prima stesura del 12 dicembre 2015, aggiornato il 21 febbraio 2016
ma questo risultato và detto solo “tra le righe”, come vedremo in questo pezzo che fà da pendat con:
Monsanto, Exxon e l’industria delle energie fossili (carbone e petrolio).
lobbismo
[lob-bì-smo] o lobbysmo s.m.
• Azione esercitata da lobby economiche o da corporazioni su pubblici funzionari, su uomini politici, sulle istituzioni pubbliche per orientarne a proprio vantaggio le decisioni
il Sabatini Coletti , Dizionario della Lingua Italiana
La Coca- Cola , nel mondo, spende tra PR e pubblicità diretta o indiretta cifre astronomiche.
Il solo lobbismo dei parlamentari statunitensi le costa 7 milioni di $ all’anno.
E così spuntano articoli di giornale che sembrano dei publi-redazionali (= pezzi simili ad articoli ma che nella realtà vengono pubblicati a pagamento) come quello che segue…
La Repubblica del 13 luglio 2015
L’obiettivo, in Italia come in Francia, è di far capire che Coca- Cola è un’azienda locale, legata al territorio:
impiega migliaia di persone, ha un forte indotto, produce ricchezza e paga le tasse
ma Coca-Cola non può accontentarsi di promuovere questi concetti e recentemente è incappata in uno scandalo…
La scienza obesa della Coca Cola
Andrea Capocci 26.11.2015
Fonte: ISDE (International Society of Doctors for Environment), Medici per l’ambiente
Soldi a università e centri di ricerca per studi non ostili. La responsabile della divisione scientifica della società si è dimessa dopo un’inchiesta sui tentativi di influenzare studi sugli effetti della bibita
La Coca-Cola torna sotto i riflettori per uno scandalo.
Stavolta, l’accusa riguarda i legami tra la multinazionale e il mondo della ricerca, finanziato per svolgere studi favorevoli per l’immagine dell’azienda.
Travolta dagli elementi emersi in diverse inchieste giornalistiche, il direttore della divisione scientifica della Coca-Cola, Rhona Applebaum, è stata ora costretta alle dimissioni.
Secondo le inchieste condotte soprattutto dal «New York Times», la Coca-Cola ha contributo a creare e finanziare nel 2014 il «Global Energy Balance Network», una rete di studiosi sull’obesità e i problemi ad essa legati.
Il network avrebbe diffuso presso l’opinione pubblica l’idea secondo cui l’obesità epidemica nelle popolazioni occidentali non fosse dovuta all’eccessivo apporto calorico dell’alimentazione, quanto alla mancanza di attività fisica.
Lo scandalo dunque coinvolge anche diversi importanti accademici, a partire dai fondatori del «Global Energy Balance Network» Steven Blair (università del South Carolina), James Hill (Università del Colorado) e Gregory Hand (Università del West Virginia). Dopo le inchieste, iniziate nell’estate di quest’anno, le rispettive università hanno rivelato i notevoli finanziamenti ricevuti dalla Coca-Cola ancor prima di fondare il «Global Energy Balance Network». La Coca-Cola sosteneva le ricerche di Blair e Hand sin dal 2008, con quasi 4 milioni di dollari di finanziamenti. L’Università del Colorado, da parte sua, dopo le inchieste ha deciso di restituire all’azienda il milione di dollari ricevuto. Le inchieste della stampa hanno dimostrato che lo stesso sito internet del «Global Energy Balance Network» era stato registrato e amministrato dalla Coca-Cola.
L’azienda, rivela uno scambio e-mail divulgato dalla Associated Press, offriva ai ricercatori anche un programma di formazione per i rapporti con i media. In seguito all’inchiesta, lo stesso amministratore delegato della Coca Cola aveva ammesso che dal 2010 a oggi la Coca-Cola ha speso 120 milioni di euro per finanziare la ricerca nel campo dell’obesità.
I soldi dell’azienda erano arrivati anche all’«Accademia Americana di Pediatria» (3 milioni di dollari) e a quella di «Nutrizione e Dietetica» (1,7 milioni di dollari).
Dopo le rivelazioni, entrambe le associazioni hanno troncato i rapporto con la Coca-Cola.
Il tema dell’obesità è molto sentito dall’opinione pubblica statunitense e Coca-Cola e alle altre aziende produttrici di bevande gassate e dolci ne stanno facendo le spese.
Il consumo di bevande zuccherate è considerato uno dei principali fattori scatenanti dell’obesità presso i giovani, sopratutto negli Stati Uniti, e le campagne di informazione hanno pesantemente colpito le vendite di Coca-Cola. Negli Stati Uniti, il consumo di Coca-Cola e altre bevande gassate è calato di circa il 25% negli ultimi vent’anni, e da ormai un decennio la crisi riguarda anche le versioni «Diet». Anche se in Asia e America Latina le vendite continuano a crescere, i mercati occidentali forniscono tuttora oltre i due terzi dei ricavi della Coca-Cola.
Negli ultimi anni, per frenare l’introduzione di «soda tax» e altri provvedimenti legislativi volti a ridurre il consumo di calorie degli americani, la lobby statunitense del Food & Beverage finanzia i parlamentari statunitensi con circa 30 milioni di dollari l’anno. 7 di questi provengono dalla sola Coca-Cola, la più impegnata nel settore. Come raccontano le inchieste che hanno portato alle dimissioni di Applebaum, il «supporto» ai ricercatori era ancora più elevato.
