una pagina a sé nella storia delle esplorazioni, apportando nuove conoscenze geografiche e scientifiche e meritando al mio prozio il nome d’una piccola baia all’estremo nord delle Svalbard, la Albertlinibutka.
Fonti:
Albiate (MB), Villa San Valerio, Archivi di Villa San Valerio, Archivio Fotografico.
GIOVANNA ALBERTINI D’URSO, Intervento alla giornata di studi La spedizione artica della HEIMEN SUCAI nel 95° anniversario (1929-2024), Roma, Società Geografica Italiana ETS, lunedì 8 aprile 2024.
Bibliografia:
G. BELTRAMETTI, Tra alpinismo e antifascismo: Piero Zanetti (1899-1972), un esploratore del Novecento, Laboratorio di Storia delle Alpi, “Percorsi di ricerca”, 1,4 – 2012, pp. 7-14
G. ALBERTINI, Monte Bianco per l’Aiguille Blanche e la Cresta di Peuteret. 1a ascensione italiana. — 15 – 16 – 17 – 18 agosto 1926, in “Rivista del Club Alpino Italiano”, XLVI, Torino, Maggio-Giugno 1927, pp. 121-124.
Cresta Albertini – Colle delle Grandes Murailles.
Stato Maggiore dell’aeronautica, Ufficio Storico, Albo d’Oro. Testo delle motivazioni di concessione delle Medaglie al Valor Aeronautico, Roma, 1993.
E. CAMANNI, Due paesi una montagna, in Le montagne incantate: Quattromila. Il Monte Bianco e le vette regine delle Alpi (Club Alpino Italiano – National Geographic), marzo 2020.
G. CAPROTTI, Conferenza: il grande viaggio dell’ingegner Gianni Albertini nei mari artici, 02/03/2025.
