In Italia il servizio viene utilizzato da 18 milioni di utenti (un terzo degli italiani, dati Confartigianato, riportati da Il Sole 24 ore del 6 Agosto 2019). E il fatturato, secondo la FIPE, nel 2018, è stato di 350 milioni, con un + 69% rispetto al 2017.
Ma va, prima di tutto, fatta una premessa: il settore, giovane e in pieno fermento, non fornisce dati ufficiali.
Tutto quello che sappiamo lo abbiamo ricavato soprattutto da giornali esteri (fonti: Forbes, Le Figaro, Financial Times, Il Sole 24 ore, dalla fine di luglio a settembre 2019).
Sui ricavi, inoltre, c’è una grande confusione dovuta al fatto che le aziende e i giornali ragionano sul :
- il consegnato lordo (al quale bisogna togliere il costo dei riders e i costi gestionali)
- le fees ( i dati FIPE si riferiscono alle fees?)
Così per Uber Eats veniamo a sapere che dovrebbe movimentare 10 miliardi di $ in food quest’anno negli USA, ma se poi andiamo ai ricavi delle fees si scende a 1 miliardo di $.
Sta di fatto che Uber Eats USA ha il 25% del mercato USA (*) il che vuol dire che tutto il mercato USA potrebbe valere, nel 2019, 40 miliardi di $ (36 miliardi di €. Per dare un parametro di riferimento il mercato del largo consumo in Italia vale poco più di 100 miliardi di €).
Uber Eats sta testando un servizio di consegne di prodotti di largo consumo confezionato (groceries) in Australia in partnership con la catena della distribuzione Coles.
Negli USA e in Gran Bretagna Uber Eats sta parlando con molte altre catene di supermercati, Sainsbury’s inclusa.
Sta inoltre effettuando dei test con Unilever e Nestlè in Belgio e Brasile.
Nell’ultimo trimestre – la notizia è stata riferita ai primi di agosto – la casa “madre” Uber ha annunciato perdite molto più pesanti di quanto ci si aspettasse e il titolo è sceso, in una sola seduta, dell’8%.
A causa di queste perdite, dei costi dell’e-commerce (che non sia ristorazione) e della forte concorrenza di Amazon negli USA, con Whole Foods, ci sono grosse perplessità sul fatto che Uber Eats riesca a diventare operatore e-commerce nel largo consumo confezionato (food).
(*) secondo attore in campo, dopo Grubhub che ne detiene il 34% (fonte: Forbes).
I due altri competitor di peso più visibili in Europa sono:
Just- Eat e Take Away. Com il cui fatturato sommato- non parliamo di fees ma di cibo movimentato – potrebbe arrivare a 8,2 billion $ , ma la cui aggregazione , annunciata ad agosto, potrebbe essere stoppata dall’ascesa fortissima del prezzo delle azioni di Just Eat.
Deliveroo che , oltre ad essere partecipata da Amazon, è diventata grossista, lanciando un servizio di acquisti di alimenti per ristoratori, promettendo loro di ridurre i loro costi del 20%.
Gli analisti vedono vari rischi nel fenomeno della ristorazione a domicilio:
- “uberizzazione” della ristorazione con tutti i problemi dei contratti dei rider
- commissioni alte per i ristoranti
- le grandi aziende che praticano ristorazione a domicilio sono quasi tutte in perdita (questo è il dire degli analisti che non mettiamo in dubbio ma faremo un’analisi dei bilanci approfondita quando capiremo meglio chi si aggrega con chi e chi resta nel settore)
- concorrenza delle “dark kitchen” (dedicate al 100% alle consegne di piatti cucinati)
- la delivery è considerata una perdita della “quota di stomaco” perchè i giovani mangiano a casa , non vanno nella GD e non vanno al ristorante. (C’è poi il fenomeno della canibalizzazione dell’e-commerce che stanno cercando di praticare Uber Eats e Glovo).
La ristorazione a domicilio nel tempo minaccia GD, industria alimentare, ristorazione e e-commerce food.
Un’eccezione : i cinesi che la vedono più come un’integrazione obbligata tra i vari settori: la ristorazione consegnata sul posto di lavoro esiste – in forma massiccia – da almeno 25 anni a questa parte. Era già visibile quando iniziavo a frequentare la Cina agli inizi degli anni ’90 ( altra eccezione – è ovvio – è costituita dalla categoria dei grossisti, ai quali però alcune di queste società vorrebbero sostituirsi…).
In conclusione si può dire i dati FIPE e quelli sul movimentato USA (senza parlare della Cina..) mettono in evidenza come in Italia la ristorazione a domicilio sia in ritardo rispetto al resto del mondo ma stia crescendo tantissimo.
La ristorazione a domicilio sarà un elemento cruciale nella conquista della “quota dello stomaco” dei giovani, soprattutto nel Nord Italia, Milano in primis.
E potrebbe essere una grossa risorsa per aziende che, come Esselunga, hanno moltissimi piatti pronti freschi in assortimento (nei supermercati, nei superstore e nei bar).
Foto scattate a: Milano, Amsterdam, Shanghai.
Prima stesura 7 settembre, ultimo aggiornamento dell’1 novembre 2019