Pubblicato il 31 gennaio 2022 ed aggiornato il 5 ottobre 2022
Premessa: a marzo 2021 scrivevo che “le big tech sono sotto sotto inchiesta”:
- in Europa, negli USA e in Cina
- “Spezzatino” (*) e/o tasse potrebbero essere in arrivo per Amazon .
…
Inoltre la Commissione europea presenterà il 15 dicembre due progetti di regolamento per questi giganti il Digital Markets Act e il Digital Services Act , vedi Le Monde 8 dicembre 2020 (**), sui quali il quotidiano francese è però pessimista perchè pensa che non potranno iniziare ad incidere prima del 2023.
Molto dipenderà poi dalla nuova amministrazione Biden, che sembra meno favorevole di Obama, alle società tecnologiche.
Che comunque qualcosa stia cambiando lo si vede con le denunce ricevute recentemente da questi colossi . Erano impensabili qualche anno fa.
Ovviamente le mosse dei vari governi, in Europa e negli USA, verranno osteggiate con un lobbying “feroce” : qualche settimana fa è stato, ad esempio, scoperto un piano di Google per screditare il Commissario europeo Thierry Breton, favorevole ad uno spezzatino delle big tech (Financial Times 9 dicembre 2020) “.
(*) e non solo per il gigante di Seattle , leggi : Facebook potrebbe essere costretta a separarsi da Whatsapp ed Instagram).
(**) Vedi anche : Gafa (Google, Amazon, Facebook e Apple) sotto attacco.
A marzo 2021 c’è stato un gran cambiamento , vedi Svolta Google sulla pubblicità, stop ai tracciamenti personali.
E nel 2021 e nel 2022 ce ne sono stati tanti altri.
Elenco solo quelli che riguardano Google. La gran parte di essi fa capire chiaramente il suo strapotere :
E Repubblica del 25 gennaio 2022 fa presente che Google è stata già multata per 8 miliardi di € negli ultimi 10 anni.

In questo contesto è arrivata finalmente una notizia positiva : il Digital Services Act, annunciato nel 2021, è stato votato a larga maggioranza dal Parlamento europeo, come riporta sempre Repubblica (articolo sotto).
21/1/2022
ECONOMIA
IL DIGITAL SERVICES ACT
La Ue “sceriffo” del web Algoritmi trasparenti e multe sui contenuti
dal nostro inviato Daniele Castellani Perelli
BRUXELLES — «Tutto ciò che è vietato offline deve essere vietato anche online». Brandendo questo slogan ieri a Strasburgo il Parlamento europeo ha approvato a grandissima maggioranza il Dsa, il Digital Services Act, che intende combattere più efficacemente l’odio e la disinformazione e ogni altro reato commesso su Internet.
Sono stati 530 i voti a favore, su 688.
La proposta di legge era assai temuta da Big Tech, i colossi del web come Google, Facebook, Amazon e Microsoft, i cui lobbisti hanno tenuto 613 incontri con gli eurodeputati.
Il testo — che l’Aula ha irrobustito e sarà ora la base del trilogo, il negoziato tra Commissione, Consiglio e Parlamento — rende le piattaforme legalmente responsabili dei contenuti, rafforzando la segnalazione e la rimozione «urgente, senza indebito ritardo» di contenuti illegali come appunto i discorsi d’odio, ma anche merce contraffatta o pericolosa; dovranno anche essere più trasparenti sui loro algoritmi, quelli che raccomandano «il prossimo video», un altro prodotto da comprare o l’articolo sui social (spesso secondo un sistema che favorirebbe i contenuti estremi o polarizzanti). Nel mirino anche i dark patterns , quelle forme di manipolazione che ci spingono a dire sempre sì su siti e app, mentre saranno più protette le vittime di abusi sessuali.
Il divieto delle pubblicità mirate è passato solo per i minori e per gli appartenenti a gruppi vulnerabili, ma in generale — grande novità — non si potranno usare dati sensibili a questo scopo, e gli utenti potranno più facilmente rifiutare il consenso. Le violazioni del Dsa, infine, arriveranno fino al 6% del fatturato annuo della società punita.
