Conforama va male, Casino va male, Auchan , Leclerc, Système U non vanno molto meglio. Cosa fare per salvare la grande distribuzione?
Di Jean- Marc Sylvestre, giornalista economista e conferenziere. Pubblicato il 5 Luglio 2019 su Linkedin. Tradotto da Giuseppe Caprotti. Questo articolo completa il quadro dei ragionamenti già fatti a proposito di Esselunga, Metro, Casino e Carrefour con una mia conclusione che trovate in fondo.
“Amazon crea 1500 posti di lavoro ma Conforama ha annunciato 2000 licenziamenti.
(n.d.t. in Francia ma Conforama esiste anche in Italia)
Il distributore di mobili (Conforama) prepara una ristrutturazione massiccia che si tradurrà soprattutto dalla chiusura di numerosi negozi, tra cui due a Parigi. Questo gruppo è stato messo in vendita , più di 6 mesi fa dal suo proprietario Steinhoff, ma le banche incaricate dell’operazione hanno molte difficoltà perchè l’impresa non è in un buono stato. I tentativi di avvicinamento con il gruppo Casino e soprattutto la creazione di una centrale di acquisti non hanno prodotto risultati tangibili.
Ma sulla sponda di Casino, i dirigenti si interrogano anche loro molto sul futuro. La holding che controlla il gruppo, ha accumulato molti debiti, il debito finanziario netto in Francia, arriva a 2,7 miliardi di €. Per evitare si soffocare, Jean- Charles Naouri , il presidente fondatore (n.d.t. : i fondatori di Casino sono stati i membri della famiglia Guichard, Naouri ha aggregato Casino e la catena Rallye..) , cerca dei finanziamenti ai quattro angoli del mondo. Bisogna vendere dei siti, chiudere dei punti di vendita e cedere delle filiali. Ci sono delle pepite molto belle in questo gruppo, Monoprix, Franprix, Cdiscount, ma cederle vorrebbe dire indebolire la nave. Questo è il problema.
N.d.t.: sui problei di Casino leggi anche qui ma anche “Casino in difficoltà dismette beni per 246 mio. di €” e soprattutto Casino perde 304 milioni di € nel primo semestre 2019 ma nessuno lo dice. O quasi
Perchè in questa situazione , sappiamo bene cosa succede. I fondi speculativi e i fondi avvoltoio sbarcano e fanno a pezzi il gruppo vendendolo a pezzetti per recuperare il massimo degli attivi vendibili.
Ciò detto , la situazione del gruppo Carrefour e del gruppo Mulliez (n.d.t. : la famiglia possiede Auchan e tante altre insegne) non sono più così fiorenti come lo erano nel passato.
Le sole insegne che potrebbero dare l’impressione di stare meglio sono i gruppi associativi, i centri Leclerc, Intermarchè o Système U, che hanno un’origine cooperativa o associativa. In breve , quei gruppi sono costituiti di unità indipendenti o in franchising. Hanno in comune la marca, l’insegna, la centrale d’acquisto ma il punto di vendita e il fronte (n.d.t. : le terrain, si traduce letteralmente in terreno ma si intende dove il luogo dove si effettuano le vendite. In italiano si potrebbe dire “il marciapiede” ma sarebbe visto negativamente…).
Il potere è dunque decentralizzato e ogni direttore di negozio si comporta come il capo di un’impresa che può gestire al suo livello molto individuale, i pericoli della congiuntura. Diciamo che sono più flessibili.
Ciò non toglie che è il concetto stesso di grande distribuzione che ha dei problemi seri.
Prima di tutto perchè i prezzi bassi sono stati il motore principale dello sviluppo e non corrispondono più alla domanda del consumatore che cerca la qualità. Aggiungiamo che i prezzi bassi in un periodo di crisi assorbono l’essenziale dei margini. Il consumatore vuole dell’altro. Vuole del bio, vuole dell’originalità, vuole del servizio.
E poi gli ipermercati che sono installati nelle periferie delle città dipendono dai mezzi per arrivarci. E il 90% delle persone ci va in automobile. Sono ormai dipendenti dal prezzo del petrolio e dalle correnti ecologiste che indicano altri modi di vita.
Inoltre , non è detto che il concetto dell’ipermercato generalista sia attuale per il consumatore, che preferisce delle marche indipendenti.
