“Gli anni della nostra infanzia e adolescenza sono quelli della contrapposizione fra Democrazia cristiana e Partito comunista: nostra mamma, donna libera, è amica di Inge Feltrinelli, che gestirà la casa editrice dopo la morte del marito Giangiacomo, e di Giulia Maria Crespi, che dopo la scomparsa degli zii Mario e Vittorio – già azionisti della prima ora della Supermarkets Italiani – sarà per qualche anno l’editore del “Corriere della Sera”. Papà sarebbe diventato invece amico di Indro Montanelli, il giornalista che fonderà “Il Giornale” dopo aver abbandonato il “Corriere”, in rotta proprio con la gestione della giovane ma tenace Crespi. (…)” (G. CAPROTTI, “Le ossa dei Caprotti”, Milano 2023, p. 89.).
Giulia Maria Crespi (1923 – 2020), proveniva anch’ella dall’ambiente del tessile, dove la sua famiglia fece fortuna sino a divenire una delle grandi protagoniste della borghesia imprenditoriale milanese: dinastia cotoniera, ma anche proprietaria del “Corriere della Sera”. I Crespi, oltre ad essere industriali tessili come i Caprotti, furono i principali azionisti della Supermarkets Italiani (da cui nascerà Esselunga), costituita a Milano nel 1957 e con capitale sociale sottoscritto per il 51% dalla IBEC, società americana di Nelson Rockefeller, e per il resto da soci italiani, primi fra tutti proprio Mario e Vittorio Crespi, che si dividevano il 16,5 per cento, e compreso Franco Bertolini, consigliere finanziario dei Crespi, con l’1,2. C’erano anche i primi due Caprotti, mio padre Bernardo e lo zio Guido (lo zio Claudio, l’ultimo dei fratelli, era ancora minorenne), a dividersi una quota del 9%. (CAPROTTI, “Le ossa”, cit., pp. 60 sg). Per questo i nostri destini s’incrociarono più volte.
Come tanti, come i Caprotti, come i Venosta, Giulia Maria aveva la montagna nel sangue dalla nascita: per celebrarla, suo padre fece addirittura costruire un rifugio sulle montagne dell’Alta Val Seriana, la Capanna Giulia Maria, appunto, tutt’oggi esistente. E Giulia, che per la montagna ebbe una grande passione, come da lei stessa testimoniato nella sua autobiografia “Il mio filo rosso”, sarebbe diventata, fra le altre cose, scalatrice provetta.
Dopo la morte degli zii Mario e Vittorio, e a causa della malattia del padre Aldo, dal 1962 al 1974 Giulia gestì la proprietà del “Corriere” con un carattere e una condotta a dir poco di ferro. Altra fra le molte donne democratiche del periodo, riuscì a “indirizzare a sinistra” il giornale, licenziando tra mille polemiche l’allora direttore Giovanni Spadolini (futuro politico di classe e Presidente del Consiglio dei Ministri) e assumendo al suo posto Piero Ottone, che rese il borghesissimo quotidiano meno “ingessato” e più anglosassone, con articoli di firme imprevedibili e prestigiose tra cui Pier Paolo Pasolini, Goffredo Parise, Antonio Cederna.
A quanto testimoniarono, decenni dopo, Gedi Ottone, figlio di Piero, e altri che vissero da vicino i fatti, raccontati e inventati mille volte, fu proprio Ottone, in quanto direttore del quotidiano ma col silenzioso e potente avvallo della Crespi, a licenziare Indro Montanelli, uno dei suoi giornalisti più anziani e famosi. Questo perché, essendo Montanelli liberale, conservatore e anticomunista viscerale non poté tollerare la “svolta filocomunista” del “Corriere” e si dichiarò pronto a fondare un giornale alternativo, cosa che poi fece a modo suo, scatenando un putiferio. E proprio in quel periodo Montanelli si legò fino alla morte a Marisa Spaini, già moglie di Virginio Rivolta, cara amica di mia madre, Giorgina Venosta, dai tempi delle “ragazze di Forte dei Marmi”.
Giorgina, peraltro, aveva lavorato nell’Ufficio stampa di Giulia Maria al “Corriere”. Giulia e Giorgina erano già intime amiche, tanto che la prima, dopo aver lasciato il giornale, mandò alla seconda una lettera e un allegato che spiegava le motivazioni addotte agli organi aziendali per la sua uscita dall’amato quotidiano “di famiglia”, cosa da cui non s’era ancora ripresa:
Milano, 13/9/74
Cara Giorgina,
perdonami se con tanto ritardo rispondo alla tua affettuosa lettera, ma soltanto da poco ho ripreso ad occuparmi un po’ della vita. Effettivamente gli anni passati assieme sono stati pieni di passione e di speranza e non meritavano questa triste conclusione. Ne sono tuttora scoratissima e mi sento “vinta”. Questa è l’amara verità.
Dato che tu per anni mi sei stata vicina (anche se ci vedevamo poco) penso sia giusto inviarti confidenzialmente il testo di quanto fu detto agli organi aziendali per annunciare loro la mia uscita dal giornale. Ma oramai tutto ciò fa parte della storia.
