Foto : Sebastiao Salgado
L’Amazzonia corre verso il punto di non ritorno
L’allarme. Nei primi 4 mesi del 2022 distrutti 2mila km quadrati di superficie, in aumento del 70% rispetto all’anno prima
Gianluca Di Donfrancesco
Non ci sono allarmi o promesse che tengano: l’Amazzonia si avvicina ogni anno di più al punto di non ritorno, oltre il quale la devastazione sarà tale da superare la capacità di autorigenerazione della vegetazione. Nei primi quattro mesi del 2022, sono stati persi quasi 2mila chilometri quadrati di foresta, un record, con un aumento di circa il 70% rispetto allo stesso periodo del 2021, che era già stato un anno “nero”, il peggiore degli ultimi 15, secondo dati satellitari del Governo brasiliano.
Nel Paese, la deforestazione era diminuita di due terzi tra il 2005 e il 2011, per accelerare di nuovo nel 2018 e schizzare nel 2019, quando Jair Bolsonaro è diventato presidente. Le immagini satellitari mostrano che tra gennaio e aprile del 2022 è stata persa una quantità doppia di foresta rispetto alla media del periodo 2010-2021 per gli stessi quattro mesi.
Bolsonaro sostiene che l’aumento delle attività minerarie, agricole e degli allevamenti ridurranno la povertà nella regione. Il leader conservatore ha così depotenziato le norme a tutela dell’ambiente.
L’Amazzonia, che si estende in nove Stati, assorbe 1,5 miliardi di tonnellate di anidride carbonica all’anno, equivalenti al 4% delle emissioni generate dai combustibili fossili. La deforestazione non solo riduce questo potere di assorbimento, ma libera CO2 nell’atmosfera. Negli ultimi venti anni, secondo il settimanale inglese The Economist, l’Amazzonia brasiliana ha perso 350mila chilometri quadrati di superficie (più di Italia e Svizzera messe insieme) e ha prodotto il 13% di CO2 in più di quella eliminata. Altri ricercatori calcolano emissioni del 20% più alte della CO2 assorbita, tra il 2010 e il 2020. In gran parte si tratta di gas generati dai roghi appiccati per far spazio ad allevamenti a coltivazioni. Ma secondo studi di Nature e Nature Climate Change, ci sono parti dell’Amazzonia che emettono più CO2 di quella assorbita anche senza incendi.
Secondo uno studio pubblicato su Nature Climate Change, più di tre quarti della foresta pluviale amazzonica ha già perso resilienza negli ultimi due decenni, diventando così più vulnerabile.
La conservazione dell’Amazzonia è fondamentale per contenere il surriscaldamento globale, proprio perché rimuove dall’atmosfera il principale gas-alterante, l’anidride carbonica. E senza ”ripulire” l’aria, non ci sono riduzioni delle emissioni che tengano: l’aumento delle temperature globali supererà le soglie di sicurezza (1,5-2 gradi centigradi) oltre le quali gli eventi meteorologici associati al climate change diventano sempre più disastrosi. Non solo. L’Amazzonia, con l’umidità prodotta dalla vegetazione, genera metà delle piogge che la nutrono. Più si riduce la foresta, più perde questo potere e più si altera il clima. Fino al punto di non ritorno. In una spirale che si autoavvita, l’aumento delle temperature, asciugando l’umidità nell’aria, accelera il fenomeno.
Messo alle strette dalle pressioni dei gruppi ambientalisti e dai Governi di Stati Uniti ed Europa (che sul punto blocca l’accordo di libero scambio con il Mercosur), alla Cop26 di Glasgow dello scorso anno, Bolsonaro si è impegnato a porre fine alla deforestazione illegale entro il 2028. Da allora, i passi avanti sono stati ben pochi. Solo il 25 maggio, il presidente ha firmato un decreto che inasprisce le multe per i reati ambientali. Per quanto siano uno degli strumenti chiave nella lotta alla deforestazione illegale, la loro efficacia non sembra fin qui determinante.
Bolsonaro, del resto, è sempre stato contrario. Nella campagna elettorale del 2018, si scagliò contro l’«industria delle multe», secondo lui creata dalle agenzie ambientali per perseguitare agricoltori e allevatori. Critiche riprese di recente, in vista del voto di ottobre, nel quale cerca la riconferma alla guida del Brasile.
Il decreto di maggio, se verrà davvero applicato, sembrerebbe indicare un cambiamento. Il provvedimento, in effetti, cancella anche parte della burocrazia che ha reso di fatto inapplicabili le multe e che era stata creata dallo stesso Bolsonaro. Poco dopo essere entrato in carica, il presidente aveva firmato un’ordinanza che riconosceva a persone e aziende accusate di reati ambientali il diritto a udienze di conciliazione, che possono ridurre o annullare le sanzioni.
Una sorta di grado di giudizio in più, che si sommano alle molteplici possibilità di ricorso già esistenti. Secondo un’inchiesta Reuters dello scorso anno, l’ulteriore passaggio burocratico ha fatto accumulare una montagna di 17mila multe inevase.
Il Sole 24 ore del 5 giugno 2022
Per capire i PERCHE’ leggi : Amazzonia : indigeni contro le miniere d’oro che portano distruzione e violenza nelle loro riserve



