Il Messaggero , il 22 maggio 2020 , ha titolato così: Grande Distribuzione con la crisi ricavi giù fino al 28%. a rischio oltre 92’000 imprese.

C’è da dire che non tutti format del retail food stanno andando bene : ipermercati (-12,9%) e superstore (-5,2%) soffrono mentre crescono molto i negozi di prossimità.
Nota : alle statistiche dei negozi credo andrebbero aggiunti sempre, d’ora in poi, i dati dell’e-commerce.

C’è poi tutto il mondo del non food i cui negozi sono rimasti chiusi fino ad oggi e dove i clienti fanno fatica ad entrare (vedi in proposito le lamentele di Confcommercio del 22 maggio, Corriere della Sera), per paura del coronavirus o per mancanza di soldi.
Intanto la tendenza alla discountizzazione, a cui ho accennato nella mia intervista a Retailwatch,è confermata da altre fonti ,compreso Andrea Petronio di Bain.
Nella grande distribuzione molte strutture sono in difficoltà (ad esempio Conad stà cercando di affittare gli spazi in 25 ipermercati.E non è un mistero per nessuno che Carrefour e Conad abbiano messo in cassa integrazione all’incirca 16’000 persone). Ma, anche tra i produttori, molti arrancano.
E’ il caso, ad esempio, del comparto latte e formaggi, dove l’aumento di vendite della Gdo non compensa la perdita avvenuta nel canale horeca ( bar e ristoranti – Il Sole 24 ore del 23 maggio 2020: “Assolatte: in due mesi – 400 milioni”).
Tornando alla Gd, il problema per chi volesse – come Esselunga – sviluppare negozi piccoli, sarà , probabilmente, quello di avere prezzi competitivi, a causa degli alti costi del personale e degli affitti (almeno fino a pochi mesi fà) rapportati al fatturato.
Mi spiego meglio : un supermercato di 1500 mq. come l’ Esselunga di Sesto San Giovanni (v. “Esselunga ritorno al sottocasa?”), che era il supermercato più redditizio – come risultato operativo, in % – della nostra catena, aveva sicuramente volumi più alti di un supermercato “la Esse” (nuovo format di Esselunga).
La Esse , simile al Carrefour eat and shop di Milano , è molto più piccolo dell’ Esselunga di Sesto San Giovanni e, oltre a minori spazi per la vendita, ha costi molto più alti di un normale negozio, a causa della ristorazione e dell’e-commerce (click and collect).
I negozi la Esse potranno trovare la dimensione “giusta” (1) ma i costi operativi – con ristorazione e e-commerce – rischiano di rimanere molto alti.
Si pensi, ad esempio, anche solo al personale in cucina o ai tavoli.
N.B. : sia Sesto San Giovanni che Regina Giovanna vennero venduti da Bernardo Caprotti al gruppo Rewe e poi da Rewe a Carrefour, dopo la revoca delle mie deleghe da a.d di Esselunga, nel 2004.
(1) alcune superette del gruppo Despar, per cui ho lavorato, fatturavano infatti anche 6 mio. di euro.
E l’ Esselunga di viale Regina Giovanna, il primo supermercato aperto da Esselunga nel 1957 , 10 milioni circa, in 401 metri quadrati.
Sotto : la facciata dell’ Esselunga di viale Regina Giovanna nel 1957 dove , da piccolo, mia madre mi portava a fare la spesa .
Redatto il 22 maggio, aggiornato il 24 maggio 2020



