Di Giuseppe Caprotti e Gaetano Puglisi – 18 giugno 2009, aggiornato il 14 dicembre 2023. Sopra : pubblicità dell’Armando Testa
Premessa all’intervento “L’avventura del biologico” effettuato all’Università di Bologna dal dottor Gaetano Puglisi.
In 18 anni trascorsi in Esselunga ho seguito tantissimi progetti ma quello al quale sono più affezionato è sicuramente quello dei prodotti biologici e naturali in generale.
A differenza di altri progetti, come il non food, l’e-commerce o la centrale d’acquisti, questo aveva un’anima, uno scopo sociale, oltre al business.
Era anche un progetto che veniva da lontano: ricordo una conversazione- nella cucina di casa – con mio padre nel 1987.
Io sentivo l’idea – anche perché commercializzavamo già qualche prodotto di frutta e verdura a lotta integrata (*) – e l’avevo fatta mia. Lui meno.
Sulle ragioni per le quali è stata creata la linea Esselunga bio puoi leggere: Il cibo biologico è davvero più salutare di quello convenzionale?
(*) ricordo le fragole.
Il dottor Puglisi lo definisce giustamente un’avventura. Ricordo ancora chiaramente come in un pranzo di lavoro Paolo Barilla mi mise in guardia sui “pericoli” del biologico e io – sudando freddo – non potei far altro che preoccuparmi, senza replicare, visto che stavamo per lanciare la nostra linea in grande stile…”
Barilla lancerà la linea bio Barilla nel 2016.
Sotto Giuseppe con Paolo Barilla negli anni ’90.
Il biologico aveva molteplici obiettivi tra i quali quello di anticipare e contrastare operativamente le Coop.
Mentre noi lanciavamo i prodotti Esselunga bio, la Coop stava ancora discutendo del pricing della propria linea a marchio bio.
Il dottor Puglisi è stato direttore commerciale di Esselunga dove ha trascorso 10 anni della Sua carriera. E’ stato direttore commerciale di una delle società del gruppo Conad, direttore Commerciale della Pam e adesso è direttore generale di Euronics.
Giuseppe Caprotti
Definirla un’avventura non è un’esagerazione: in un arco temporale di quasi 20 anni (i primi cibi biologici arrivano ad inizio degli anni 90) il settore ha vissuto molti alti e bassi, periodi di grande successo si sono alternati ad altri di diffuso scoramento, fino al punto di diventare una moda o un appestato da cui fuggire.
Anche la business community e gli “scienziati “ si sono spesso divisi sull’argomento:
da chi è arrivato a teorizzare durante una convention aziendale di una catena distributiva il pericolo dell’alimentazione biologica esaltando i cibi geneticamente modificati (il biologico ne è esente), a chi come il Prof. Umberto Veronesi ci mette in guardia dal rischio di ingurgitare antiparassitari di ogni genere.
Caro Caprotti,… posso complimentarmi per il lancio dei prodotti biologici? Il nome “Naturama è anche indovinato!
Umberto Veronesi
Per evitare di prendere posizioni precise è meglio osservare la storia, vedere com’è nato il biologico, com’è progredito e quali prospettive può realisticamente offrire a chi lo consuma e a chi lo commercializza.
Soltanto il tempo e le scelte individuali potranno dire cosa sarà stato giusto e non.
Fin da adesso è meglio metter da parte le stupidaggini come ad esempio che mangiare biologico faccia sempre bene: se mangio 1 kg di burro biologico al giorno, avrò il colesterolo biologico e morirò presumibilmente di infarto biologico; così pure è da folli pensare ad una qualche utilità di un tonno in scatola in olio biologico quando magari il tonno è di pessima qualità.
Eliminando le distrazioni ci si può concentrare sulla genesi e capirne meglio i contenuti.
Il biologico muove i primi passi ad inizio anni 90, prevalentemente in piccoli negozi specializzati o presso gli agriturismi che fanno, anch’essi in quegli anni, la prima apparizione.
