Ho divorato in due giorni questo libro straordinario che racconta la versione di Giuseppe nella vicenda che lo ha visto contrapposto al padre Bernardo Caprotti nella gestione di Esselunga e nella vita in generale.
Per quanto a volte sembri un romanzo horror, è una lettura che pone la figura di Bernardo sotto una nuova e poco conosciuta luce. Di lui si ha l’idea, suggerita anche dai media, soprattutto dai primi 2000 fino alla sua morte nel 2016, del geniale imprenditore e manager. In realtà ne esce la figura di un opportunista spregiudicato, dittatore senza pietà che governava l’azienda con il terrore e che per tutta la vita ha litigato con collaboratori e famigliari, fino ad arrivare a distruggere la sua famiglia e i rapporti con quasi tutti coloro che gli sono stati vicini.
Una lettura istruttiva che fa pensare al modo in cui in Italia alcune famiglie hanno governato con il pugno di ferro aziende importanti, spesso con lo sguardo rivolto al passato e non al futuro, a volte impedendone l’evoluzione e la crescita, sempre nel rispetto di immensi ego e a dispetto delle sensibilità e competenze altrui. Secondo il libro, Bernardo Caprotti ha perseguitato la propria famiglia, e soprattutto il figlio, non perchè fosse un incapace, ma per il contrario, per la sola colpa che aveva di voler valorizzare il talento e innovare, di usare l’empatia invece del terrore nella gestione, mettendo in ombra, (secondo Bernardo) l’operato del padre padrone. I metodi riportati sono agghiaccianti: stalking, pressioni psicologiche, critiche pubbliche sul suo operato, decine di cause e contenziosi, licenziamento dopo 20anni in Esselunga, fino ad arrivare ad un testamento in cui non era più padrone di nulla.
Che questa testimonianza serva per tutti coloro che hanno responsabilità nelle organizzazioni, famigliari e non, perchè mettano da parte i personalismi nel rispetto delle competenze, del cervello e del cuore delle persone.