Sarò lieta di rivederti in autunno. Per ora ti mando tanti cari saluti.Giulia
(Lettera inedita di Giulia Maria Crespi a Giorgina Venosta, Milano, 13 settembre 1974).
Giulia Maria Crespi, però, non era certo il tipo da rimanere “scoratissima” molto a lungo. Come si legge nella storia dell’ente, “Fu Elena Croce, figlia del grande filosofo Benedetto, che spinse l’amica Giulia Maria Mozzoni Crespi a impegnarsi per creare in Italia una fondazione sulla falsariga del National Trust britannico”, che si occupasse attivamente del territorio nazionale salvando quanto più possibile dei suoi tesori di storia, d’arte e di paesaggio (https://fondoambiente.it/il-fai/storia/ ). Nacque così, nel 1975, il FAI – Fondo Ambiente Italiano, che dalle prime donazioni (tra le quali il bellissimo Monastero di Torba, a Gornate (VA), acquistato dalla stessa Crespi, donato al FAI e da questo restaurato) è arrivato oggi a custodire, come proprietario o affidatario, alcuni tra i più bei luoghi d’Italia da Nord a Sud, dalla Villa del Balbianello sul lago di Como al Parco Villa Gregoriana a Tivoli, dalla ligure Abbazia di San Fruttuoso al Giardino della Kolymbethra ad Agrigento.
Il più grande merito del FAI fu quello di agire veramente, fin da subito, come un organismo attivissimo nel campo della ricerca fondi (attirando sponsor molto generosi, tra i quali mia madre Giorgina [Venosta] e il suo secondo marito Aldo Bassetti), della visibilità a tutto tondo (le ormai notissime “Giornate FAI” in cui, in tutta Italia, l’ente apre al pubblico i suoi tesori grazie alle decine di volontari che partecipano all’iniziativa, e poi mostre, convegni, eventi di ogni genere), e dell’educazione (dai laboratori ai corsi, al recentissimo progetto #faibiodiversità, nell’ambito dell’impegno alla transizione ecologica ed ecosostenibile).
Anche in questo campo i destini dei Caprotti e dei Crespi s’incontrarono: nel 1989 il FAI acquisì la medievale Torre di Velate (VA), e mio padre Bernardo, attraverso Esselunga, contribuì al suo restauro.
Negli anni ’90 io stesso inserii il FAI tra gli enti con cui Esselunga collabora abitualmente, ad esempio invitando la clientela a devolvere punti della carta “Fìdaty” a suo favore. Di più: nei primi anni 2000, sollecitato da uno dei figli di Giulia Maria, Aldo Paravicini Crespi (purtroppo morto in un incidente d’auto nel 2020), introdussi i loro prodotti delle Cascine Orsine, a totale produzione biodinamica, in Esselunga.
Fu, al solito, Giulia Maria a prendere l’iniziativa perché la cascina nel Pavese della sua infanzia tornasse a produrre bene, e le rane tornassero a cantare. E ricordo le gite che facevamo da bambino con mia madre e mia sorella alla Zelata, altra proprietà dei Crespi nella zona di Bereguardo, anch’essa introdotta nel circuito “sano” propugnato da Giulia e seguito dai suoi eredi.
Per festeggiare la partnership Esselunga-FAI lei organizzò un pranzo nel suo favoloso appartamento di Corso Venezia a Milano, e anche dopo la mia esautorazione da amministratore delegato e la mia uscita da Esselunga, in un periodo veramente molto difficile, lei continuò a essermi amica, ringraziandomi commossa perché, nonostante tutto quello che mi stava piombando addosso, io [“tu (proprio tu!)”], avevo deciso di partecipare all’annuale campagna dei Sostenitori FAI per il 2006 (v. G. CAPROTTI, “Crespi e Caprotti, quando i destini delle due famiglie s’incrociarono”).
Non posso che avere un ricordo affettuoso di Giulia Maria Crespi.
Testi inediti
Albiate (MB), Archivi di Villa San Valerio, Archivio di Giorgina Venosta, lettera inedita di Giulia Maria Crespi a Giorgina Venosta, Milano, 13 settembre 1974
Bibliografia
C. BARABINO e J. DARBLAY, “Nel cuore di Milano. Un sottotetto a sorpresa” (probabilmente “Elle Décor”, pre-1992), copia senza riferimenti conservata ad Albiate (MB), Archivi di Villa San Valerio, Archivio di Giorgina Venosta.
M.L. AGNESE, “I miei anni sereni con Indro che temeva solo la tristezza” [intervista a Marisa Rivolta], “Corriere della Sera”, 21 luglio 2011.
A.G., “Ottobre 1973, Ottone licenzia Montanelli. Poi piansero (forse solo uno)”, in “Professione Reporter”, 1 maggio 2021.
[ADIOCEf], Addio a Giulia Maria Crespi, fondatrice del Fondo per l’ambiente italiano, “Il Sole 24 Ore”, 19 luglio 2020.
[s.a.] Addio a Giulia Maria Crespi fondatrice del FAI – Fondo Ambiente Italiano, “MountainBlog Italia”, 21 luglio 2020.
Sotto: nella prima foto Virginio Rivolta è a sinistra dio padre Bernardo Caprotti
