Anche questo articolo, dopo quello sul valore della ricerca contro il cancro, deriva dalla riscoperta degli archivi di mia madre, Giorgina Venosta.
Nella copertina si vedono l’allora sindaco di Milano Gabriele Albertini con Carla Fossati Bellani in Venosta che per onorarne la memoria ha costituito la Fondazione Guido Venosta.
A Guido Venosta, a Milano è stata dedicata una via, una traversa di viale Sarca : nella targa è ricordato il suo ruolo di “pioniere del no profit”, e l’ assessore alla cultura, musei e relazioni internazionali Salvatore Carrubba, nel comunicare a Carla Venosta l’approvazione del Comune, scrive che la Giunta Municipale, nella Delibera del 10 dicembre 2002, avrebbe intitolato una via all’ “illustre creatore dell’Associazione ricerca sul cancro”.

Sotto si riconoscono Gabriele Albertini, Sergio Romano e Salvatore Carrubba alla cerimonia per l’inaugurazione della via.

Di seguito trovate la trascrizione di una parte dl documento pubblicato dalla Fondazione per l’evento.
Immagini e pensieri
Visione “profetica”
Chi si occupa di non profit in Italia da almeno una decina di anni sa bene quanto numerosi e impegnativi siano stati (e lo siano, seppur in parte, tuttora ) gli ostacoli da superare per vedere riconosciuto al terzo settore una “dignità” socio-economica perlomeno pari a quella di Stato e mercato.
Burocrazia, ignoranza, pregiudizi, impreparazione, scarsità di mezzi finanziari e molti altri fattori ancora hanno remato contro l’affermarsi nel paese di una cultura della solidarietà autenticamente tale, che andasse oltre la mera beneficenza e l’assistenzialismo.
L’idea di abbinare il concetto d’imprenditorialità al nonprofit è stata a lungo considerata una sorta di eresia, un nonsense, un ossimoro, una contraddizione in termini, cioè.
Se oggi, per fortuna, molto è cambiato in proposito e tutti si dichiarano concordi nel sostenere che la sopravvivenza di un ente senza fini di lucro è possibile solo nel rispetto dei criteri di efficacia ed efficienza (pur tenendo conto, naturalmente delle peculiarità valoriali di simili organizzazioni) lo si deve alla tenacia e alla perseveranza di alcuni “visionari”.
Di alcuni pionieri della solidarietà che hanno saputo dimostrare con la concretezza dei fatti , con una abnegazione encomiabile, con una dedizione alla “buona causa” unica, che anche nel nostro Paese c’erano ampi spazi per far decollare un terzo settore moderno, capace di offrire servizi eccellenti, creare nuove opportunità di lavoro, realizzare una ricerca scientifica di altissima qualità.
Tra queste personalità di assoluto valore e rara generosità spicca senza dubbio Guido Venosta, la cui visione “profetica” del ruolo che il nonprofit avrebbe potuto svolgere in Italia ha saputo trovare una concreta testimonianza nel più che trentennale impegno personale profuso al servizio dell’Associazione italiana per la ricerca sul cancro.
Si parla di frequente , di questi tempi, di ponte tra profit e nonprofit, di necessità di un’alleanza strategica tra i due mondi per affrontare e risolvere problemi di enorme impatto sociale come la riforma del welfare. Venosta, già alcuni decenni addietro, si dichiarava uno strenuo fautore di una simile “contaminazione”, ben raccontata poi nel suo libretto “Dal profit al nonprofit”.
L’intitolazione di una via di Milano a Guido Venosta, quindi, è un bel riconoscimento della città a un uomo di grandi qualità manageriali e umane che la Fondazione che porta il suo nome contribuirà a tener vive nella memoria collettiva con opportune iniziative.
Bicocca 25 settembre 2003
Guido Venosta ha lavorato 38 anni per la Pirelli, dal 1939 al 1977.
E’ poi stato presidente onorario di Airc e Firc fino alla sua morte, avvenuta nel 1998.

Di seguito un estratto della pubblicazione – “Dal profit al no profit” , scritto nel 1997:
“Ho sempre pensato infatti che le classi e le categorie sociali che, per ragioni di nascita o per combinazioni della sorte, avevano potuto godere delle migliori condizioni di vita dovessero ‘rendere qualcosa’ agli altri, avessero cioè il dovere morale di intervenire nella comunità a vantaggio di chi quella fortuna non aveva avuto.
Una sorta di riconoscimento oggettivo del proprio stato privilegiato e di conseguente contributo a un ideale riequilibrio delle condizioni di vita di tutti.
Nulla di messianico o eroico, beninteso, ma un semplice atto di coerenza esistenziale. O di giustizia, se si preferisce.”

Umberto Veronesi e Giuseppe Della Porta su Fondamentale, 5 aprile 1998.
Veronesi e Della Porta hanno fondato l’Airc nel 1965. Mio nonno ha iniziato a lavorarvi nel 1966.
Articolo redatto a luglio, aggiornato il 6 agosto 2023.


