Alla morte del loro padre Bernardo, nel 1864, l’azienda passa ai due figli maschi, Giuseppe, il mio trisnonno, e Carlo. Quest’ultimo, però, è ancora minorenne perciò per i primi anni è il solo Giuseppe a dirigerla. Nel 1868 i due fratelli decidono di mantenere per nove anni la comunione di tutti i beni lasciati loro dal padre, compresa quindi la ditta, intraprendendo un ambizioso e capillare progetto di meccanizzazione per portarla a livelli competitivi sul mercato. (ROMANO, pp. 23 e 86).
Carlo però, nel 1872, sceglie di staccarsi dalla società con molto anticipo (solo tre anni dopo l’accordo) e, di conseguenza, chiede la liquidazione della sua parte. Giuseppe deve caricarsi di un debito pari a 150.000 lire, deve ipotecare i suoi beni agricoli, e certo non la prende bene. Roberto Romano, che ha studiato la vicenda, la spiega in questo modo:
“I rapporti tra i familiari oscillavano (…) in permanenza tra due opposti stati d’animo: da un lato il naturale, sincero, intenso affetto che legava i congiunti, dall’altro la coscienza di dover sottostare alle fredde esigenze del tornaconto economico, che diveniva poi anch’esso un «valore» pari a quello dell’armonia familiare, perché l’interesse materiale si identificava con l’interesse «supremo» (la sopravvivenza) della famiglia e dell’impresa. Così i contrasti tra fratelli avevano spesso alla base motivazioni economiche, anche se differenze di carattere e di personalità avevano certo la loro importanza. Ma forse il problema è più profondo, soprattutto quando si passa ad esaminare la gestione in comune dell’impresa da parte di due fratelli (Giuseppe e Carlo; Bernardo ed Emilio) che (…) fallì in ambedue i casi. La separazione di Carlo da Giuseppe avvenne anche a causa di ostilità e antipatie createsi nell’ambito familiare, il che diede al distacco una tinta particolarmente amara e avvelenò per lungo tempo le relazioni tra i due fratelli, ma la vera ragione dell’accaduto va ricercata molto più indietro, nei dissidi di natura imprenditoriale che opponevano i Caprotti fin dall’inizio della loro attività in comune. (…). Se infatti l’impresa era familiare quanto a capitale e a successione ereditaria, era peraltro strutturalmente e tendenzialmente individuale quanto alla direzione: la grande forza coesiva posseduta a livello ideologico dal binomio azienda-famiglia non era sufficiente nella realtà a tenere unite due capacità imprenditoriali, delle quali l’una era portata, inevitabilmente, a sopraffare l’altra e ad imporsi quale unico e indivisibile centro di potere. (…).”. (ROMANO, I Caprotti, p. 27; pp. 235 sg.).
Tuttavia, nonostante accuse e incomprensioni, i rapporti tra Giuseppe e Carlo si mantengono cordiali e financo affettuosi, non giungendo mai a una rottura definitiva. Tra Bernardo ed Emilio invece, figli ed eredi di Giuseppe, che guideranno la ditta dalla fine dell’Ottocento traghettandola nel secolo nuovo dove tutto è diverso e l’imprenditore paterno e familiare è ormai sul viale del tramonto, la cosa è ben diversa: “(…) se tra Giuseppe e Carlo i contrasti esplodevano anche violenti e diretti con manifestazioni emotive, il dissidio tra Bernardo ed Emilio assunse forme più sottili e fredde (opinioni diverse nel consiglio di amministrazione, la creazione di una società concorrente), riflesso di una situazione economica e sociale nuova”, figlia dei tempi (Ibid., p. 244).
Per fortuna, in entrambi i casi, le donne di famiglia mediano; Giuseppina, moglie di Giuseppe, e Selina, moglie di Carlo, mantengono una fitta corrispondenza fra cognati, e Virginia, una delle sorelle di Giuseppe e Carlo e quindi zia di Bernardo ed Emilio, donna a dir poco di carattere, si trova ad affrontare le due separazioni a distanza di decenni, entrandovi a piè pari e imponendo spesso il proprio punto di vista, non permettendo mai, soprattutto ai nipoti ben più litigiosi dei loro predecessori, di rompere senza più possibilità di riparare.
Fonti:
Albiate (MB), Villa San Valerio, Archivi di Villa San Valerio, Archivio della Manifattura Caprotti, Archivio di Giuseppe Caprotti (1837-1895).
Bibliografia:
G. CAPROTTI, “Le ossa dei Caprotti. Una storia italiana”, Milano, 2024/3.
R. ROMANO, “I Caprotti. L’avventura economica e umana di una dinastia industriale della Brianza”, Milano, 1980 (specialmente pp. 28-31).
G. CAPROTTI, “I Caprotti e i parenti: la formidabile zia Virginia, sorella del trisnonno Giuseppe”, 26/10/2024.
E. SÀITA, “I Caprotti: aspetti privati, dal Risorgimento alla Seconda Guerra Mondiale”, 08/11/2022.
