“Ricordo che una volta mi portano a vedere i lavori di ristrutturazione della casa in città, in via del Lauro, che il nonno Peppino aveva acquistato assieme al castello di Bursinel grazie ai grandi profitti della Manifattura (…)” (p. 77).
Bursinel è un posto bellissimo, il castello fa addirittura parte della storia svizzera, e noi ci trascorriamo parte dell’estate, al solito con zii e cugini; gli album di fotografie sono pieni di immagini di noi bimbi che giochiamo sul grande prato davanti al castello. Ma anche Bursinel, come il resto, diventerà oggetto di contesa e di livore.
“(…) Bernardo non cede di un millimetro ed esaspera lo zio Guido, che arriva a sfogarsi con un amico (…), raccontandogli che anni prima lui e il fratello si erano scambiati “a pari prezzo” la casa brianzola di Albiate, che era rimasta a Guido, e il castello di Bursinel, sul lago di Ginevra, che era andato invece a Bernardo. Guido lo aveva fatto perché non voleva lasciar andare la dimora che era stata la casa di famiglia, con i ricordi del padre e della madre, ma ovviamente a guadagnarci era stato Bernardo. Non c’è dubbio su questo punto: ancora oggi un castello con 40 ettari di parco e vigneto sul lago di Ginevra ha un valore immobiliare nemmeno lontanamente paragonabile a una vecchia villa in Brianza. Nessuno dei nuovi miliardari che corrono ad accaparrarsi le migliori proprietà svizzere si sognerebbe di stabilirsi a pochi chilometri da Monza. La casa è bella ma si trova – per citare il Lucio Battisti di Una giornata uggiosa – nella “Brianza velenosa”, una delle zone più industrializzate e inquinate d’Europa. Bursinel, al contrario, è situata in una cornice incantevole, sia dal punto di vista del paesaggio che del clima. (…)”. (p. 126).
Bernardo, poi, dona il castello alla figlia secondogenita Violetta.
“(…) Nel [2014], su un quotidiano svizzero che si chiama “24 heures” viene pubblicata la notizia che Violetta avrebbe venduto il castello di Bursinel, sul lago di Ginevra. L’articolo parla benissimo di Bernardo, che viene descritto come il “fondatore di Esselunga”, una persona “gradevole, umana e molto organizzata”, capace di “parlare francese in modo impeccabile”. Non dice, però, che in realtà nostro padre aveva affittato il castello per lungo tempo a degli inquilini che, poi, aveva cercato di far sloggiare con malagrazia. Questi si erano ribellati e avevano rifiutato di restituirgli la proprietà nei tempi che mio padre esigeva: per la terza volta, dopo la cuoca Rosa e il fratello Guido, una casa di Bernardo veniva occupata da persone con le quali lui aveva litigato. Per farli andar via non gli resterà che presentarsi una mattina con i gendarmi. Troverà il castello abbandonato da poco, con le piastrelle dei bagni e i sanitari divelti, in segno di rabbia.” (pp. 337-338).
Bernardo conferma la donazione del castello a Violetta nel testamento pubblicato dopo la sua morte nel 2016 e redatto due anni prima, il 9 ottobre 2014.
Poi, effettivamente, Violetta lo vende, e un ennesimo tassello dei nostri ricordi più belli dell’infanzia esce dalla storia dei Caprotti.
Riferimenti bibliografici:
M. SCHURCH, Le château des chevaliers de la Cuiller est à vendre, «24heures», publié: 15.04.2014.