C’è poca cultura, quasi nessuno capisce il significato di biologico e meno che mai cosa lo differenzi dai prodotti convenzionali.
Lo stesso termine induce in errore: gli anglosassoni usano il termine organic, più diretto ed esplicito; “biologico” fa pensare a qualcosa di ospedaliero o di chimico anche per l’assonanza con la biologia (scienza) o addirittura coi detersivi (sono gli anni in cui imperversa il detersivo Bio Presto).
Senza un’informazione completa, il concetto non è di facile apprendimento.
E’ chiaro fin dall’inizio che c’è bisogno di una “vetrina”, un luogo dove trovare i prodotti per il grande pubblico e dove se ne possano raccontare le caratteristiche; ed è altrettanto chiaro che l’apripista non possa essere l’industria, sia perché quella di marca si guarda bene dallo spingere prodotti che vadano in contrasto con il proprio core business, sia perché (di marca o no) l’industria si può dedicare a poche categorie merceologiche.
A scusante del ritardo o dell’indifferenza industriale c’è da dire che il percorso produttivo del biologico è incompatibile col convenzionale. Servono impianti dedicati (per evitare la contaminazione) e, nel caso dell’agricoltura, spazi ben delineati, non confinanti con gli altri, e che per anni non hanno sostenuto le coltivazioni convenzionali.
In questo contesto, la Coop un po’ per vocazione, un po’ perché riesce ad avere un contatto diretto con i propri clienti/soci, capisce che c’è un’area di crescita ed inserisce alcuni prodotti biologici – con il marchio dei fornitori – nei propri assortimenti.
Ma, forse perché non ci crede fino in fondo (che abbia voluto “accontentare” controvoglia degli opinion leader??) o perché non ne capisce la chiave di lettura, compie una serie di errori di esecuzione che, col senno di poi e leggendo il successo degli altri che sarebbero arrivati dopo, determinano il velocissimo aborto dell’operazione.
Tali errori si possono così riassumere:
- ERRORI DI PRODOTTO
Spesso i prodotti sono brutti da vedere, i freschi si presentano male e quelli confezionati hanno packaging “bulgari” altrettanto punitivi ma soprattutto, il gusto è una delusione, e un prodotto cattivo non si mangia.
Il cibo non è una medicina, deve nutrire ed appagare e i primi prodotti biologici questo non lo fanno.
Arrivano persino sugli scaffali confetture biologiche fatte con frutta di seconda scelta; sarà pure biologica ma se la frutta non è buona non può dare che una confettura (o un succo) scadente.
- POVERTÀ DI INFORMAZIONI
Nessuna informazione in negozio e packaging che non chiariscono nulla sulle caratteristiche dei prodotti.
Il distributore teme che parlare tanto e bene del biologico induca i consumatori a chiedersi su che cosa contengono i prodotti convenzionali.
Ma tant’è: nella paura di far troppo, non si fa nulla.
- POSIZIONAMENTO PREZZO
Che il biologico dovesse costar più del convenzionale era normale, che non vi fosse una chiara strategia di prezzo e un riferimento era meno scontato.
Poteva, dunque, succedere che un prodotto costasse più del doppio di un convenzionale, ma anche che non vi fosse alcuna differenza; nessuna logica, nessuna spiegazione del perché vi fossero grandi discrepanze.
- POSIZIONAMENTO SCAFFALE
Questo è stato l’errore più grande, tant’è vero che Esselunga eviterà tale errore.
In sostanza, nei supermercati veniva allestita una gondola (o un’area nei negozi più grandi) con tutti i prodotti biologici raggruppati.
Risultato: effetto ghetto.
Così facendo veniva vanificato il vantaggio di poter mostrare e offrire il prodotto al grande pubblico.
