Redatto il 20 marzo 2022, trovate i miei commenti in fondo
I prezzi di materie prime ed energia aumentano ma nei supermercati continuano gli sconti. Come è possibile
Redazione Il Fatto Alimentare 14 Marzo 2022 Prezzi Commenti
“Quante persone si sono chieste come ha fatto una grande catena di supermercati milanese a pubblicizzare per settimane un abbassamento dei listini, quando da mesi il costo delle materie prime, dell’energia e dei trasporti continua a lievitare, e la situazione si è aggravata con l’inizio della guerra in Ucraina.
Certo alle persone interessa risparmiare e comprare dove si spende meno, ma è lecito chiedersi che quando i prezzi di una filiera alimentare aumentano e i listini sullo scaffale diminuiscono qualcuno ci perde o registra forti sofferenze. In genere sono gli anelli più deboli della filiera ad essere penalizzati.
Stiamo parlando di lavoratori agricoli dove si registra una forte presenza di immigrati, i piccoli produttori che pur di non perdere il posto sullo scaffale abbassano i prezzi, i lavoratori della logistica che essendo nella maggior parte dei casi non contrattualizzati vedono ridursi i compensi per ogni viaggio. Insomma qualcuno ci perde e questo è poco accettabile perché tutti lavorano e hanno diritto a una corretta retribuzione.
Ma al consumatore raramente viene spiegato che se il prezzo del grano duro lievita e la pasta costa di meno, c’è qualcosa che non funziona. Anche se il prezzo del grano tenero cresce del 30% in più in pochi mesi e il pane al supermercato costa meno c’è qualcuno che lavora in perdita o quanto meno non guadagna nulla. Sul fronte opposto ci sono poi i rincari gonfiati dalla speculazione che colpiscono produttori e consumatori. In questo ambito è difficile intervenire perché si tratta di manovre finanziarie senza un reale collegamento con la realtà del territorio, che dopo un certo intervallo di tempo rientrano non senza lasciare strascichi.
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Ma allora esiste un prezzo giusto? La domanda è semplice ma la risposta è complessa. Diciamo che esiste un prezzo al di sotto del quale non si deve mai scendere. Indagando si scopre sempre un motivo. A volte è la qualità è inferiore, oppure mancano i controlli o il lavoratori non sono pagati correttamente… Altre volte ci sono motivi merceologici; le uova costano meno perché provengono da galline allevate in batteria, il latte a lunga conservazione arriva dall’estero, il caffè è di una qualità non eccelsa. Quando si compra è corretto farsi delle domande sull’azienda, sul marchio, chiedersi se esiste un bilancio di sostenibilità, se i lavoratori della filiera sono pagati in modo dignitoso.
Anche il sottocosto sbandierato nelle campagne pubblicitarie è il frutto di un’illusione. Prima di tutto perché non è la catena di supermercati, ma sono le aziende che vendono merce a prezzo inferiore per fare le promozioni. Il secondo elemento da valutare è che per una o due settimane il consumatore paga di meno i prodotti offerti sottocosto, ma poi per le rimanenti 51 settimane il prezzo sarà sempre superiore (*) rispetto alle (poche) catene che non fanno promozioni e adottano una politica di prezzi fissi tutto l’anno.
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Per rendersi conto di quanto incidono le promozioni sui costi aziendali, basta ricordare la dichiarazione fatta nei giorni scorsi dal presidente di Granarolo Giampiero Calzolari.
Di fronte ai continui rincari di alcune materie prime e dei costi di trasporto ed energia, ha chiesto alle catene di supermercati di sospendere per 6 mesi tutte le iniziative di sconto e di promozione (3×2, campagne sottocosto, offerte speciali, ecc.) come è stato fatto durante il primo lockdown.

(*) vero in alcuni casi, in altri no.
Comunque le promozioni falsano il mercato.
In un contesto, poi, dove tutto aumenta, non ci saranno più punti di riferimento classici. E chiunque potrà dichiarare qualsiasi cosa, senza controlli.
Purtroppo, come ho già avuto modo di scrivere in ” Contributi ai supermercati e prezzi: chi paga veramente gli sconti e le promozioni sui prodotti?”, esiste un sistema di contributi promozionali che distorce il mercato:
le catene, che ogni anno rinnovano i contratti con i fornitori, molto spesso a causa delle loro politiche commerciali, perdono marginalità.
E chiedono soldi (contributi promozionali) ai fornitori, i quali sono obbligati ad alzare i loro listini per far fronte alle richieste e darli alla gdo. Una parte di quei contributi finisce in sconti e una parte rimane ai distributori.
Si tratta di un circolo vizioso che avevo stigmatizzato già quasi 20 anni fa.
Nulla di nuovo allora?
No, il contesto – prima con l’inflazione e il clima, poi con la guerra – è completamente mutato.

E questo “sistema” delle promozioni in gdo sta peggiorando :
“…la nuova ondata inflattiva, che sembra destinata a perdurare, sta spingendo la ripresa della pressione promozionale: nel primo semestre del 2021 ha raggiunto il 27,9%, oltre un punto percentuale in più rispetto all’anno precedente, aumentando la competizione verticale tra i gruppi della Gdo e i fornitori, che presentano margini diversi di redditività.
Personalmente credo che tutto ciò vada cambiato, anche perchè il contesto è diventato esplosivo, soprattutto per le PMI.
Sono quindi d’accordo con Granarolo : le promozioni andrebbero sospese.



