Con il non food, oltre ai prodotti, iniziarono ad arrivare una miriade di altre novità: innanzitutto i nuovi settori si incrociavano nel lay out dei superstore con il food (ad esempio la pasta andava vicino o davanti ai casalinghi (6), a macchia di leopardo.
La piantina del primo esperimento di Esselunga, nel superstore di via di Novoli (7) a Firenze, mi venne suggerita dal mio capo negli USA, Ray Stone che allora era Direttore Acquisti del settore General Merchandise della Dominick’s.
L’esperimento del superstore di via di Novoli fu fondamentale per capire come impostare i futuri lay-out:
a Novoli, ad esempio, il reparto audio – video – foto (per approfondimenti v. pag. successive) venne messo prima della frutta e verdura.

L’acquisto di videocassette Disney e la loro vendita al pubblico fu una delle prime cose che feci e mi diede grandi soddisfazioni
Mio padre decise giustamente che l’impatto iniziale con i freschi era fondamentale in chiave marketing e questa impostazione, con il non food all’inizio (che ricordava gli ipermercati), venne abbandonata nei superstore successivi.
(6) oggi potrebbe sembrare una banalità ma nessuno lo faceva all’epoca!
(7) questo primo Superstore di Esselunga venne realizzato nel 1989 grazie alla lungimiraza di Giovanni Maggioni.
Con l’aiuto del compianto geometra Mattiozzi, vennero studiate delle attrezzature ad hoc: gli scaffali dell’alimentare non andavano bene per esporre il non food. Vennero cercati scaffali, ganci, espositori speciali.
Alcuni reparti come l’Audio Video Foto nacquero dopo lunghe ricerche, sempre negli USA, lasciando anche un’impronta architettonica interessante a cura dell’architetto Massimo Iosa Ghini
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Nel comparto audio, video, foto e annessi alcune aziende, tra cui Swatch e Ray Ban, si rifiutarono di servirci e ci approvigionammo sul mercato parallelo
Il sistema delle avancasse – espositori alle casse – venne completamente rivoluzionato a beneficio di vendite d’impulso nel food e nel non food.
La merce food e non food venne incrociata anche grazie a ganci di plastica, grigliati nei negozi piccoli e promozioni.
La segnaletica interna nei super, fino ad allora quasi inesistente, venne implementata e i volantini non food seguirono la strada, fino ad allora inesplorata, delle ambientazioni:
Invitai Silvano Guidone dell’agenzia Armando Testa a prendere alcune pagine del catalogo Ikea come modello.
Nacquero così, nel 1992, le promozioni Oltre la tavola. Il volantino che trovate di seguito è del 2002:
Anche il magazzino avrebbe subito trasformazioni adottando nuovi sistemi di distribuzione adatti alle medie- basse rotazioni del non alimentare (piece- picking).
Il terzo tassello era costruire la squadra, il team dei buyer e degli addetti alle vendite chiamati a gestire una realtà totalmente nuova e atipica sia nella fase acquisti che nella gestione nei negozi.
Per la sede vennero prese delle decisioni coraggiose:
a) vennero inseriti dei giovani laureati ai quali veniva chiesto di effettuare un periodo di lavoro in negozio con qualche arricchimento presso fornitori del settore in grado di trasferire il know how sui prodotti.
b) questi giovani vennero affiancati e poi guidati da personale esterno esperto, di provenienza da multinazionali come Metro o Procter and Gamble (es.: il dottor Puglisi, che è stato anche capo area acquisti del GEM).
Esselunga all’epoca non aveva un “vivaio” in sede e non aveva mai, se non i rarissimi casi, assunto personale esterno. Nel 1986 quando vi entrai, oltre a me, c’era un solo giovane agli acquisti.
Nel tempo creai, sul modello della Dominick’s, la figura di assistente del buyer per tutti i reparti (Gem, Drogheria, Frutta e Verdura, etc) degli Acquisti di Esselunga creando i presupposti per un ricambio generazionale in quei settori fondamentali per l’azienda.

Lisa Carpino (biglietto sopra) era l’assistente buyer a cui fui affiancato nel mio secondo anno negli USA
In negozio il settore venne, anche qui in modo abbastanza innovativo, affidato- nel tempo- a dei capi reparto di sesso femminile, con una sensibilità migliore degli uomini per questi settori.
Dopo aver seguito il progetto da capo progetto- buyer- imprenditore, nel 1993 diventavo dirigente e assumevo – pur rimanendo buyer – due anni dopo la creazione ufficiale del reparto, la posizione di Direttore Acquisti GEM : la mia scrivania era in mezzo a quella dei buyer con i quali incontravo i fornitori, partecipavo alle fiere e visitavo i punti di vendita, molto spesso anche il sabato.