Con tali “zavorre” concettuali e di metodo, il biologico arranca per anni; timidamente nasce a Bologna il SANA, fiera dei prodotti Naturali e Biologici ma è frequentata da post figli dei fiori, intellettuali, qualche professore e il buon politico di turno.
Mancano addetti ai lavori veri e consumatori “laici”.
Pochi pensano di prendere un aereo, volare negli States ed assistere al formidabile lancio di Whole Foods Market, la catena americana specializzata su prodotti biologici e naturali.
Ma, per non andar lontano, si sarebbero potute osservare l’esperienza della Coop Svizzera
che negli anni ’90 lanciava il proprio Naturaplan (v. etichette sotto, il piano della Coop coinvolgeva più di 1500 prodotti).
Ed ecco che in tale “sonnolenza”, succede qualcosa.
Succede in Italia con un approccio che in qualche modo sconvolge il mercato e sorprende tutti (industria, distribuzione, consumatori, opinion leader) per il modo in cui avviene.
Qui, per capire cosa accade, come e perché, dobbiamo entrare nel caso specifico e raccontare qualcosa che sembra una favola ma che è, invece, un fatto reale.
In una serata di febbraio del 1999 l’allora direttore commerciale di Esselunga (*) assieme al suo direttore acquisti, il direttore dell’assicurazione qualità Claudio Arnoldi al senior buyer del settore alimentare Alberto Bianchi stanno rientrando a Milano in auto, reduci da un viaggio di lavoro nel centro Italia.
Come capita loro di sovente, oltre a parlare di calcio, musica e hobby vari, finiscono col parlare di lavoro e ciascuno appena passata, gli ogm incombono) e come i clienti, con i quali costoro sono in costante contatto, manifestino continuamente delle preoccupazioni su quello che mangiano.
E’ una fase di ripresa economica, i discount sono in calo e la gente comune sta cominciando a preoccuparsi del benessere e della salute.
Il direttore commerciale lancia l’idea: creiamo una linea completa di prodotti biologici a nostro marchio comprendendo quante più famiglie merceologiche possibile e dando la garanzia e la credibilità di un’insegna della distribuzione che fà proprio della qualità uno dei propri asset.
Insomma dice: mettiamoci la faccia, facciamolo, facciamolo bene e comunichiamolo da par nostro.
La prima reazione del direttore acquisti è di chiusura: anche lui teme, come chi lo ha preceduto, che la gente si chieda come sono fatti i prodotti convenzionali una volta scoperto che si può mangiare senza pesticidi.
(*) all’epoca Giuseppe Caprotti, mentre Gaetano Puglisi era direttore acquisti
Ma anche Claudio Arnoldi è preoccupato: ha paura che un eventuale incidente di percorso possa compromettere la credibilità dell’azienda.
I quattro discutono a lungo, si agitano, qualcuno propone soluzioni, qualcun altro inizia a pensare a come risolvere gli innumerevoli problemi che si presenteranno ma lo spirito è quello giusto.
Hanno un’idea in mano e vi si butteranno sopra con sana ferocia.
Fortuna che il viaggio è lungo, la strada è scorrevole e l’ambiente (ristretto e senza distrazioni) permette di rimanere concentrati.
Così avviene che i due direttori (acquisti e qualità), alla fine dicono che sono d’accordo ma con 2 premesse di base, 2 ”conditio sine qua non”.
Il direttore acquisti pone come base che i prodotti biologici siano prima di tutto più buoni degli altri (e/o con ingredienti migliori) e poi biologici; il direttore ass.qualità chiede e ottiene che tutti i lotti di prodotti messi in vendita passino un esame preliminare che ne verifichi l’assenza di pesticidi.
Così nasce l’idea di farlo e circa l’obiezione su come distinguere il biologico dagli altri prodotti a marchio, in termini di posizionamento, il dir. comm. si inventa (letteralmente) una classificazione che lascia esterefatti per quanto è sintetica, chiara, e nello stesso tempo ricca di significati su cui costruire questa strategia pura.