Ma la vera ragione del declino, è la crescita vertiginosa dell’e-commerce e soprattutto delle sue forme più sviluppate come Amazon. Amazon è diventato in meno di dieci anni, la società commerciale più potente al mondo. La sua equazione è semplice:
1) Amazon vende al miglior prezzo più prodotti e servizi possibili.
2) Amazon consegna in “tempi lampo” (molto spesso il giorno dopo) il 90% delle sue referenze
3) Amazon ha delle piattaforme logistiche che le permettono di rispondere in modo rapido alla domanda
4) Amazon è anche una piattaforma accessibile al mondo intero Cina inclusa, sulla quale sono presenti prodotti e servizi offerti da delle imprese che utilizzano Amazon come vetrina commerciale.
Nella realtà Amazon ha due tipi di clienti, i clienti finali, consumatori e i clienti fornitori che pagano ad Amazon per essere “messi in assortimento” e che versano una commissione sulle vendite effettuate tramite la sua piattaforma.
Con una simile organizzazione , Amazon è capace di prendere il potere sull’insieme del commercio del pianeta.
Allora molti distributori con un’insegna forte hanno imparato delle lezioni importanti dai successi di Amazon, la Fnac, per esempio, si è molto evoluta, Ikea lo specialista del mobile ha fatto uno sforzo enorme per fidelizzare i suoi clienti convertiti all’e-commerce.
I costruttori di automobili preparano anche loro un’offensiva su internet ma altri come Conforama sono rimasti molto indietro.
La vera questione è sapere perchè i grandi della grande distribuzione sono così in ritardo. Casino, Carrefour, Leclerc, Système U, Auchan hanno tutti installato dei drive (n.d.t.: click and collect) ovverosia dei luoghi dove la merce ordinata e comprata via internet si può ritirare. Questi luoghi funzionano abbastanza bene ma cannibalizzano l’ipermercato attaccato al drive che non è altro che il prolungamento del negozio.
Il gruppo Casino a investito molto nel digitale e nell’e-commerce con Cdiscount. Il gruppo Mulliez a sviluppato delle filiali specializzate con Decathlon e Boulanger, anche Carrefour ha investito nella digitalizzazione… ma tutti questi gruppi restano “impiombati” dal peso della grande distribuzione tradizionale.
Da questo problema derivano i rischi di collassi sociali che non mancheranno di moltiplicarsi nei prossimi due anni.
Il solo mezzo di uscire da questa situazione sarebbe di investire molto più massicciamente nel digitale modificando la catena del valore. E’ d’altronde quel che ha fatto Walmart negli USA. Il più grande distributore del mondo dieci anni fa era minacciato dal declino. Da cinque anni a questa parte ha investito massicciamente cambiato la sua organizzazione, la sua struttura e il suo modo di gestire l’assortimento. Oggi Walmart è uscito dalla zona dei rischi e dei pericoli. E’ la sola azienda che possa sfidare Amazon”.
n.d.t. : Walmart ha investito recentemente in robotica, intelligenza, artificiale e e-commerce (con 2’450 punti click and collect o drive).
Walmart ha anche investito in start-up, senza trascurare i punti di vendita che sono curati (con un assortimento profondo, prezzi concorrenziali, servizi e molta pulizia).
Sotto: Giuseppe Caprotti, davanti a un Walmart visitato in Canada nel 2019

Conclusione : Walmart, per gli operatori di settore (supermercati, ipermercati, discount) è un esempio da seguire.
Potrebbe esserlo anche, quindi, per Esselunga che ha – ad oggi – tutte le carte per potersi evolvere positivamente.
Ovviamente Walmart , invece, non può essere presa come modello di riferimento – come non possono essere prese in considerazione Metro, Casino e Carrefour – per valutare Esselunga perchè Walmart opera in un contesto altamente competitivo e molto diverso dal Nord Italia, dove lavora- prevalentemente- Esselunga
Ciò vale anche per l’Inghilterra :il signor Sylvestre – che ha scritto l’articolo che ho tradotto – non considera il mercato inglese dove parecchie catene assomigliano ad Esselunga…ma la Gran Bretagna ha un contesto completamente diverso dal nostro, molto più competitivo.
A riprova di quanto affermo negli ultimi 8 anni il risultato operativo (Ebit) delle grandi catene britanniche è dimezzato mentre quello di Esselunga è rimasto praticamente inalterato( vedi di seguito la chart di Long Time Partners).
Prima stesura: 13 Luglio 2019, ultimo aggiornamento del 10 Settembre 2019



