Contrariamente a quello che si potrebbe pensare Amazon ha copiato – nel suo modello – Alibaba. E non viceversa:
- Alibaba nasce come marketplace: non ha magazzini, sono i fornitori che consegnano direttamente ai clienti.
Alibaba fa da tramite – e percepisce delle fees.
Alla voce marketplace Wikipedia parla, giustamente, di intermediazione.
- Amazon , al contrario, ha sempre fatto il distributore diretto e-commerce.
E poi, successivamente, ha aggiunto il marketplace, (negli USA è nato nel 2000, sei anni dopo la nascita dell’azienda di Bezos).
Così è avvenuto anche in Italia, dove Amazon è approdata nel 2010 ed ha aggiunto il marketplace l’anno successivo.
Oggi questa % è sicuramente molto più alta.
Per le spiegazioni tecniche su marketplace e fornitori puoi leggere qui .
Americani, tedeschi e cinesi stanno dominando un mercato che ormai fattura 6 trilioni di $.
L’e-commerce ha reso il mondo “senza frontiere”, anche nell’alimentare dove Amazon, ad esempio, anche tramite Whole Foods, sta portando i suoi prodotti a Singapore.
Alibaba, non solo ha inventato questo sistema di vendita (il marketplace) ma sta insegnando agli americani come segmentare il settore cura e bellezza.

C’è molto da imparare dai cinesi e per questo vi propongo degli estratti di questo articolo di Alfonso Emanuele de León partner presso FA Hong Kong Consulting
Forse la risposta la troviamo guardando un mercato lontano, ma molto più avanzato rispetto ai mercati online occidentali: la Cina.
In Cina ormai il retail è Online First. L’ e-commerce rappresenta più del 60% delle vendite totali al dettaglio. Un numero mostruoso se si pensa che negli Stati Uniti la quota dell’e-commerce non arriva al 20%.
In Cina tutto il retail passa dall’Online, ma non dalle pagine web delle aziende, bensì dai marketplace: in particolare JD.com, e le due piattaforme di Alibaba Taobao (un incrocio tra Ebay e Amazon) e Tmall (come vedremo, una versione evoluta e premium di Amazon).
La battaglia commerciale vinta dai marketplace
La risposta alla prima domanda, se le piattaforme come Amazon avranno il sopravvento sui siti delle marche o dei retailers, la troviamo nell’evoluzione della ricerca delle keywords sul web. In Cina chi vuole acquistare un prodotto di largo consumo non cerca su Baidu (l’equivalente di Google) ma su Taobao e Tmall. È come se da noi si cercasse direttamente su Ebay o su Amazon e non più su Google. E se avete qualche dubbio che questa non sia la strategia di Amazon provate la sua funzione Lens_Ai: inquadrando qualsiasi oggetto con la vostra fotocamera Amazon lo troverà e ve lo proporrà!
La battaglia è vinta dai marketplace. La vera domanda è la seconda: il modello di Amazon continuerà ad essere in un certo senso antagonistico, attraverso l’uso aggressivo della leva prezzo, agli sforzi di valorizzazione dei brand?
Possibile che i prodotti di bellezza, soprattutto quelli di lusso, continuino ad essere descritti su Amazon come se fossero uno scolapasta? Possibile che la unica variabile competitiva sia il prezzo e che non ci sia uno spazio di collaborazione e valorizzazione tra il marketplace americano e le marche del lusso?
Anche in questo caso la risposta la troviamo in Cina.
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nel 2008 Alibaba lanciò Tmall: una piattaforma di alta gamma dove le marche potessero essere valorizzate attraverso delle sub-pagine che di fatto sono dei flagship store totalmente personalizzabili, con pagine verticali di storytelling, video di approfondimento e prodotti ed esperienze esclusivi. Tutte funzionalità gestite esclusivamente dal proprietario del brand, che ne determina anche il prezzo.
Il caso di Tmall
Il successo di Tmall è stato clamoroso, per tutte le aziende del beauty è diventato il primo canale di vendita in Cina, e successivamente anche le maison di moda vi si sono aperte, proprio perché si sono ritrovate in un ambiente cha porta a valorizzare anziché svalutare la marca, con in aggiunta il controllo completo della variabile prezzo.
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Da qualche anno negli Stati Uniti Amazon ha lanciato il Premium (a volte chiamato Luxury) Beauty Program, un programma che garantisce alle aziende partecipanti due importanti vantaggi: il controllo del prezzo e la rimozione quasi totale di rivenditori terzi, dando di fatto al brand controllo totale sul posizionamento della marca.
Lanciato con successo negli Stati Uniti qualche anno fa, i grandi gruppi del beauty del lusso come L’Oréal o Estée Lauder non solo non osteggiano più Amazon, ma stanno facendo un roll-out completo dei propri marchi sull’Amazon Premium Beauty Program, le cui vendite secondo Reuters, hanno raggiunto l’anno scorso solo negli Stati uniti 15 miliardi di dollari, con una crescita annuale del 20%, molto al di sopra della crescita media del 5% delle vendite online del settore.
Il programma è stato recentemente lanciato nel Regno Unito e mi aspetterei che venga successivamente esteso all’Europa continentale perché rappresenta finalmente la chiave per sbloccare la reticenza dei grandi gruppi del lusso.
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Da questo punto di vista – della user experience – la struttura del look and feel di Amazon è ancora anni luce dai mini-siti di Tmall.
I primi passi sono incoraggianti, e soprattutto se funziona nel beauty, che si posiziona a metà strada tra il largo consumo ed il lusso, questo potrebbe davvero spalancare la strada anche ad altre categorie come la moda, gli accessori ed il design, che per di più in questo momento per via della crisi dei consumi cinese sono alla ricerca di nuove modalità per raggiungere e reclutare nuovi consumatori.