Trasversale la soddisfazione dopo il voto. Le ong hanno salutato la restrizione della pratica invasiva della «pubblicità di sorveglianza». Mentre gli editori vedono luci e ombre. «È positivo che, dice l’emendamento 513, per cancellare un contenuto legale le piattaforme debbano rispettare la libertà di espressione e la libertà dei media, insomma lo decidono in ultima istanza i tribunali e non loro», spiega a Repubblica Ilias Konteas, direttore esecutivo di Emma- Enpa, l’associazione degli editori europei di giornali e periodici. «Ma è negativo che siano sorte nuove norme sulla protezione dei dati, quando c’è già il Gdpr. Se si ostacolano le pubblicità online si indebolisce l’autofinanziamento dei media ».
Tra quanti festeggiano c’è l’eurodeputata socialdemocratica danese Christel Schaldemose, relatrice del testo: «Il Dsa può diventare il nuovo gold standard nel mondo». La Commissione europea, che lo ha proposto nel dicembre 2020, ci punta molto, come dimostrano le parole pronunciate a Strasburgo dalla commissaria alla Concorrenza Margrethe Vestager, ma anche quelle del commissario per il Mercato interno Thierry Breton, che mercoledì ha parlato di «passo storico verso la fine del Far West» e ha postato un tweet in cui annunciava che «c’è un nuovo sceriffo in città, il Dsa», con tanto di immagini dal film di Sergio Leone “Il buono, il brutto, il cattivo” e la musica di Ennio Morricone.
Ci punta molto anche il presidente francese Emmanuel Macron, che vorrebbe chiudere il negoziato entro la fine del suo semestre europeo (e prima delle elezioni di primavera in patria, dove potrà vantare lo schiaffo ai giganti Usa del web).
Ma la sfida dell’Ue a Big Tech è solo all’inizio. Va dato l’ok anche alla versione finale del Digital Markets Act, che combatte le posizioni dominanti.
E qualche giorno fa Vestager ha già detto che andrà affrontata al più presto la questione posta, dal punto di vista della concorrenza, dal Metaverso di Facebook.
Mark Zuckerberg è avvertito.

Nota finale del sottoscritto:
nonostante questo passo avanti, rimango dell’avviso, come ho già scritto che:
- il lobbying di queste aziende è “smisurato”.
- le multe serviranno a poco se la global minimum tax non verrà applicata e se non si procederà, negli USA, a degli spezzatini (*) delle big tech. Le società big tech hanno le spalle molto grosse e potranno continuare ad assorbire qualsiasi tipo di ammenda, anche l’ultima, salatissima (Google: il tribunale Ue conferma condanna e multa (ridotta) da 4,1 miliardi).
Anche perchè hanno in cassa 700 miliardi di $.
Aggiungo che La fibra ottica, che è il futuro di Internet, è quasi tutta nelle mani di Amazon, Google, Meta e Microsoft
Sui big tech leggi anche Amazon batte Facebook , in difficoltà di fronte alla nuove regole UE
(*) anche se negli USA se ne parla da 5 anni, senza successo (v. Gafam (Google, Apple, Amazon, Facebook e Microsoft): lo spezzatino non sarebbe più all’ordine del giorno dell’Antitrust USA.
N.B. : Google ha poi fatto retromarcia – vedi sotto – ma, purtroppo, bisogna sempre “stare con il fucile puntato” sulle aziende big tech come sembrano dimostrare le seguenti vicende :
- Amazon sotto pressione per la mancanza di trasparenza fiscale
- Amazon sotto accusa per l’utilizzo dei dati dei fornitori di marchio privato
- UE contro Google e Facebook “patto occulto sulla pubblicità”
- California : Amazon viola le regole antitrust, mantiene i prezzi “artificialmente alti” e soffoca la concorrenza
- Arizona, multa da 85 mln a Google per irregolarità gestione dati utenti