Progressivamente verrà elaborato un metodo, una politica commerciale e arriveranno anche i prodotti a marchio (nelle Private Label, la prima sarà una videocassetta a marchio Esselunga, con nastro Basf).
Tale percorso porterà il reparto, partendo nel 1990 da 65 mio. circa, con un’incidenza del 5,6%, a raggiungere a fine 2003 una incidenza sulle vendite totali aziendali superiore al 17% pari a circa 707 mio.
Per comprendere la portata di questo dato, basta pensare che quella % valeva più dei reparti carne, gastronomia e pesce messi assieme.
Partenza e arrivo sono chiari, ciò che sta in mezzo merita molta attenzione perché si porta dietro una scia di innovazioni, qualche difficoltà, tante battaglie (anche legali) che avrebbero potuto minare le certezze ed inficiare il risultato finale.
Per cominciare ero convinto che bisognava “andare alla fonte” ed iniziavo così a guardare al Far East: nel 1991 effettuavo la mia prima importazione diretta di cancelleria dalla Cina, aprendo di fatto Esselunga a un mondo con dei margini più elevati e a prezzi più competitivi per i propri clienti in settori come giocattoli, stagionali, (es.: decorazioni natalizie o articoli per il mare)
Anche questa visione veniva dall’esperienza americana: la Dominick’s come molte altre catene americane promozionava con grande successo già alla fine degli anni ’80 articoli importati dalla Cina.
A tal proposito ricordo un episodio divertente: nel 1991 ricevendo i primi container spediti dalla Cina mandai in tilt i sistemi di controllo dei margini in Esselunga perché i prodotti importati avevano marginalità a tre cifre (non a due cifre o a una cifra..) e ciò non era consentito dal sistema che si basava sui margini della drogheria!
Un’altra innovazione è stata lo sviluppo foto, prima del digitale uno dei mercati più interessanti e complicati.
Esselunga, prima fra tutti , attivava il servizio attraverso alcuni reparti interni – con macchine per sviluppare in loco – e buche per la raccolta dei rullini nei negozi più piccoli, con l’ausilio di tutta una serie di laboratori esterni ma “mettendo (ci) la faccia” coi clienti, cioè ponendosi nei loro confronti non solo come il raccoglitore e riconsegnatario dei rullini ma anche come quello che gestisce gli inevitabili reclami: bisogna sapere, infatti, che perdere o rovinare un rullino era una cosa normale per i negozianti di articoli fotografici ma per un’azienda di distribuzione un cliente scontento poteva essere un grande problema (8).
Veniva quindi messa a punto una buona macchina organizzativa, impostando un sistema di tracciabilità dei rullini e una squadra di esperti che presiedeva le fasi del processo. Il successo, nonostante lo scetticismo di molti, fu enorme: il cliente pagava molto meno che dal fotografo, riceveva le foto in poco tempo e compiva queste operazioni mentre faceva la spesa senza i condizionamenti di orario tipici dei fotografi (spesso chiusi a pranzo o a fine agosto, quando i clienti tornavano con le foto appena fatte in vacanza!).
Al di là del fatturato, l’aspetto strategico che pochi capirono era di invogliare i clienti ad andare 2 volte in negozio, una per portare il rullino e l’altra (dopo 2 giorni) per ritirarlo e, statistiche alla mano, oltre il 95% di tali clienti non si limitava alle foto ma faceva altri acquisti. Successivamente si riuscirà a farlo andare anche 3 volte mettendo in vendita rullini fotografici a marchio privato di eccellente qualità e con un prezzo del 50% inferiore ai prodotti di marca. Questa esperienza è stata “corroborata” da diverse denunce da parte dei fotografi che contestavano il fatto che Esselunga facesse solo da collettore, non da laboratorio. Tanti fastidi, denunce superate ma ci volle tanta costanza.
(8) i negozianti tradizionali quando perdevano un rullino già sviluppato davano in omaggio un rullino vergine mentre a noi, in Esselunga, è capitato di rimandare in vacanza a nostre spese una coppia a cui avevamo rovinato le foto del viaggio di nozze.
I rullini a marchio vennero fatti con 3M anche per contrastare Kodak.
Anche i libri meritano una citazione perché vennero inseriti praticando uno sconto del 20%.
I clienti erano felici perchè compravano comodamente risparmiando.
Gli editori erano meno contenti – anche perché Esselunga aveva iniziato nel 1992 a pubblicizzare lo sconto del 20% e con i suoi superstore riusciva a raggiungere % sul venduto molto alte : fino allo 0,5% sul fatturato totale ( più tardi, eccezionalmente, fino all 0,8%), dando molto fastidio ai librai circostanti.