BRAND | CARATTERISTICA | POSIZIONAMENTO | ATTESE |
Esselunga Bio | Prodotto a marchio bio | The best | Migliore di p.l e prod.marca |
Esselunga | Prodotto a marchio | The better | Migliore delle altre p.l. |
Fidel | Linea Primi prezzi | The good | Buon prodotto per tutti |
Dirlo era stato (relativamente) facile, pensarlo un po’ più difficile, farlo davvero una scommessa non da poco.
Tornati a casa i tre decidono di istituire un piccolo team segreto composto dallo steso dir comm.. che diventa leader del progetto, dal dir. acquisti, dal dir.ass. qualità, dal dir. Marketing e dall’assistente del dir.acquisti.
Il team pianifica il progetto di lancio, ne decide la data e soprattutto sceglie di procedere a “fari spenti”, cioè solo tali persone avrebbero avuto la visione complessiva ma ciascuno avrebbe lavorato con i singoli buyer della categoria (e i fornitori relativi) per lanciare tanti specifici prodotti.
Il progetto era ambizioso:
lanciare da lì a 7 mesi una linea completa di oltre 100 referenze che sarebbero arrivate contemporaneamente sugli scaffali.
E per non avere dubbi, il gruppo fa come Cortès quando per invadere il Messico ed evitare ripensamenti affondò le proprie navi: si stabilisce il giorno X, si comprano le pagine dei quotidiani e le affissioni per la pubblicità, si svuota per quei giorni ogni iniziativa promozionale e di comunicazione tradizionale.
In quei 7 mesi succedono tante cose che si possono riassumere nella strategia che viene elaborata ed eseguita perfettamente in ogni dettaglio.
- FORMULAZIONI DI PRODOTTO
Per ciascun prodotto si identifica il benchmark (confronto) col leader qualitativo della categoria e si lavora per avere un prodotto migliore.
Per farlo è necessario intervenire pesantemente sugli ingredienti e le composizioni dei prodotti.
Così la pizza surgelata contiene l’olio extra vergine anziché l’olio di semi semi, la confettura presenta una elevatissima percentuale di frutta, i biscotti non presentano ingredienti poveri (si preferisce il burro all’olio di palma), le passate sono realmente con materie prime pregiate e con alta concentrazione, il dado per brodo senza glutammato e così via.
E nascono le prime coccarde di italianità vera; l’olio extra vergine contiene olive coltivate in Italia, non come i brand con nomi italiani che utilizzano olio spagnolo o tunisino.
- PACKAGING
Si decide di puntare su una confezione molto bella, solare e luminosa creata non solo per “venir fuori” dallo scaffale ma anche per trasmettere valori positivi.
Su sfondo agreste nasce l’insegna Bio con colori predominanti l’azzurro e il giallo.
Ma soprattutto si utilizza un lettering che permette di individuare con facilità ingredienti e caratteristiche cosichè il front dei prodotti serve per comunicare i “plus”, il retro per informare (a caratteri visibili anche ai presbiti) su ingredienti e caratteristiche nutrizionali.
- POSIZIONAMENTO PREZZO
Anche per questo delicatissimo aspetto si fà una scelta importante.
Si decide cioè che, qualunque sia il costo del prodotto, il posizionamento dovrà avere una logica di categoria e, dunque il prezzo di vendita sarà lo stesso del leader qualitativo della categoria.
Per essere chiari il riferimento è Lindt per il cioccolato, De Cecco per le paste, Illy per il caffè e così via.
Dunque il cliente, in coerenza con la classificazione strategica di base può acquistare secondo 2 direttrici:
1)Prodotto Esselunga Biologico- “Better quality at the same price” (vs. il leader di qualità)
2)Prodotto Esselunga- “Same quality at the lower price” (vs. il leader di qualità)
- PIANO DI COMUNICAZIONE
Con il sistema del Teaser (effetto annuncio progressivo) viene creata una campagna con dei pulcini che pigolano “BIO BIO” e annunciano la nascita della linea.
