Redatto il 17 settembre, aggiornato il 18 settembre 2022
E’ l’accusa mossa al colosso delle vendite online dalla California, che ha avviato un’azione legale contro il gigante fondato da Jeff Bezos.
Con la causa il procuratore generale del Golden State, Rob Bonta, punta a bloccare le politiche attuate da Amazon e a nominare un consulente per monitorare e controllare che il colosso delle vendite online si adegui ai requisiti.
Le autorità californiane cercano anche un ammontare non specificato di danni. “Amazon costringe i venditori ad accordi che mantengono i prezzi artificialmente alti sapendo che non possono permettersi di rifiutare. Molti prodotti che acquistiamo online potrebbero essere più economici se lasciassimo agire le forze di mercato”, afferma Bonta. Nella documentazione depositata in tribunale, il procuratore spiega che i prodotti di venditori terzi rappresentano la maggior parte delle vendite di Amazon. Ai venditori – aggiunge – è chiesto di firmare intese che li penalizzano nel caso dovessero offrire i loro prodotti a prezzi più bassi su siti rivali come Walmart o Target. Coloro che violano gli accordi rischiano la sospensione o addirittura la rimozione. Non è la prima volta che le pratiche di Amazon nei confronti dei venditori finiscono nel mirino delle autorità.
L’azione legale della California è infatti simile a quella avviata lo scorso anno dal procuratore di Washington Dc, Karl Racine. La causa è stata respinta ma Racine non intende mollare e sta cercando di rilanciarla in appello. Ma quella della Calfiornia, lo stato più popoloso d’America e quello con l’economia più grande, presenta particolari rischi per Amazon considerato che le regole dello stato determinano spesso come le aziende operano a livello nazionale.
Le cifre di Amazon dicono chiaramente che i prodotti di venditori terzi (3P Party Sellers, aderenti al marketplace) non “rappresentano le maggior parte delle vendite di Amazon” ma l’antitrust italiana potrebbe ispirarsi dalla California poichè Amazon è anche accusata di intascare i contributi dei fornitori, di non riversarli sul mercato ma usarli come “compensazioni (*)”.
Proprio come succede qui, da noi nella GDO, dove il peso di questi fondi ha da tempo superato la soglia del 16% del fatturato di alcune grandi catene, che probabilmente ne riversano solo una parte ai consumatori.
(*) in sostanza : “dai degli sconti che si suppongono maggiori a terzi? Ti chiedo soldi in più”, cosa che induce il fornitore a non fornire più il rivale.



