“Apparentemente il libro di Giuseppe Caprotti, «Alto Adige o Sud-Tirol?» (Angeli, Milano, 1988, pagg. 193, L. 18.000) è uno dei tanti: dei tanti libri scritti da studiosi di lingua italiana o tedesca sul problema dell’Alto Adige. Forse un problema antico quanto le legioni romane guidate da Druso che, quasi 2000 anni or sono, conquistarono e latinizzarono una terra che fu, da allora, terra di frontiera. Il confine etnico oscillò di continuo nel tempo. Dopo la caduta dell’impero, intorno al VI secolo, arrivarono i primi popoli germanici, i baiuvarii, poi la colonizzazione proseguì con la germanizzazione fino a Bolzano. In seguito fu germanizzata la Val Venosta, dove ancora nel XIX secolo si trovava qualcuno che parlava ladino. In seguito si assistette all’espansione del tedesco fino alle porte di Trento. Infine una lenta ritirata: la monarchia austro-ungarica, nonostante l’opinione contraria di alcuni, aveva un grande rispetto per le minoranze. E fu per suo merito (o demerito) che il tedesco arretrò fino a Salorno già ai tempi dell’Impero, per poi vedere l’avanzata dell’italiano ai tempi del fascismo, fino all’italianizzazione parziale o maggioritaria di città come Bolzano, Salorno, Merano, Vipiteno, Fortezza, Brennero.
Oggi il pendolo torna ad oscillare in senso inverso e gli italiani sono in ritirata su tutta la linea. Arretrano drammaticamente nei piccoli centri e nelle campagne, diventano minoranze in molte cittadine ma anche a Merano, dove erano la maggioranza. Infine diminuiscono vistosamente a Bolzano. Dunque, un problema eterno, che Capriotti colloca storicamente consultando i documenti degli archivi diplomatici francesi. E lo fa con ammirevole equilibrio. Un equilibrio che raramente gli studiosi italiani riescono a raggiungere parlando dell’Alto Adige. Il suo pensiero guarda all’Europa unita, strumento di tutela delle minoranze etniche: struttura sovrannazionale capace di sottrarre all’intolleranza degli stati-nazione le questioni che riguardano minoranze spesso poco difese o indifese, come ad esempio quella corsa, o brètone, o gallese, che sembrano andare perdendo la loro identità. Si identificano poco a poco con la cultura dello stato dominante. Non è questo il problema dell’Alto Adige, per il quale si può senz’altro parlare di «minoranza dominante». Capriotti non affronta direttamente i problemi della situazione attuale: ad esempio quello dei ladini, sottoposti ad un processo quasi irreversibile đi germanizzazione. Per i ladini l’unica salvezza è nella creazione della Ladinia, che riunisca in un’unica regione autonoma a statuto speciale i comuni ladini delle province di Bolzano, Trento e Belluno. Nè affronta direttamente e nei dettagli la questione della progressiva disintegrazione della comunità italiana. E non prende posizione sulla richiesta di autodecisione dei sud-tirolesi di lingua tedesca. Ma è logico che sia così. Il suo è un libro che vuole documentare, che offre una dettagliata analisi di quanto è accaduto. Si tratta dunque di una lettura indispensabile per chi voglia affrontare il problema in maniera documentata e precisa.”
Di Sabino Acquaviva – La Nuova Venezia 17 novembre 1988