I legami tra la lobby dello zucchero e la comunità scientifica non sono un’esclusiva statunitense. Nel febbraio di quest’anno, la rivista scientifica British Medical Journal aveva rivelato la rete di ricercatori inglesi che avevano ricevuto finanziamenti diretti e indiretti da aziende come Coca-Cola, Mars o Nestlé. Tra i ricercatori coinvolti dall’inchiesta figuravano diversi membri del «Scientific Advisory Committee on Nutrition» e il «Medical Research Council», due enti governativi incaricati di vigilare sulla salute e l’alimentazione della popolazione inglese.
Questi tentativi di lobbying mi ricordano episodi relativi alla battaglia della fine degli anni ’90:
in Esselunga contro Coca-Cola si vedeva come l’azienda di Atlanta avesse messo a tacere il Wall Street Journal, al quale avevo rilasciato un’intervista mai pubblicata …
Ma il suo lobbying, all’epoca, aveva riguardato anche le associazioni dei consumatori :
l’Aduc, il 1° gennaio 2001, dopo la condanna di Coca-Cola, aveva il coraggio di scrivere che..
“Per fortuna non abbiamo alcun pregiudizio nei confronti delle grandi come delle piccole aziende, ma cerchiamo di essere attenti perche’ il consumatore possa scegliere -per qualita’ e prezzo- e il mercato sia libero. Per questo, nella sentenza dell’Antitrust non capiamo dove siano le colpe della Coca-Cola, perche’ quello di cui l’azienda Usa e’ accusata, e’ cio’ che fa chiunque su qualunque mercato libero, Italia compresa. Forse non e’ cosi’ per chi offre birra?
Quel che ci preoccupa e’ che questa sentenza possa costituire un pericoloso precedente, dove il giudizio del Garante sia discrezionale non rispetto a regole precise, ma rispetto ai soggetti verso cui e’ rivolto. Il dubbio ci viene perche’ se cio’ che dice il Garante fosse la regola da applicare, salterebbero tutti gli incentivi che abitualmente vengono usati sul mercato e che, di conseguenza, sono la molla per avere prezzi piu’ concorrenziali e, alla fine, piu’ bassi per il consumatore”.
Nei pc dei dirigenti della Coca- Cola la Guardia di Finanza aveva scoperto che l’obiettivo era quello di annietare la rivale Pepsi- Cola.
L’eliminazione di un concorrente diretto poteva creare “la molla per avere prezzi più concorrenziali”?…
Quello dell’Aduc sembrava un parere di chi non conoscesse bene la situazione o fosse “molto influenzato” da Coca-Cola.
Il fiorire di scritti su riviste specializzate sembravano anch’essi “pilotati”.
Silvia Bellini su Industria e Distribuzione sosteneva che il mercato rilevante non fosse quello delle cole (*) e che l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato proteggesse la GD.
(*) se il mercato di riferimento fosse stato quello delle bevande – includendo, ad esempio, l’acqua minerale – e non delle cole , la quota di mercato di Coca- Cola sarebbe risultata molto più bassa e probabilmente non “dominante”.
Così gli replicava il “nostro” Matteo Cimenti
Ovviamente l’attività di lobbying, segnalata da Andrea Capoci, relativo agli zuccheri è molto più grave di quello riguardante lo scontro Esselunga- Coca-Cola perchè riguarda la salute dei consumatori.
Esso deriva da una situazione non rosea del colosso statunitense, v. Coca-Cola licenzia 1’800 dipendenti.
Purtroppo non si tratta di un caso isolato: Capoci segnala il finanziamento della ricerca anche da parte di Mars e Nestlè.
E Il Sole 24 ore pubblicizza corsi di “giornalismo investigativo”… anche se il giornale di Confindustria è il primo a fare lobbismo, non dando le notizie…
Se non visualizzi correttamente il messaggio clicca QUI
DATA JOURNALISM
NELL’ERA DELLA PRIVACY
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Roma, 22,23, 24 Gennaio 2016
PROGRAMMA
• Il giornalismo investigativo
• Il ruolo del giornalista nell’interpretazione dei dati
• Dalla individuazione dei dati alla realizzazione della storia giornalistica
• I vantaggi che gli open data possono portare all’economia I dataset: come si utilizzano
• La selezione e l’interpretazione dei dati
• Quali software per la “pulizia” dei dati
• Dalla ricerca sul campo alla costruzione del proprio dataset
• Come raccogliere dati da pagine web e documenti e organizzarli per l’elaborazione
• Raffinare i dati con le tecniche di scraping
• Infografica e data journalism: il trattamento grafico dell’informazione
• Introduzione alla rappresentazione grafica dei dati: le tecniche di visualizzazione per “raccontare una storia”
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Coordinamento didattico:
Adriana Anceschi
Tel.02/06 3022.3857
e-mail: adriana.anceschi@ilsole24ore.com
entro il 19/12/2015allegando questa email alla scheda di iscrizione
Sede:ROMA
Data:dal 22 gennaio 2016
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Master Part Time con Diploma
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Informazione multimediale e giornalismo politico-economico
o dandole “come gli pare”:
in questo pezzo il titolo è per l’utile che cresce mentre il pesante decremento di fatturato trimestrale si legge solo tra le righe sotto…
Coca- Cola deve essere in gran difficoltà per proporsi in abbinamento al minestrone di vedure…
foto scattata al Carrefour di Carugate
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