Tutto comincia il Capodanno 1951-52, a Cortina, all’Hotel Miramonti, allora, nelle parole dello zio, ancora un hotel meraviglioso. Come usa c’è il tavolo degli adulti, dove siedono genitori, zii e parenti; quello dei giovani, dove siedono i fratelli maggiori di Claudio, Bernardo e Guido, ormai ventenni, con altri giovani; e il tavolo dei bambini, dove il padre Peppino spinge la sedia sotto a Claudio quattordicenne facendolo sedere con Giorgio Falck, che ha la stessa età, e Lu Austoni, undicenne.
Se non è una folgorazione, poco ci manca. Claudio e Lu si trovano spesso, parlano, vanno a scuola di danza, si trovano bene insieme; il collegio dell’uno e dell’altra non sarà una separazione ma l’inizio di una fitta corrispondenza.
Crescendo, i sentimenti cambiano, si fanno adulti e profondi. Ma interviene, come sempre, il destino sottoforma di Bernardo, il quale decide che è ora per tutti di piantarla di fare cose da ragazzi e iniziare a fare cose da uomini e quindi, fra l’altro, bisogna sposarsi. E va bene, sposiamoci.
Bernardo torna con Giorgina Venosta, e lo comunica ai fratelli “ridacchiando” per il colpo da maestro.
Guido torna con Lu.
Non che lei e Claudio non abbiano provato a unire le loro vite; ma le urla di Tilde Austoni, madre di lei, trapassano i muri mentre grida alla povera figlia che cosa te ne fai di quel cretino che non ha neanche un mestiere quando ti si offre il fratello di mezzo che un mestiere (e un capitale) ce l’ha. E poiché si è giovani di anni, e si proviene da famiglie in cui non si discute, Lu accetta Guido (che peraltro conosce, anche lui, da sempre).
Claudio si distrae con fanciulle e viaggi, la laurea in architettura e quel futuro che Tilde Austoni non vedeva, entrando nella Supermarkets s.p.a. [Esselunga ] e inviato, nei primi anni ‘60, per un lungo soggiorno negli Stati Uniti presso la IBEC, socio di maggioranza, perché impari sul posto il funzionamento del supermercato e le ultime e più moderne novità del settore. Lu continua a scrivergli lettere piene di complicità e antica tenerezza, ma senza mai passare la sottile linea del pericolo.
Ancora in America, a Claudio succede qualcosa: gli occhi sono sempre stati un suo punto delicato, ma sempre più spesso cominciano a perdere, per qualche ora, la vista. Si saprà poi che la responsabilità è di un collirio prescritto per ridurre l’irritazione oculare, che se molto utilizzato può dare effetti collaterali pesanti. Per il momento l’intera famiglia, preoccupata, fa quadrato. Il fratello maggiore manda il 14 aprile 1965 un telegramma all’ospedale americano ove Claudio è ricoverato, scrive “capisco il momento difficile”, ho parlato con la mamma, chiedi ai medici “se quattro cinque mesi di mare possono giovare”, e alla fine su consiglio degli specialisti si fa così, Claudio torna e viene portato a Forte dei Marmi.
È la stagione invernale, e perfino l’amatissima, splendida Villa Nadina pare triste e noiosa. Per non farlo cadere in depressione, si decide di mandargli per compagnia un’amica cara e antica, proprio Lu, la moglie di suo fratello Guido. Lei arriva con le lettere di permesso (proprio così), del fratello Bernardo e del marito (il quale peraltro ha già incontrato l’amore della sua vita e futura seconda moglie, Ida Beretta).
Una malinconica sera molto fredda, Claudio si è rintanato a letto sotto strati di coperte. Sente bussare, è Lu; dice che ha freddo, non riesce a scaldarsi, posso stare qui con te? Claudio risponde va bene, posto ce n’è, io dalla mia parte e tu dalla tua.
Naturalmente, poco ci vuole perché le due parti si confondano.
Se si fosse in un vecchio film, a questo punto la telecamera si sposterebbe su evocativi quanto discreti ed eleganti voli di tende bianche su finestre da cui entra una tenue luce.
Inizia così quella storia di cui ho narrato l’epilogo nel mio libro “Le ossa dei Caprotti. Una storia italiana”.
Quando Lu muore, nel febbraio 2022, il necrologio di Claudio nel “Corriere della Sera” è un breve, quasi poetico compendio di tanti anni: “Dai pomeriggi alle scuole di ballo sino alla nostra tarda età la vita è volata. Con profondo affetto porto per sempre i nostri ricordi, cara”.
Personalmente la ricordo anch’io con molto affetto, visto che ci ha fatto da madre quando eravamo piccoli.
