Giuseppe Venosta (1880 – 1939) si laurea a pieni voti in ingegneria al Politecnico di Milano. Nel marzo 1906 viene assunto alla Pirelli, reparto pneumatici e gomma; si può veramente dire che abbia contribuito alla “grande avventura del [sic] pneumatico in Italia”, e non solo, poiché condividendo con Piero Pirelli la passione per il calcio, studiò uno dei primi palloni con l’anima in gomma invece che interamente in cuoio, il “Corazza Pirelli” (1925 ca.). Il ramo gomma è la sua casa lavorativa, e da lì scala le gerarchie aziendali. Quando, nel 1919, nascono le Direzioni Centrali, Giuseppe Venosta viene nominato Direttore Centrale Gomma; nel 1920 diventa Consigliere di amministrazione, e poiché conosce bene l’inglese nel 1928 viene mandato in missione degli Stati Uniti. Nel 1933 diventa presidente della “Pirelli-Revere”, Società Italo-Americana Filo Elastico, costituita da Pirelli e US Rubber. Nel novembre 1938 viene nominato Direttore generale, ma è già malato, di un cancro al fegato che pochi mesi dopo, il 14 aprile 1939, lo uccide a neppure sessant’anni. Quello stesso giorno, un Ordine di servizio dell’azienda a firma di Piero e Alberto Pirelli ne comunicava la morte “dopo lunghi mesi di sofferenze, ricordando con riconoscente affetto l’opera forte e geniale dell’ing. Venosta attraverso oltre 33 anni di instancabile lavoro per portare il ramo gomma della nostra Azienda alla sua attuale importanza ed efficienza (…)”.
Nel corso dell’ “avventura del pneumatico”, Giuseppe Venosta si occupa anche della Squadra Rifornimento Pirelli durante i primi, avventurosi Gran Premi automobilistici degli anni Venti. Guido ragazzino lo segue, viene fotografato col padre a Monza nel 1924, conserva con cura le fotografie di Giuseppe che parla con Piero durante lo svolgimento del Gran Premio, o con i corridori all’epoca famosi davanti alle macchine da corsa.
Questo padre così prestigioso era anche un uomo di vedute aperte, e un padre sicuramente affettuoso; il ricordo che il nonno ne fa nelle sue memorie inedite è commovente, e ancor più la sua conclusione: “Credevo che tutto fosse finito, ma gli anni che vennero dopo mi insegnarono che si può continuare ad amare un morto con lo stesso amore di quando era in vita. Così ho fatto io, e tutto mi è sembrato continuare come prima.”.
Fonti:
Albiate, Villa San Valerio, Archivi di Giuseppe Caprotti: Archivio di Guido Venosta, Documenti diversi, G: VENOSTA, Memorie, dattiloscritto inedito, 1996-1997 (pp. 2, 39-40).
Ibid., Archivi di Giuseppe Caprotti: Archivio di Guido Venosta, Album fotografico 1920 – 1930.
Fondazione Pirelli, Archivio storico Pirelli, fondo “Personale”, fascicolo “Giuseppe Venosta”, “Ordine di Servizio del 12 novembre 1938, n. 793”;
Ibid., “Ordine di Servizio del 14 aprile 1939, n. 819”.
