L’amico Enrico Rizzi mi ha recentemente mandato questo articolo vintage – aprile 1999 – e non posso esimermi dal riproporvelo con un Luigi Rubinell – vedi in fondo – giovanissimo e il sottoscritto – vicepresidente ma soprattutto direttore commerciale di Esselunga – che “duella” con l’allora ministro Pieluigi Bersani…
Il profilo delle cose che verranno
E infine, nel tardo pomeriggio di giovedì 4 marzo prende la parola Giuseppe Caprotti, vicepresidente di Esselunga. Siamo nella sede della Confcommercio a Roma. Il convegno, presieduto da Sergio Billé, è incentrato sul commercio ossia sul catenaccio che le regioni stanno attuando per bloccare l’applicazione della riforma Bersani. Ecco l’immancabile parata di politici, la passerella di amministratori e, verso sera, parla Caprotti. Presenta velocemente la sua azienda (una quota del 3,8% del mercato alimentare nazionale) e sottolinea come sia una delle poche imprese italiane rimaste. “Vorrei – esordisce – porre una domanda al ministro Bersani sul sottocosto”. Pausa. “Devo però fare una breve premessa. Registriamo – dice Caprotti – una particolare sistematicità nell’utilizzo del sottocosto, ma non c’è nessuna definizione dello stesso”. Ne è un buon esempio, sottolinea Caprotti, la Coca-Cola da 1,5 litri venduta sistematicamente in perdita. L’intervento di Caprotti ha però un altro obiettivo. Eccolo a ruota: “Ci segnalano – afferma – che esisterebbe una proposta che tenderebbe a non definire in modo molto chiaro cosa si intenda per sottocosto, al di là di una sistematicità e di un abuso di posizione dominante difficili da provare, lasciando alle organizzazioni più forti, con più punti di vendita, la possibilità di praticare il sottocosto senza dichiararlo. Nel contempo, legittima e legalizza il sottocosto, che oggi è illegale, attraverso la determinazione di una percentuale di articoli e di periodi di settimane, tre per l’esattezza, in cui ogni punto di vendita potrebbe in qualche modo praticare le “settimane del sottocosto”. Pensiamo che tutto ciò potrebbe portare alle seguenti conseguenze: distorsione del mercato, come distinzione tra sottocosto non pubblicizzato e pubblicizzato, pubblicità ingannevole nei confronti dei consumatori, incoronamento della politica propagandistica dei distributori più grandi, la morte dei più piccoli sia nell’industria, sia nel commercio”. Caprotti calca l’espressione sul sia e conclude: “Detto questo, la mia domanda, volutamente provocatoria, è la seguente: se non si vogliono accogliere le tesi di industria e commercio, a eccezione di 2 o 3 organizzazioni della Gd, non è meglio rimanere nella situazione in cui siamo?”.
La risposta del ministro dell’Industria Pierluigi Bersani non si fa attendere. “In futuro avremo anche regole sul sottocosto. Abbiamo allungato i tempi per permettere ai diversi attori del problema di dialogare, di esprimere le proprie opinioni. Procederemo con un atto ministeriale. Nessuno, però, può dire di avere la ricetta sicura: la missione è quasi impossibile quando si entra nel merito di questi meccanismi. Le indicazioni e le controindicazioni sono infinite. Sul comportamento predatorio, comunque, l’Antitrust ha già preso posizione e ne dobbiamo tenere conto. Ma la soluzione finale non può non tenere in debito conto le esigenze del consumatore e proporre un modello dinamico basato su una normativa iniziale alla quale potranno aggiungersi successivamente eventuali correzioni. D’altronde le diverse soluzioni adottate in altri paesi sono controverse: non tutti giurano sulla loro efficacia. Sintetizzando e per rispondere: oserei dire che potremo applicare a questa delicata materia un atteggiamento pragmatico-sperimentale-flessibile. Credo che il corpo di regolamentazione sarà pronto per la partenza della riforma”.
Quindi, sembra dire il ministro, per la metà di questo mese. Sconti fuori fattura compresi.
di Luigi Rubinelli, Mark-Up aprile 1999


