Redatto il 28 febbraio, aggiornato il 7 marzo 2023
Agricoltura, costi fuori controllo per l’acqua
Dal Molise alla Puglia rincari dal 40% in su per ogni metro cubo
Nel Nord resta l’allerta, tavolo interministeriale a Palazzo Chigi
Micaela Cappellini
La secca del Po. Le piogge degli ultimi giorni hanno fatto salire il fiume di un solo centimetro a meno 3,2 metri rispetto allo zero idrometrico
A Termoli e a Campomarino, nel basso Molise, gli agricoltori sono scesi in piazza. L’acqua per l’irrigazione ha registrato un incremento di prezzo del 40%: per un’azienda agricola di medie dimensioni significa un rincaro fino a 20mila euro annui. Ancora peggio vanno le cose nel comprensorio di Ostuni, in Puglia, dove la Cia-Agricoltori italiani denuncia che a gennaio le tariffe per il servizio di fornitura dell’acqua sono passate da 40 centesimi a 1 euro al metro cubo. Più del doppio.
Domani a Palazzo Chigi, alla presenza della premier Giorgia Meloni, si riunirà il primo tavolo interministeriale di lavoro sulle crisi idriche. Ma la siccità non è l’unica tegola che rischia di compromettere l’agricoltura. L’acqua in Italia non solo manca: in molte aree è anche diventata più costosa.
Il caro-bolletta è più evidente al Sud, ma non risparmia le regioni settentrionali. Nel 2023 i contadini friulani che si riforniscono dal Consorzio di bonifica Pianura Friulana subiranno aumenti in bolletta del 39%. A Ferrara, fa sapere la Cia-Agricoltori italiani, le tariffe sono in aumento del 10%. Nel Novarese, invece, è già stato stabilito un incremento per quest’anno dell’8%, che in alcuni distretti potrebbe arrivare fino al 25%, «dipende da cosa deciderà l’assemblea dei soci del consorzio di bonifica fissata per domani», racconta Giovanni Chiò, risicoltore e presidente di Confagricoltura Novara. Il consorzio a cui fa riferimento è quello dell’Est Sesia: è il più grande d’Italia e serve sia il Novarese sia una parte del Pavese, vale a dire la culla della produzione italiana di riso, la coltura che richiede più acqua in assoluto.
La situazione peggiore, al momento, è in Puglia e riguarda le province di Bari, Bat, Brindisi, Lecce e Taranto. Qui la maggior parte dei Consorzi di bonifica – molti dei quali commissariati – non solo hanno aumentato le tariffe 2023, ma hanno contemporaneamente recapitato agli agricoltori conguagli salati per il 2022. «Il Consorzio Terre d’Apulia – denuncia il presidente di Cia Levante, Giuseppe De Noia – ha aumenta il prezzo dell’acqua retroattivamente, a partire dunque dal 2022, facendolo passare da 31 centesimi a 68 centesimi per metro cubo. In un solo colpo, le aziende agricole vengono chiamate a versare quote ingentissime».
A rincarare, sia chiaro, non è tanto l’acqua in sé, che in quanto bene pubblico è gratuito: sono i servizi di fornitura. Per prassi, gli agricoltori pre-pagano l’acqua in anticipo all’inizio dell’anno, ma nessuno a gennaio 2022 poteva prevedere che la guerra avrebbe fatto schizzare in alto i costi dell’energia elettrica necessaria per garantire l’erogazione del servizio. Per non veder affossare i propri bilanci, fanno sapere dall’Anbi, i consorzi di bonifica si sono visti costretti a scaricare gli aumenti della loro bolletta elettrica sui conti delle aziende agricole. Solo che lo hanno potuto fare soltanto adesso, con il risultato che i conguagli 2022 sono andati a sommarsi agli aumenti previsti per il 2023. «Come se non bastasse – racconta Michele Ressa, presidente della Coldiretti di Spinazzola, provincia di Bat – la Regione ha deciso di togliere i 7-8 milioni di euro che ogni anno stanziava per abbassare i costi delle nostre bollette idriche. Io me la cavo grazie al mio pozzo artesiano, ma i miei colleghi sono disperati».
