“Quando la SARS, causata da un coronavirus, colpì la Cina nel 2003 i cittadini cercarono di ripararsi stando a casa. Questo fù un vantaggio per alcuni tipi di business. I social cinesi decollarono. E anche l’e-commerce. Richard Liu, che aveva una catena di negozi di elettronica, li chiuse e diede vita a JD.com L’azienda adesso vale 56 miliardi di $”.
“When SARS, a disease caused by a coronavirus, hit China in 2003 citizens hunkered down at home. This proved a blessing for some businesses. Chinese social media took off. So did e-commerce. Richard Liu, who ran a chain of consumer-electronics shops, shut all his brick-and-mortar stores and set up JD.com. The firm is now valued at $56bn”.
JD.com in cifre : 82,9 miliardi di $ di fatturato 2018, più di 360 milioni di clienti e di 700 magazzini. Ed è il secondo operatore e-commerce della Cina dopo Alibaba (853 miliardi di transato (*) anno t. a marzo 2019. Il colosso di Hangzhou ha avuto 711 mio. di clienti l’anno scorso. Fonte: Alibaba)
L’e-commerce in Cina intercettava già il 20% dei consumi alimentari prima del coronavirus. E questa percentuale è salita recentemente con l’epidemia di Wuhan.
In Europa le aziende di distribuzione che hanno puntato sull’e-commerce, come Carrefour o Esselunga, ne stanno già beneficiando, con un potenziale molto alto: in Francia la quota dell’e-commerce di prodotti di largo consumo confezionato è del 7,1% mentre in Italia si parla dell’1,6%.
E’ molto probabile che anche le consegne a domicilio di piatti pronti già cucinati (ristorazione a domicilio o delivery) , già molto in voga a Milano, ricevano un’ulteriore spinta dal coronavirus , in Italia e nel mondo.
Da notare che Carrefour ha investito recentemente nella ristorazione a domicilio con diverse iniziative e una partnership con Glovo.
(*) dovuto a intermediazione (% sulle vendite) , non è fatturato diretto come per JD.com.
Per leggere l’ultima notizia su Alibaba e su cosa sta facendo contro il coronavirus leggi qui.