Le affissioni sono molto belle, i quotidiani si presentano a pagina intera e le immagini non danno luogo ad alcun dubbio interpretativo.
Finalmente i prodotti invogliano ad acquistare e soprattutto riescono a parlare alle mamme giovani e ai bambini.
- POSIZIONAMENTO SCAFFALE
Questa è, forse, la mossa decisiva che cambia le regole del gioco.
Fatta eccezione per l’ortofrutta che deve (per ragioni di disciplina merceologica) rimanere separata dai prodotti convenzionali, per il resto si pone il dilemma di sempre.
E, non senza travagli interni, si decide di posizionare i prodotti nelle rispettive categorie di competenza: che combattano pure con le marche convenzionali: se sono validi vinceranno altrimenti saranno soggetti a cambiamenti.
Naturalmente si dà loro il posizionamento migliore (ma per ragioni di profittabilità, non per motivi ideologici) e, all’inizio, si utilizzano dei cartelli da scaffale che riprendano i colori e le immagini della campagna pubblicitaria.
E per tutto il primo mese del lancio vengono allestite delle isole con del materiale informativo e delle hostess che spiegano le caratteristiche dei singoli prodotti.
Si tratta, in pratica, di una doppia esposizione ma non è una banale attività di occupazione di extra spazio ma un’area dove, comodamente, i clienti possono chiedere spiegazioni al personale specializzato e addestrato.
Quest’ultima parte è stata la più difficile da eseguire perché si voleva mantenere il segreto fino all’ultimo.
Il buon senso e un tocco di genialità hanno favorito la soluzione.
Ad un fornitore fidato è stato appaltato il lavoro di costruzione degli espositori, mentre le hostess sono state reclutate fra le cassiere part-time alle quali era stato fornito uno specifico addestramento.
- PIANO PROMOZIONALE
Niente di rivoluzionario, ai prodotti non viene dato alcun vantaggio.
Si preferisce, durante il primo mese farli assaggiare in negozio o a casa attraverso campioni monodosi.
Questo piano d’azione arriva sul mercato l’8 Novembre del 1999 e coglie impreparato il mondo del Largo Consumo.I clienti, sorprendendoci, rispondono immediatamente non solo acquistando i prodotti ma anche complimentandosi per l’iniziativa.
Il call center di Esselunga è invaso dai complimenti dei clienti. Non ci sono reclami.
Si dice che le private label abbiano il limite di ridurre il valore medio delle categorie (costano meno del leader) anche se fidelizzano; in questo caso invece di un downgrading si ottiene esattamente il contrario, un upgrading.
Il biologico si è rilevato un formidabile veicolo per attrarre nuovi clienti.
Da lì è nata l’emulazione, la moda e talvolta i disastri.
Vi si sono buttati in tanti, alcuni limitandosi a copiare, altri cercando di essere creativi ma tutti senza la necessaria preparazione e attenzione ai dettagli che la materia necessitava.
E sono arrivate le prime delusioni, gli incidenti di percorso, le polemiche.
Nel primo anno post lancio si sono sprecate le tavole rotonde che annunciavano le grandi opportunità per il made in Italy perché, specie nei prodotti freschi il nostro paese era (ed è) di gran lunga il più grande produttore al mondo; poi sono iniziate le critiche, alcune in buona fede altre provenienti da chi non era capace di farlo o da chi voleva difendere lo status quo.
Esselunga, invece, ha proseguito per la propria strada arricchendo il percorso del biologico con 3 perle di straordinaria novità.
La prima è stato il lancio di una linea per l’infanzia (pastine, omogeneizzati, succhi) totalmente biologica e formulata con l’aiuto del Macedonio Melloni di Milano;
Nessuno aveva mai lanciato una linea di omogeneizzati a marchio proprio (il dubbio era se le mamme si sarebbero fidate in assenza del consiglio dei pediatri) e non esisteva una linea biologica di marca.
