Per chi non l’avesse letto, abbiamo copiato una parte dell’articolo pubblicato il 10 febbraio 2020:
Sul mercato però ci sono oltre 140 mila composti chimici sintetizzati, e ben 5.000 sono prodotti in quantità superiori a 300 mila tonnellate l’anno comportando un’esposizione a livello planetario.
Sono sicuri?
Quello che sappiamo è che solo sul 7% ci sono informazioni sufficienti, sul 50% esistono informazioni parziali e inadeguate, mentre per il 43% non esistono informazioni di base sulla tossicità. Il problema è che anche là dove è nota la pericolosità di un composto, il processo regolatorio per limitarne la presenza nel cibo, nell’acqua o nell’aria è lunghissimo.

Le malattie associate a pesticidi
Un esempio emblematico è quello dei pesticidi e fertilizzanti. Solo in Italia, nel 2017 ne sono stati sparsi 1,3 miliardi di tonnellate, e per un ettaro di agricoltura convenzionale ne sono usati 396 kg l’anno. Gli studi epidemiologici hanno riscontrato tra gli agricoltori tassi elevati di linfomi, leucemie, tumori allo stomaco, al pancreas, al cervello; fra i coltivatori di patate e di ulivi neoplasie al rene; fra i frutticoltori cancro al colon e alla vescica. Il Glifosato è uno dei diserbanti più potenti e diffusi nelle coltivazioni intensive, tant’è che entro il 2020 la sua richiesta, nel mondo, raggiungerà 1 milione di tonnellate. È stato studiato a lungo, ma ad oggi ancora non esiste una letteratura scientifica univoca sui danni che può provocare.
Il glifosato è cancerogeno o no?
Lo Iarc nel 2015 l’ha classificato come probabile cancerogeno, la European Food Safety Authority (Efsa) come improbabile cancerogeno, per l’Environmental Protection Agency (Epa), incaricata della protezione ambientale dal governo Usa, invece non è cancerogeno. In Europa il limite giornaliero della quantità di glifosato che può essere ingerita con il cibo o l’acqua da bere, espressa in base alla massa corporea, è di 0,5 milligrammi al giorno per ogni chilo di peso, per gli Usa 1,75. Dunque qual è la reale soglia di sicurezza per l’uomo? Dai risultati delle indagini dell’Istituto di ricerca sul cancro Ramazzini di Bologna, considerato fra i più autorevoli a livello internazionale per la ricerca sulle malattie ambientali, emerge che il livello di glifosato ammesso dagli Usa, somministrato a ratti a partire dalla vita embrionale fino ad una età corrispondente a 18 anni nell’uomo, può interferire con il normale sviluppo sessuale, è genotossico (cioè capace di provocare rotture del Dna), e altera la flora batterica intestinale. Sono ancora in corso le indagini che riguardano gli effetti su ghiandola mammaria, reni, fegato e sperma. Intanto che le autorità sanitarie stabiliscano definitivamente chi ha ragione, noi continuiamo ad essere esposti.
Leggi anche questo articolo sull’estinzione delle api e i pesticidi