Nella lettera seguente Giuseppe cerca l’appoggio della Feltrinelli, editore indipendente che non faceva parte del cartello creato da RCS, Mondadori, De Agostini e altri con la società di distribuzione di libri Mach 2.
I libri venivano etichettati (codice a barre e scoutistica sul retro) direttamente da questa società di distribuzione che, forte della sua posizione di distributore unico nella GD, provò a modificare unilateralmente lo sconto al pubblico, portandolo dal 20 al 10%.
La vicenda arrivò tramite il sottoscritto – con l’appoggio della Coop nella persona di Vincenzo Santaniello, allora direttore commerciale di Unicoop Firenze- all’ Antitrust.
Federdistribuzione, di cui faceva parte Esselunga, era seguita dall’avvocato Aldo Frignani mentre gli editori avevano messo in campo l’avvocato Vittorio Dotti.
Giuliano Amato sancì la piena legittimità di vendere con gli sconti ed individuò le pratiche monopolistiche della società distributrice di libri.
Lo sconto alla fine, anche su pressione dei piccoli librai, passò- dopo qualche tempo di lotte – dal 20 al 15%.
Va saputo che se oggi nei supermercati e nelle librerie è possibile acquistare – da più distributori (il primo fù European Book Service) – i libri a minor prezzo lo si deve a quell’esperimento e a quella battaglia che impegnò Esselunga per lungo tempo e con tanti sacrifici.
Mentre si chiudeva una vicenda si apriva, quasi a sorpresa, un’opportunità totalmente nuova: la telefonia. Nel momento in cui in Italia arrivavano i primi telefoni mobili, con la tecnologia che non consentiva l’utilizzo delle ricariche, il signor Leandro Brezzo buyer di Esselunga, partecipando a una convention di settore basata sulle esperienze U.S.A., si convinceva che la telefonia mobile poteva avere un futuro e che tale sviluppo potrebbe cointeressare una catena di supermercati. Me ne parlava e instaurava il rapporto commerciale con gli operatori di telefonia permettendo ai clienti di attivare i numeri telefonici nel supermercato e di ricaricare il traffico telefonico delle ricaricabili.
In pratica si offriva il presente (l’attivazione) ma con lo sguardo al futuro (telefonia mobile ricaricabile) perché è da questa ( cioè la vendita delle ricariche) che poteva passare l’interesse della catena. Il progetto comportava una serie di operazioni tecniche (installazione dei software, collegamento con gli operatori etc) e gestionali inclusa la necessità di evitare i furti (di schede o di traffico telefonico) e garantire la soddisfazione del cliente. Parlare di telefonia adesso è semplice, aver fatto un progetto quando la telefonia mobile contava meno di 2 milioni di utenti (contro gli oltre 70 milioni di numeri attivi di adesso), significava saper guardare al futuro e cogliere l’enorme valore dell’operazione con netto anticipo sugli altri. Come sempre accade nel mondo della distribuzione, chi agisce per primo (e bene) vince per sempre.
Ed è per questo che a fine 2003 il giro d’affari di tutto il settore audio- video – foto – telefonia sfiorava i 200 milioni di euro di fatturato e la telefonia pur con una marginalità bassa (in % ma enorme in valore assoluto) assicurava grandi guadagni specie se si considerava che tale prodotto si portava dietro i costi molto più bassi della movimentazioni delle merci rispetto ad altri settori (nella logica del sistema DPP una scheda prende poco posto e pesa poco…).
I clienti, poi, scoprivano che ricaricare il telefono era un modo per accumulare punti fedeltà e che, per loro, era dunque meglio farlo in Esselunga che in banca o dal tabaccaio. Attraverso questo servizio cambiarono le abitudini dei clienti, un grande flusso di denaro portava alla crescita del fatturato senza costi aggiuntivi, contribuendo ad abbattere pesantemente i costi fissi di struttura.
Le esperienze citate sono accomunate dal fatto di essere ancora realtà, di essere opportunità colte prima (e meglio) di altri e dal fatto di essere poi diventate tema comune anche di altri distributori.
N.B.: nel 2003 le schede telefoniche erano di gran lunga l’articolo più venduto a valore in Esselunga, più delle banane o delle fettine di vitello, vedi di seguito l’elaborazione del venduto a cura del marketing di Esselunga.
Stiamo parlando di 5 schede che sviluppavano 88 mio di € di fatturato.
Vi è stata, tuttavia, un’esperienza di medio periodo replicata poco dal mercato e oggi quasi scomparsa: il videonoleggio. Questo è stato un modo davvero originale in Italia per aumentare il fatturato e non solo; tutti gli altri distributori non lo hanno capito o meglio non ne hanno compreso gli aspetti strategici nascosti fra le righe. Il videonoleggio nasce nel reparto audio, video, foto del superstore di Quaregna nel 1994 e anch’esso è una diretta la conseguenza dell’esperienza U.S.A. – dove il mercato era diviso tra Blockbuster e varie catene di supermercati tra cui anche la Dominick’s.
