Titolo originale:
Bibite: l’associazione di categoria promette una riduzione del 10% dello zucchero aggiunto. Troppo poco
Redazione Il Fatto Alimentare 5 Ottobre 2021 Nutrizione Commenti
Assobibe (associazione che rappresenta le aziende produttrici di bevande analcoliche(*)) ha siglato un nuovo impegno con il ministero della Salute per aggiungere meno zuccheri nei soft drink. L’accordo prevede anche l’autoregolamentazione delle attività di marketing, pubblicità e vendita, con particolare attenzione ai bambini. Gli impegni prevedono un taglio del 10% dello zucchero aggiunto nel biennio 2020-2022. Al fine di tutelare i consumatori più giovani, l’accordo prevede anche l’astensione dalla vendita diretta di bevande zuccherate nelle scuole superiori. Si tratta di un impegno abbastanza formale, visto che già oggi non si vendono direttamente bevande analcoliche nelle scuole primarie, mentre nelle scuole secondarie si trovano quelle con edulcoranti. Non da ultimo, il protocollo eleva da 12 a 13 anni la soglia per l’astensione da attività di promozioni e marketing nei canali diretti ai bambini.
Siamo di fronte a impegni decisi autonomamente dalle aziende produttrici che non risolvono il problema di fondo. La questione è abituare i giovani a non bere bibite zuccherate, se non in modo occasionale, preferendo acqua o altre bevande non dolcificate. I nutrizionisti considerano eccessiva l’assunzione di zucchero nella dieta degli italiani e queste iniziative sono un palliativo. Nel Regno Unito analoghi provvedimenti assunti volontariamente dalle aziende hanno sortito scarsi risultati. Ben diversa sarebbe la situazione se in Italia venisse applicata una tassa sullo zucchero aggiunto in modo da aumentare del 20% il prezzo di vendita destinando i proventi della tassa a progetti di educazione alimentare.
Di seguito pubblichiamo la replica di David Dabiankov Lorini, direttore generale di Assobibe (*)
Gentilissimo Direttore,
in merito all’articolo dal titolo “Bibite: l’associazione di categoria promette una riduzione del 10% dello zucchero aggiunto. Troppo poco”, pubblicato sul vostro sito il 5 ottobre scorso, riteniamo essenziale chiarire alcuni aspetti e dati riportati nell’articolo in maniera parziale e decontestualizzata.
L’impegno che Assobibe e ministero della Salute hanno firmato lo scorso 29 settembre si pone in continuità con un percorso che le aziende produttrici di bevande analcoliche hanno intrapreso da oltre dieci anni su diverse aree.
Grazie a questi impegni volontari lo zucchero immesso in consumo è stato tagliato del 27% e un ulteriore taglio del 10% è previsto nel 2022; sono stati introdotti sul mercato formati pensati per agevolare un consumo moderato; i soci Assobibe hanno seguito la scelta di evitare attività di marketing, on e offline, nei canali diretti ai bambini sotto i 12 anni, così come l’impegno ad evitare la vendita diretta nelle scuole primarie e prevedere nelle secondarie solo versioni senza zucchero. Ora quest’ultimo accorgimento sarà esteso alle scuole superiori.
Quanto al parallelo con analoghe iniziative intraprese nel Regno Unito e alla necessità di una tassa sullo zucchero aggiunto, crediamo opportuno evidenziare che ogni Paese è caratterizzato da stili e consumi molto diversi. In Italia i consumi di bevande zuccherate sono in costante flessione da 10 anni e siamo il Paese con il più basso consumo pro-capite di bevande analcoliche, meno della metà dei litri consumati nel Regno Unito.
Il risultato nutrizionale di simili tasse adottate in altri Paesi evidenzia un taglio di poche calorie quotidiane sulle 2500 medie a persona (6 kcal in Messico, 3 kcal in Catalogna, 4 Kcal in Francia). In questi Paesi il trend di patologie multifattoriali, quali diabete e obesità, rimane sovente in crescita e questo perché i soft drink pesano mediamente l’1-3% sul totale delle calorie quotidiane assunte. Gli studi scientifici pubblicati non hanno fornito un solido supporto scientifico su benefici diretti delle tasse su patologie e in generale sulla salute, ma solo riportato le contrazioni di vendite di bibite dolci, nel breve periodo, spesso sostituite da altro alimento compensativo. Per questo motivo alcuni Stati hanno iniziato ad eliminarle.
Crediamo sia indispensabile poter fornire valutazioni e proposte solo dopo un’attenta analisi basata su reali evidenze, ancor più quando i temi riguardano la salute dei cittadini.
(*) Confindustria
Note del sottoscritto :
- i problemi relativi al nostro Paese sono noti da decenni: L’Italia è il paese con la più alta percentuale di bambini sovrappeso in Europa. Nella fascia che va dai 7 agli 11 anni sono il 36% (16% in Germania, 19% in Francia, 27% in Inghilterra) Fonte: Obesity Task Force 2004
- La situazione degli USA sembra lasciare poche speranze in merito :
“…Il Paese di tutte le libertà è anche un Paese pragmatico che in passato ha saputo intervenire su problemi sociali devastanti come l’eccessiva diffusione del fumo. Col cibo niente da fare: quello industriale, con più zucchero, sale e grassi, costa meno , è ovunque e spesso ha un sapore accattivante. Chi ha proposto limiti, agevolando , invece, vegetali e prodotti freschi è stato bollato dalla destra liberista come fautore dello Stato- balia o addirittura food nazi, nazista del cibo.
L’autoregolamentazione promessa da produttori di bevande o catene di fast food ha dato scarsi risultati. Ma anche gli sforzi del Pentagono di imporre delle reclute esercizio e diete sono caduti nel vuoto: l’efficienza operativa dell’esercito soffre per l’appesantimento dei soldati (22% di obesi, si salvano solo i marines con l’8%)…”.
Sotto articolo del Corriere della Sera del 2004 a firma di Margherita De Bac.



