Redatto il 15 luglio 2023, aggiornato l’8 luglio 2025
Premessa :
1) Amazon domina incontrastata il mercato italiano.
2) sui dati di Amazon vige la massima opacità, da sempre.
Uno studio di Onilab (Università Bicocca) conferma che Amazon paga meno tasse delle imprese di capitali in Italia.
Partendo da questi presupposti era previsto un cambiamento epocale, con l’avvento della global minimum tax, negoziata in sede OCSE.
Purtroppo tutto sembra essersi fermato : i paesi concordano altri 18 mesi per approvare le misure globali sula tassazione delle aziende big tech – anche se il Canada si oppone perchè sta varando l’ennesima tassa nazionale, che entrerà in vigore nel 2024.
Le tasse locali e le multe servono a poco ma altri paesi , tra i 130 presenti, sono in disaccordo con la linea OCSE.
Oltre a perdere un altro anno e mezzo il rischio di stallo è alto.

Ma soprattutto la Federal Trade Commission, braccio antitrust di Biden, che lotta da tempo contro Amazon, è stata pesantemente sconfitta nel caso Activision Blizzard (azienda che produce videogiochi) : La sentenza Microsoft-Activision rappresenta una battuta d’arresto per la presidente della FTC Lina Khan:
In sintesi : “Un giudice federale della California ha respinto la richiesta della Federal Trade Commission degli Stati Uniti di bloccare l’acquisizione da 75 miliardi di dollari di Activision Blizzard da parte di Microsoft, ha inflitto una brusca battuta d’arresto all’ambizioso sforzo del regolatore di rafforzare l’applicazione dell’antitrust sotto la presidenza di Lina Khan.
Nominata dal presidente Joe Biden, Khan era venuta alla ribalta con un documento che chiedeva lo scioglimento di Amazon.
Il giudice Jacqueline Scott Corley ha stabilito martedì che la FTC non è riuscita a dimostrare che la megafusione avrebbe danneggiato la concorrenza nell’industria dei videogiochi. I dettagli della sua sentenza ruotavano attorno al fatto che Microsoft avrebbe limitato l’accesso del suo rivale Sony al gioco di successo di Activision Call of Duty, ma la risonanza della decisione a Washington e nell’America aziendale sarà molto più ampia…
Ha suscitato animosità e paura nelle imprese americane per la sua volontà di utilizzare nuove tattiche legali per reprimere la condotta anticoncorrenziale, anche se i suoi sforzi hanno incontrato risultati contrastanti..”
Questa sentenza indebolisce Khan e la FTC. Effettuare uno spezzatino delle aziende big tech o far sì che paghino tutte le tasse dovute al fisco sarà molto più difficile d’ora in poi.
Anche se la FTC ci sta riprovando con Google (settembre 2024).
Ma, tornando in Europa, quando sento che il governo italiano vorrebbe applicare e/o inasprire la web tax non posso far a meno di sorridere visto che il punto debole dell’Europa è il paradiso fiscale irlandese, che, a settembre 2024, ha un surplus di entrate fiscali pari a 8,6 miliardi di €, proveniente dal gettito delle multinazionali (e di cui l’Irlanda “non sa cosa fare”, senza generare inflazione!).
E poi se non c’è un’azione concertata, a livello europeo, non solo Amazon e le Big Tech continueranno a pagare gran parte delle tasse in paradisi fiscali ma potranno aggirare la web tax, come è avvenuto in Gran Bretagna dove il governo è intervenuto ma Amazon ha subito richiesto uno sconto pari alla % della tassazione ai fornitori.

Solo il Canada ha varato una web tax e la California la sta esaminando (AF Repubblica del 7 ottobre 2024) .
L’Italia, come al solito, ha adottato un cammino contorto e complicato :
- A ottobre 2024, in sordina, l’italia aveva varato una digital tax che prende di mira Meta, Google e Amazon
- Poi a dicembre 2024 sembrava che, in Italia, la Web Tax: venise limitata ai gruppi che superano i 750 milioni di euro di valore e quindi solamente ai giganti della rete.
- Nella realtà: la Web Tax era prevista nella bozza di Legge di bilancio 2025: il comma 1 dell’articolo 4 della bozza di Legge di bilancio 2025, modificando il comma 36 dell’articolo 1 della Legge 145/2018, semplicemente elimina il limite di ricavi all’applicazione della web tax, la quale, così, diviene una imposta sui ricavi a cui sono soggette tutte le imprese operanti nella vendita di servizi digitali attraverso internet.
Con decorrenza a partire da gennaio 2026.
La differenza è sostanziale perché tutte le imprese, anche le più piccole, e persino le start up ancora in perdita, che vorranno vendere servizi digitali in Italia, dovranno versare una imposta del 3% sui ricavi delle vendite.
Ma ovviamente non è finita qui!..
Conclusione :
un continente diviso e il ritorno di Trump al potere hanno dato il colpo di grazia alla global minimum tax, Donald Trump, infatti, aveva già cancellato la Global Minimum Tax per gli USA (febbraio 2025).
E ad aprile 2025 è arrivata questa dichiarazione dall’ incontro Vance- Meloni a Roma:” L’Italia è con gli Stati Uniti per opporsi alle tasse “discriminatorie” sulle tecnologie” (tradotto in fatti concreti la web tax italiana verrà eliminata).
La conferma, a livello europeo, è arrivata a giugno 2025: le grandi imprese americane verranno esentate dalla Global Minimum Tax dell’Ocse stabilita con un accordo del G20 sotto presidenza italiana all’epoca del governo di Mario. Draghi.
Leggi anche : L’accordo raggiunto al G7 sull’esclusione dei giganti digitali americani dal pagamento della Global minimum tax (Gmt) è un cedimento (per cercare di evitare dazi al 50%).
Non potendo più puntare su una web tax, i governi europei dovrebbero puntare all’armonizzazione fiscale (questo articolo di Federico Fubini sull’argomento è illuminante: I segreti fiscali di Dublino: perché l’Irlanda è il cavallo di Troia della Casa Bianca (e fa male all’Italia)).
In caso contrario Amazon continuerà indisturbata a dominare il mercato non food europeo facendo concorrenza sleale alle imprese concorrenti, nell’opacità più totale.
Ciò è evidente nella chart che trovate sotto.