Al di là del servizio comunque importante per un mercato che cresceva tremendamente ( non c’era la tv satellitare e i film arrivavano in cassetta dopo 6 mesi) il videonoleggio aveva il valore aggiunto strategico di far visitare ai clienti i punti vendita per 2 volte, una per prendere il film e l’altra per restituirlo.
I prezzi erano molto bassi con una diversificazione delle tariffe basata sul tempo di utilizo della cassetta (1 o 3 giorni); un buon sistema di monitoraggio consentiva di avere il numero giusto di copie per ogni film evitando costi inutili o il disservizio al cliente. Ma la mossa curiosa che altri interpretano come un errore è l’aver evitato di costruire delle buche dove far restituire le cassette. Una buca, posta fuori dal punto vendita non avrebbe favorito l’ingresso in negozio del cliente, si sarebbe riempita di cartacce e non ci avrebbe permesso di verificare lo stato del prodotto restituito.
Anche del videonoleggio si può tracciare un bilancio estremamente positivo per: a) fatturato b) margini c) frequenza clienti d) attrattività di giovani e famiglie.
Nella evoluzione storica del GEM un capitolo a parte è quello delle profumerie la cui evoluzione finale si è concretizzata nell’insegna “OLIMPIA BEAUTE’” posta in parecchie gallerie commerciali Esselunga e nota per l’immagine, il servizio e la convenienza. Questa “azienda” (tale è ormai) non ci sarebbe se non si fosse iniziato a occuparsi seriamente di profumeria già a fine anni ‘80; tutte le esperienze accumulate, le difficoltà incontrate e i riscontri ottenuti hanno permesso di sviluppare e rendere perfetto il format.
Si iniziava, dunque nel 1989 a Novoli e poi a Lecco e a Saronno, utilizzando all’interno di alcuni negozi uno spazio con una persona dedicata che poteva servire i clienti attingendo i prodotti da una vetrina chiusa posta alle proprie spalle o da un banco di cristallo frapposto fra queste persone e il cliente. Era un modo di diversificare l’offerta- nel comparto più redditizio dell’azienda – proponendo un servizio dedicato e un assortimento comprendente prodotti reperibili solo nelle profumerie ma qui vendute con lo sconto di circa il 20%. Le merci venivano acquistate dai grossisti per via dell’ostracismo dei produttori che potevano giovarsi di una legge che permetteva loro di scegliere i propri distributori e di non servire i supermercati perché non facenti parte della cosidetta “distribuzione selettiva”. In questo difficile contesto si riusciva, comunque, ad offrire un eccellente servizio ai clienti grazie al personale di negozio ben addestrato con corsi di formazione interni condotti da una “giovane buyer” (con l’aiuto di personale di quei pochissimi distributori che volevano collaborare). E in queste difficoltà si inseriva l’ennesima vertenza giudiziaria che vale la pena di citare per come si poteva offendere il buon senso ignorando i diritti dei distributori e dei clienti. Per evitare di essere perseguiti dall’industria (leggi stop alla fornitura) i grossisti profumieri usavano togliere via uno speciale codice posto sulle confezioni che permetteva di individuare a chi era stato venduto il prodotto; non veniva eliminato il codice a barre (quello che passa alle casse sul lettore ottico), né veniva intaccata la confezione. Ebbene, un “saggio” produttore citava in giudizio Esselunga perché poneva in vendita i suoi prodotti senza questo codice: in pratica voleva sapere chi era il fornitore per impedirgli di continuare la fornitura con buona pace dei diritti dei clienti. E’ovvio che tutte le motivazioni adottate non avevano rilevanza sostanziale per il consumatore finale ed è altrettanto scontato che non ci volevano grandi esperti per vendere una banale crema.
La causa andò avanti per oltre 2 anni e naturalmente creò parecchi disturbi nell’attività di tutti i giorni. Ma l’esperimento non veniva fermato, anzi diventava utile per mettere a punto un nuovo progetto che semplificava gli ostacoli legali ed operativi e che permetteva di operare con un’offerta distintiva ed irripetibile. Così nel 2001 nasceva la prima profumeria separata dal supermercato, dotata di una propria insegna e con un assortimento che faceva invidia a tutte le profumerie del centro.
Oggi le profumerie sono trenta, sviluppano fatturati importanti con una buona redditività e un servizio alla clientela di altissimo profilo contribuendo forse più di tanti altri progetti ad accrescere la spesa media dei clienti. Ma senza la voglia di innovare di 20 anni prima e senza l’ostinazione durata per oltre 10 anni, forse oggi tutto questo non si sarebbe realizzato.