Arrivare sul mercato con dei prodotti biologici, garantiti da un centro sanitario di eccellenza e che costano meno del leader è stata una piccola rivoluzione. Ed è stato un successo.
L’altra perla è stato il lancio del latte fresco biologico per il quale valgono le stesse premesse di base degli omogeneizzati (nessuno lo aveva mai fatto prima) ma con l’aggravante di dover fronteggiare una potente lobby che, di fatto, aveva sempre impedito che ci fosse concorrenza.
Non è un caso che per avere il latte fresco a marchio del distributore si sarebbe dovuto attendere altre 7 anni.
La terza “perla” è stato affiancare su alcuni prodotti (caffè/zucchero/banane/cacao) il logo BIO a quello del Commercio Equo Solidale.
Leggi Si voleva dire ai clienti che anche nella scelta del fornitore si poteva rispettare quanti producevano al di fuori delle grandi multinazionali, pagando loro il giusto compenso per il loro operato.
E dopo? Come sempre succede la copia non è stata mai come l’originale e, pertanto nella mente dei clienti Esselunga sarebbe rimasta la “casa del biologico”, anche per via di una costanza di investimenti ed innovazione nella categoria, in grado di leggere ciò che il cliente avrebbe voluto trovare sugli scaffali.
Forse il piano necessitava di qualche correzione, forse vi erano delle nuove priorità aziendali; fatto stà che il mercato ancora una volta segue Esselunga e in tanti si ritirano dal comparto o lo confinano in ambiti poco dignitosi.
Dopo qualche tempo la stessa Esselunga ripartirà (leggi articolo) ma non sarà più lo stesso.
Il biologico nel frattempo continua a essere importante in altri mercati, e anche in Italia le catene specializzate o i venditori diretti sono riusciti a ritagliarsi un proprio spazio. Peccato!
Verrà il momento in cui avremo una nuova emergenza alimentare o molto più semplicemente capiremo meglio come vengono coltivati i prodotti e che cosa viene usato nei prodotti finiti.
E in quel momento saranno in pochi ad avere le risposte.
Gaetano Puglisi
Sotto l’incidenza del biologico a novembre 2021 nel largo consumo confezionato della GDO.
E nel 2022 : Italia, un record per il biologico, che raggiunge, sul mercato interno, i 5 miliardi di euro secondo Nomisma la crescita cumulata, negli ultimi 10 anni, è stata del 132 per cento. I consumi domestici pesano per 4 miliardi, mentre un altro miliardo è dovuto al fuori casa. Distribuzione Moderna 19 febbraio 2023
Il mercato europeo vale 54,5 miliardi di €.
Si tratta di cifre che la dicono lunga sul lungo percorso effettuato : guardando infatti le cifre sotto e queste di Territoribio – figura 1 della prima pagina – si può stimare il totale mercato del biologico italiano, nel 1997, prima del lancio della linea Esselunga bio, a 300 milioni di €.
Nulla, in confronto ad oggi. Ma soprattutto si trattava di fatturati sviluppati interamente dal canale “specializzato” e da piccoli negozi. Non certo dalla GDO, che – con noi – è partita da zero (oggi la Gdo effettua il 58% degli acquisti, per un valore di 2,3 miliardi di euro).
Recentemente Cesara Buonamici mi ha ricordato come, all’epoca, quando partimmo con questa avventura, nessuno ci credesse.
Tranne noi.
Poi, per fortuna, molti ci hanno seguito.
Giuseppe Caprotti
P.S. : il settore ha due grossi problemi :
1 le frodi
2 i prezzi molto alti, che in un periodo come quello attuale, con l’nflazione che galoppa, non gli sono favorevoli ma «Il biologico non è in crisi, la Gdo gli dia più spazio».
Leggi anche Francia e Germania : crisi dovuta all’inflazione per il biologico.