Nella primavera del 1928 parte la spedizione del dirigibile “Italia” comandata dal colonnello del Genio aeronautico Umberto Nobile. L’obiettivo è sorvolare il Polo Nord per la prima volta con un preciso programma di esplorazione geografica e ricerca scientifica. Purtroppo l’impresa si conclude con un drammatico naufragio sul pack artico il 25 maggio; nell’impatto dieci uomini, tra i quali il comandante Nobile, cadono sulla banchisa fortunatamente insieme a viveri e attrezzature; altri sei rimangono sull’involucro del dirigibile privo di comandi, che si risolleva e sparisce con loro nella nebbia. Nelle settimane successive si svolge l’epopea della “Tenda rossa” (dal colore della tenda da campo preparata per la discesa sul Polo che i naufraghi tingono con l’anilina per renderla visibile), cui prendono parte ben sei nazioni in lotta contro il tempo e che occupa le prime pagine dei giornali di tutto il mondo. Gli uomini della “Tenda Rossa” vengono salvati quasi tutti; di quelli spariti con l’aerostato non si è mai saputo più nulla, anche se la versione più accreditata è che siano andati alla deriva fino al Mare di Barents, dove si sono inabissati.
Gianni Albertini, giovane ingegnere milanese, esperto sciatore e guida alpina, viene coinvolto nella spedizione Nobile grazie al presidente della Sezione Universitaria del Club Alpino Italiano (SUCAI), l’associazione degli studenti universitari legata al CAI, che propone il nome suo e dell’amico Sergio Matteoda perché, già adusi alle fatiche del freddo e del ghiaccio, avrebbero saputo operare con efficienza anche in condizioni estreme come quelle artiche. Assegnati alla logistica, s’imbarcano sulla nave appoggio “Città di Milano”; giunti alla Baia del Re, uno dei fiordi delle norvegesi isole Svalbard, “dovranno facilitare i voli di prova del dirigibile spazzando la neve dalla pista e facendo, all’occorrenza, saltare il ghiaccio con la dinamite. Dovranno aiutare nelle manovre di ormeggio fra le pareti dell’hangar a cielo aperto, trainare le pesanti slitte con le bombole di idrogeno necessarie a gonfiare l’involucro. E, per non far pesare l’accumulo di neve, arrampicarvisi senza scarpe, coi piedi ricoperti di paglia fasciati di stoffa, e toglierla con estrema cura, servendosi di arnesi avvolti nella stoffa. (…)” (SANFELICE, “L’uomo che andò in cerca dell’ ‘Italia’ “).
Albertini non sale a bordo del dirigibile al momento della partenza per la spedizione, come sperava sin dall’inizio; rimane con gli altri a sentire via radio tutta la storia del volo sull’Artico fino al momento dei drammatici messaggi e del silenzio che annunciano una serie di eventi allarmante.
Partono i soccorsi. Due baleniere partecipano alla ricerca, la Hobby (inviata dalla Norvegia) e la Braganza (noleggiata dall’Italia), che ha a bordo fra gli altri anche Albertini e Matteoda, i quali sbarcano e via slitta vanno alla ricerca del gruppo Mariano (dopo 5 giorni il primo ufficiale, Adalberto Mariano, l’ufficiale navigatore Filippo Zappi e il metereologo norvegese Finn Malmgren hanno infatti deciso di partire per cercare di raggiungere la salvezza, La Tenda Rossa, p. 53). “Dal 23 giugno al 6 luglio i quattro uomini [i due “sucaini”, il conducente di slitte e la guida, N.d.R.] perlustrarono l’ampio territorio fin quasi a Capo Leigh Smith, nella parte nord-orientale della Terra di Nord-Est. Nessuna traccia del gruppo Mariano e dell’involucro dell’Italia fu trovata lungo gli oltre 500 chilometri esplorati. Era la conferma che nessun uomo del dirigibile Italia fino a quel momento era riuscito a giungere in prossimità della Terraferma.” (Ibid., p. 59). Sarà il rompighiaccio sovietico Krassin a raggiungere e imbarcare tutti, sia gli uomini della Tenda Rossa, sia Mariano e Zappi (Malmgren è morto durante la marcia), sia l’equipaggio del trimotore Junkers che è decollato proprio dal Krassin, si è guastato ed è stato raggiunto da una nuova spedizione di Albertini e Matteoda.
Per due mesi ancora la Braganza e il Krassin cercano il relitto dell’Italia e gli uomini che si era portato via, ma non ottenendo risultati interrompono le ricerche.
Solo Gianni Albertini non riesce a togliersi dalla mente la loro sorte, e dall’imperativo umano e morale di ritrovarli nasce la sua spedizione “Heimen-Sucai” che partirà l’anno successivo, il 1929.
Bibliografia:
La Tenda Rossa. 70° anniversario della spedizione del Dirigibile Italia, 1928-1998, catalogo della mostra al Museo nazionale della scienza e della tecnica “Leonardo da Vinci” a c. di C. BARBIERI et al., Milano, 1999.
A. Sanfelice Visconti, “La Lampadina Racconti – L’uomo che andò in cerca dei dispersi dell’ ‘Italia’”, in “La Lampadina. Periodiche illuminazioni”, 7 febbraio 2020.