Su siccità e cambiamento climatico leggi anche : Clima, biodiversità, cibo ed inflazione

Da Il Sole 24 ore del 6 marzo 2023 :
Sul piatto 7,8 miliardi di risorse, ma i tempi sono lenti
Al momento è pronta solo un’opera rinnovata con i fondi Pnrr
Ax.P.
Il 9 marzo sarà inaugurata la prima infrastruttura idrica nazionale rinnovata tramite i fondi del Pnrr. Il canale Leb Adige Guà di Belfiore (Ve), è la principale arteria di trasporto idrico in Veneto e il suo rifacimento eviterà – secondo stime dell’Anbi – di disperdere il 20- 25% di acqua. Insieme al bacino di Castrezzato (Bs), realizzato in una cava abbandonata e inaugurato a fine gennaio circa sei anni dopo la legge regionale che ne aveva consentito l’utilizzo in questa modalità, e a pochi altri simili, si tratta delle prime opere infrastrutturali volte all’efficientamento della rete idrica italiana. Al momento le realizzazioni concrete si fermano qui.
Le sette autorità di bacino distrettuale a cui, nel 2022, un decreto dell’allora ministro delle Infrastrutture, Enrico Giovannini, aveva previsto di assegnare circa 19 milioni per la realizzazione di infrastrutture idriche, sono in attesa dal ministero delle Infrastrutture (la scadenza è per gli inizi di marzo) del via libera alla progettazione per le priorità identificate – che per le Autorità di bacino distrettuale del fiume Po, destinataria di 12,5 milioni – sono tre: «l’invaso della Val d’Enza, fra le province di Parma e Reggio Emilia, la barriera antisale del delta del Po, perché quella esistente non garantisce in toto l’ostruzione alla risalita delle acque salmastre, che l’anno scorso ha toccato 40 km e già ora supera i 12, e un altro invaso nelle Alpi sopra Torino. Queste sono per noi priorità da zona rossa, ma comunque realizzabili in non meno di cinque, dieci anni», spiega Andrea Gavazzoli, portavoce dell’Autorità del bacino del Po. Nel 2022, le perdite per la filiera agricola a causa degli effetti della siccità hanno toccato i 6 miliardi di euro: alla primavera si arriva con falde acquifere impoverite dai prelievi del 2022.
Sul tavolo dei ministeri competenti da tempo è arrivato anche il Piano Laghetti realizzato dall’Anbi e da Coldiretti, che ha pronti 223 progetti esecutivi di piccoli bacini artificiali e altri con diversi stadi di avanzamento progettuale, con l’obiettivo di arrivare a 10mila invasi entro il 2030, per aumentare significativamente la percentuale dell’11% di quantità di pioggia ora trattenuta al suolo (la Spagna ne trattiene il 35%).
Se le proposte non mancano, neanche la dotazione economica è il problema. L’Osservatorio Valore Acqua per l’Italia ha quantificato in 7,8 miliardi di euro i fondi direttamente riconducibili ad azioni di indirizzo per una gestione più efficiente e sostenibile della risorsa acqua. Riguardo ai 3,9 miliardi di euro volti a potenziare le infrastrutture idriche, il Mit aggiunge che gli interventi sono stati tutti selezionati e le risorse trasferite ai soggetti attuatori. In particolare, riferendosi alle risorse previste nel Pnrr (2,9 miliardi), sottolinea che ad oggi le gare avviate riguardano più del 30% degli interventi ammessi a finanziamento, che sono 157.
Dopo il vertice interministeriale del 1° marzo sulla crisi idrica, si guarda alla nomina del supercommissario (o supercommissari?) per una governance capace di risolvere i conflitti di competenze e programmare interventi mirati nel breve, medio e lungo periodo. Alessandro Morelli, sottosegretario alla presidenza del Consiglio con delega alla Programmazione economica, ha affermato che il governo sta lavorando per arrivare, entro circa due settimane, alla realizzazione di un decreto legge anti burocrazia.
Su tutto, c’è da sperare che piova, ma non con troppa violenza. Perché siccità e alluvioni sono facce della stessa medaglia.



