Boom di alimentare senza antibiotici: crescita record (+52%) degli acquisti
In Italia il ricorso ai farmaci veterinari è diminuito di oltre il 20% per cento
Atteso un aumento dei prodotti senza polifosfati e senza le uova
Micaela Cappellini (il Sole 24 ore).
Dal pollo biologico Fileni al Campese Amadori. Dalle carni a marchio Conad a quelle a marchio Pam. Sono sempre di più le realtà italiane che hanno scelto di abolire l’uso degli antibiotici negli allevamenti.
E i consumatori italiani sembrano apprezzare : all’ interno della categoria dei prodotti “free from”, cioè senza qualcosa, il segmento “senza antibiotici” è in assoluto quello che l’anno scorso è cresciuto più di tutti. Più 51,7%: un vero e proprio boom, all’interno di un business, quello dei “cibi senza”, che nei supermercati italiani già vale 6,9 miliardi di euro ed è in costante crescita.
Lo dicono gli ultimi dati dell’Osservatorio di GS1 Italy, grande conoscitore di etichette: in un annodi crisi in cui molti consumatori si stanno riposizionando verso le fasce più convenienti di prodotto, questo genere di alimenti, generalmente più costosi, hanno incassato comunque una crescita del 2,2% anche nel 2020.
Tra i pionieri dell’abolizione degli antibiotici nelle carni c’è sicuramente Coop, che ha lanciato questa battaglia già nel 2017, riproponendosi di eliminare gli antibiotici da tutte le proprie carni a marchio nel giro di tre anni. Dopo i bovini e il pollame, Coop è passata al pesce di allevamento: dalla fine del 2019 ha scelto di non utilizzare antibiotici negli ultimi sei mesi di vita di tutto il pesce allevato a marchio Coop.
Anche chi non riesce ad eliminare del tutto questi medicinali si sta però impegnando a ridurne sensibilmente l’utilizzo all’interno degli allevamenti. Inalca, per esempio, del gruppo Cremonini, uno dei colossi della carne in Italia, negli ultimi due anni ha ridotto del 18% l’impiego degli antibiotici grazie a un protocollo avviato con la Coldiretti.
E secondo gli ultimi dati del progetto Esvac di sorveglianza europea sul consumo di antimicrobici veterinari, il loro impiego in Italia si è ridotto di più del 20 per cento.
Pur galoppando velocemente, tra gli scaffali dei supermercati italiani quello degli alimenti “senza antibiotici” non è però il più gettonato dei prodotti “free from”. In cima alle preferenze di acquisto resta infatti la dicitura “senza conservanti”, i cui prodotti rappresentano circa il 10% di questo mercato, mentre al secondo posto ci sono gli alimenti “senza olio di palma”, che valgono il 7% delle vendite ma la cui offerta, nell’ultimo anno, anziché aumentare è diminuita dello 0,4 per cento.
I prossimi “senza” su cui scommettere? Secondo gli esperti dell’Osservatorio GS1 Italy, sono tre le diciture che si apprestano a conquistare il cuore dei consumatori italiani.
La prima è la dicitura “senza polifosfati”: si applica agli affettati, ai wurstel, ai salumi a cubetti e ai formaggi fusi a fette, e nell’ultimo anno ha visto crescere le venditedell’8,9%. La seconda è la categoria dei prodotti privi di latte (+11,9% nel 2020) e anche questa riguarda soprattutto i salumi, oltre ai gelati vegetali e ai panini per hamburger. La terza, infine, è l’indicazione “senza uova”, che spesso si abbina alla pasta senza glutine e ai biscotti per l’infanzia.
Complessivamente, il mondo dei prodotti alimentari rivolti a chi soffre di allergie o intolleranze alimentari da solo genera oltre 3,9 miliardi di euro di vendite nei supermercati.
Sui prodotti “senza” leggi questo articolo che conferma i dati qui esperessi. Seguiamo il settore da diversi anni.

Sul senza glutine leggi :
…Il mercato globale dei prodotti senza glutine è destinato a crescere con un CAGR dell’8,1%, mentre quello europeo presenta un tasso di crescita più rapido, con un CAGR stimato dell’11.1% fino al 2025.
Quasi 190 milioni di Europei evitano il grano o si auto-diagnosticano come intolleranti. La Germania è il principale mercato della zona Euro, seguito da Regno Unito e Italia…
redatto il 13 aprile e aggiornato il 16 aprile 2021



