L’Italia si fa bio
Crescono i consumi secondo natura
La conferma dai dati Ismea: + 15,8 % di campi, +4.4% di spesa agro-alimentare bio rispetto al 2019, + 5,7% di vendite nei supermarket e aumentano le scelte ecologiche non-food. Ecco il consumatore 3.0
di Giuliano Aluffi – La Repubblica
In Italia il bio è più vivo che mai. I dati dell’appena rilasciato report “Bio in cifre 2020”– redatto da Ismea per il Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali – parlano chiaro: la superficie biologica, che comprende sia i terreni per l’agricoltura bio che i pascoli, è ormai di quasi 2 milioni di ettari (1.993.236, 35.000 ettari in più rispetto al 2018 e oltre 879.000 ettari in più (+79% rispetto al 2010). I campi “bio” ormai contano per il 15,8% della superficie agricola utilizzata, dato che supera la media europea (8%) e le quote degli altri principali Paesi produttori: Spagna (10,1%), Germania (9,07%) e Francia (8,06%). Gli orientamenti produttivi prevalenti sono: prati per il pascolo (551.074 ettari), colture foraggere (396.748 ettari), cereali (330.284 ettari), uliveti (242.708 ettari) e vigneti (109.423 ettari). Gli operatori biologici in Italia hanno superato quest’anno le 80.000 unità: le regioni con il maggior numero di operatori sono la Sicilia (10.596 unità), la Calabria (10.576) e la Puglia (9.380), ma si riscontrano incrementi rilevanti nelle Marche (+32% di operatori), nel Veneto (+13%) e nel Lazio (+8%). I consumi di prodotti dell’agroalimentare biologico sono cresciuti, nell’ultimo anno, del 4,4%, superando i 3,3 miliardi di euro (dato Mipaaf aggiornato al primo semestre 2020). Con un’incidenza complessiva del biologico sulla spesa per l’agroalimentare italiano pari al 4%. Nel 2020 il 90% dei consumatori italiani ha acquistato più di tre volte un prodotto dell’agroalimentare biologico (+1,4% rispetto al 2019). Frutta, ortaggi, latte e derivati biologici sfusi sono sempre più presenti in specifiche aree dei supermercati, e invertono, con un incremento di vendite del +3%, il trend negativo dell’anno scorso. Le vendite di biologico salgono nella grande distribuzione (+5,7%), nei discount (+10,7%) e nei negozi tradizionali (+3,2%). Uno studio Ismea condotto nel primo trimestre 2020 mostra che su 3.792 soggetti, il 25% ha acquistato, almeno una volta, un prodotto agroalimentare su Internet, e tra questi sono più della metà quelli che hanno preferito un prodotto bio. Più difficile valutare l’evoluzione del biologico nel settore non-food. «Questo perché mentre per l’alimentare c’è una normativa europea di riferimento, per il non-food i dati sono più destrutturati: esistono diverse certificazioni, ma sono volontarie» spiega Silvia Zucconi, responsabile marketing intelligence & consumer insight di Nomisma. «Però è possibile ricostruire l’andamento del mercato per alcune categorie, ad esempio per i prodotti “cura persona”, ovvero quelli che riguardano cosmesi e igiene, vediamo un più 10% rispetto al 2019». Dalle analisi Nomisma emergono numeri di tutto rilievo: «Nel 2019 i consumi del biologico in Italia hanno superato i 4 miliardi di euro e nel 2020 si regista un’ulteriore incremento» spiega Silvia Zucconi. «La dimensione dell’export bio italiano si assesta intorno ai 2,5 miliardi di euro: gli ultimi dati, relativi al 2019, mostrano un aumento dell’8% rispetto al 2018, il doppio rispetto alla crescita dell’agroalimentare. Ed è una crescita del 150% rispetto a dieci anni fa». Chi è il consumatore italiano di prodotti bio? «Tra le caratteristiche che aumentano la propensione agli acquisti bio c’è l’età (il consumatore è tendenzialmente più giovane della media) e il tasso di istruzione, mediamente alto. – spiega Zucconi – Il consumo bio si intensifica quando in famiglia ci sono figli di età inferiore a 12 anni: sintomo che del biologico si apprezza l’attenzione alle garanzie di sicurezza per la salute». Ma anche la sensibilità ecologica gioca un ruolo. «Un elemento che sta acquisendo sempre più importanza negli acquisti bio è la confezione: i consumatori vogliono un packaging ecosostenibile. – aggiunde Zucconi – I tre fattori che riscuotono il maggior interesse sono: la confezione compostabile, le indicazioni di impatto sulla CO2 in etichetta e la riduzione nell’uso di plastica. Il 44% delle insegne della grande distribuzione si concentrerà nei prossimi mesi sul packaging green». Come evolverà il mercato del bio in Italia? «La grande distribuzione ha già largamente sorpassato i negozi specializzati – sono già diverse migliaia i prodotti delle marche private bio nei supermercati – portando a contromosse come la concentrazione dei negozi specializzati e la valorizzazione degli aspetti regionali e territoriali del biologico» spiega Rosa Bertino, curatrice di Bio Bank, banca dati del biologico italiano. «Il prodotto bio della grande distribuzione è di ottima qualità ma più standard, il negozio specializzato invece può – e dovrà sempre di più – legarsi a doppio filo alla ricchezza dei territori, puntare su prodotti con un loro terroir caratteristico».


