La Sardegna perde orti e frutteti: oltre 13.000 ettari di campi abbandonati
Negli ultimi 15 anni si è registrato il crollo del 52% delle coltivazioni
Oltre la metà dei campi rimasti incolti, cancellati dalla mappa dei giardini dell’Isola. Dalle pesche di San Sperate agli agrumi di Muravera, dai carciofi di Villasor ai pomodorini di Pula. Negli ultimi quindici anni gli ettari di coltivazioni ortofrutticole in Sardegna si sono letteralmente dimezzati: un crollo del 52% su base regionale, quasi 13mila ettari (dati Istat) abbandonati dal 2010 a oggi (da 24.509 a 11.838).
Terreni invasi dalle erbacce e serre vuote. Un quadro desolante che spiega la conseguente impennata delle importazioni (+63%), vista la domanda che non viene soddisfatta dalla produzione interna, e il crollo dell’export (-64%), mentre il mercato locale viene invaso dai prodotti che arrivano dalla Spagna, dal Nord Africa, dal Sud America. In Sardegna sono 3.021 gli ettari coltivati ad agrumi, appena il 5% delle coltivazioni legnose agrarie (le piante che vanno dall’olivo alla vite, alla frutta in genere) che si estendono per 57mila ettari (dei quali il 54% sono oliveti, e poco più del 30% vigneti).
La frutta fresca (agrumi esclusi) viene coltivata su una superficie di appena 1.767 ettari, una quota che diminuisce di anno in anno, come le produzioni orticole.
Poi , in politica, finalmente spuntano le parole pratiche sleali e concorrenza sleale dei paesi terzi.

Gli agricoltori italiani plaudono al documento Ue di Visione al 2040
Ma c’è chi, come Enzo di Rosa, dice che ” C’è poco da festeggiare”:
Un sistema agro-industriale che ha imposto enormi costi ambientali e sanitari,che raramente vengono calcolati nel prezzo di vendita del cibo ma sono scaricati come esternalità negative interamente sulle comunità e sull’ambiente è un sistema sbagliato, perché poi questi costi sono coperti dagli aiuti e dai contributi dell’Unione europea, e da un meccanismo di distribuzione di questi aiuti che è osceno. Rimane, infatti, il paradosso della riforma della Pac 2023-2027 per la conferma di sostegno all’agricoltura e zootecnia intensive, attraverso sussidi che promuovono l’utilizzo di fertilizzanti e pesticidi di sintesi e che favoriscono le grandi aziende agricole a discapito delle piccole, con oltre l’80 per cento dei fondi della Pac che vengono ancora distribuiti al 20 per cento delle aziende agricole europee.
La soluzione: niente più sovvenzioni basate sulla superficie e non più per pratiche che mettono in pericolo l’ambiente e il benessere degli animali. Al contrario, finanziamenti per la modernizzazione sostenibile e per chiunque crei un’agricoltura in armonia con la qualità del suolo e la biodiversità. E dall’altro, l’applicazione del #giustoprezzo per gli agricoltori e la tracciabilità anche del prezzo.
In effetti sulle pratiche sleali e sullo sfruttamento dei lavoratori c’è poco da festeggiare. E la desertificazione degli Istituti Agrari lo conferma.



