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Svolta Google sulla pubblicità, stop ai tracciamenti personali
Più diritti agli utenti. Il colosso Usa, che controlla oltre la metà del mercato pubblicitario digitale, rinuncerà alle tecnologie che consentono di seguire gli utenti nella navigazione individuale sul web
Luca Tremolada Marco Valsania, Il Sole 24 ore del 4 marzo 2021
Google, il re dei motori di ricerca, annuncia una svolta nel gigantesco business della pubblicità digitale: dall’anno prossimo cesserà la vendita di inserzioni basate su aggressive tecnologie di “pedinamento” sull’autostrada della rete di utenti-consumatori individuali, in particolare delle loro abitudini di browsing su molteplici siti Web. La decisione ferma sia il ricorso alle attuali tecnologie che ogni investimento della controllata di Alphabet in simili soluzioni di“tracking”, che consentono un’accurata identificazione di singoli utenti.
La scelta, grazie alla posizione di leadership di Google nella raccolta pubblicitari online, ha il potenziale di lasciare il segno, di trasformare o riformare l’universo di social media e tech. Un universo oggi sempre più scosso da polemiche e interventi – anche da parte delle autorità di regolamentazione americane ed europee – sull’eccessivo potere dei colossi di Internet e gli abusi nella privacy. Ulteriori spinte sono in arrivo: il Digital Services Act europeo intende riscrivere nei prossimi due anni i rapporti con le grandi piattaforme digitali.
Non appare, quella di Google, una mossa indolore. Il tracking spasmodico dei consumatori è diventato sempre più prezioso per le inserzioni mirate delle aziende, considerate le più efficaci. Google vanta una quota complessiva del 52% del mercato pubblicitario digitale mondiale, che l’anno scorso ha sfiorato i 300 miliardi di dollari. E al momento il 40% della spesa pubblicitaria su Internet fuori da sistemi chiusi fa ricorso a strumenti e tecnologie pubblicitarie targate Google.
Ma l’azienda ha invocato come necessaria quella che ha definito alla stregua di un’“evoluzione” nella pubblicità digitale. «Mantenere Internet libero e aperto richiede a tutti noi di fare di più per proteggere la privacy», ha affermato David Temkin, il responsabile di Product Management, Ads Privacy and Trust, nel messaggio sul blog aziendale che ha sollevato il sipario sulla decisione.
Un’evoluzione necessaria, è convinta, non solo quando in gioco è Alphabet. Di sicuro nel mirino finiscono adesso le pratiche di Facebook, l’altro leader dei digital ads globali. Il gruppo di Mark Zuckerberg, oltretutto, ha davanti a sépiù sfide. È sotto tiro per il content, per la disinformazione filtrata o amplificata dai suoi servizi sulle campagne elettorali come sui vaccini anti-coronavirus. Più in generale sull’intera elite hi-tech americana, che oggi domina ilsettore come Wall Street, sono inoltre in corso inchieste antitrust. Un clima di scetticismo che ha visto esplodere conflitti tra gli stessi protagonisti del settore: Apple ha fatto proprio della privacy, e di giri di vite contro il tracking,un cavallo di battaglia scontrandosi apertamente con Facebook.
Google, con il nuovo annuncio, cerca di rivendicare una nuova posizione e immagine d’avanguardia nella trasformazione che vede alle porte all’insegna di una maggior sensibilità e protezione per i diritti degli utenti. Avevain realtà già mosso iniziali passi in direzione del cambiamento: l’anno scorso aveva indicato che nel 2022 avrebbe cessato di utilizzare la più diffusa tra le tecnologie di tracking, i cookie di parti terze. Adesso allunga la sua corsa e rinuncia anche a sviluppare o adottare alternative che seguano gli utenti nella navigazione web consentendo di“costruire” un profilo molto più preciso.
Farà piuttosto leva su nuove tecnologie che ha contribuito a mettere a fuoco e battezzate “privacy sandbox”, o FloC,volte a permettere pubblicità mirate senza impadronirsi di controverse informazioni personali dai molteplici siti visitati. Dovrebbero essere sperimentate dai prossimi mesi: analizzano ad esempio le abitudini degli utenti sui lorogadget e consentono target di gruppo. Google è convinta di poter evitare in questo perdite negli investimenti pubblicitari. «I nostri ultimi test – scrive Temkin – mostrano un modo per eliminare efficacemente i cookie di terze parti dalle tecniche pubblicitarie, rendendo anonimi i singoli all’interno di grandi raggruppamenti di persone con interessi simili».
Google ha affermato che i test hanno dimostrato che metodi come l’aggregazione dei dati potrebbero effettivamente eliminare i cookie di terze parti dalla pubblicità online. Tuttavia, l’azienda prevede di mantenere annunci pertinenti attraverso la cosiddetta “privacy sandbox”, che a quanto pare nasconde l’individuo all’interno di grandi folle di persone con interessi comuni.



