Amazon non solo ha capito che la gente:
1.vuole la spesa a casa
2. la vuole velocemente
3. si dimentica di aver pagato un abbonamento (parlo per Prime), non calcolandolo più nel prezzo dei beni acquistati..
3. è interessata a comprare tutto sotto lo stesso tetto : si tratta dello one stop shopping che fù di Walmart , con i supercenter, ma anche di Esselunga, con i superstore.
Non a caso ho usato il passato remoto del verbo essere poiché nessuna struttura fisica (ipermercato, supermercato etc.) può competere con il marketplace (*) di Amazon che dispone di 500 milioni di articoli
Esselunga nel 2003 ne gestiva 27’000.
I superstore della Dominick’s offrivano 60’000 articoli circa. Un ipermercato supera facilmente i 100’000 articoli che sono niente, però, in confronto ad Amazon.
(*) il termine, inventato da Alibaba , significa che una minima parte degli articoli sono venduti direttamente da Amazon e la stragrande maggioranza sono solo intermediati da Amazon (che li vende – prendendo una %- ma vengono gestiti e consegnati da terzi ) .
Ma Amazon ha anche capito che :
4. le persone munite di pc , di tablet o di smartphone si fanno tentare facilmente da sollecitazioni profilate:
hai comprato questo? Potrebbe interessarti quest’altro…
Un po’ come sembrava fare Paolo Ferrari con il fustino di Dash ( Ferrari proponeva di sostituire il fustino di Dash con due fustini ma la massaia rifiutava..) o la Galbani quando girava con i camioncini della tentata vendita.
Qualcuno, parlando del nuova invasione di campo di Amazon nel campo delle banche (recente accordo con JP Morgan) l’ha definita “mamma” dei consumatori , che vuole provvedere a tutti i loro bisogni.
A me Amazon, invece, ricorda il salumiere di una volta : se compravi qualcosa, provava a stuzzicarti con qualcosa di simile.
Peccato che la GD, nonostante l’avvento delle carte fedeltà, non sia capace di solleticare – direttamente – i consumatori come fa Amazon:
la società di Jeff Bezos ha quindi assorbito le “regole di marketing” del salumiere di una volta (o della Galbani..) ma avendo i dati sensibili dei clienti e sapendoli usare è molto più pericolosa.
Chi della GD – ad esempio – fa servizio post- vendita come Amazon?
Tra l’altro questo approccio diretto al cliente interesserebbe moltissimo al “terzo incomodo” (tra GD e consumatori), ovverosia l’industria di marca:
vi immaginate la Colgate – per dirne una a caso – che avesse la possibilità di mandare delle offerte ai clienti che usano il dentifricio Mentadent della Unilever?
Invece, a quanto ne so, l’unica arma che alcuni distributori pensano di usare è la riduzione dello spazio dei propri punti di vendita:
grandi catene che operano superstore stanno pensando di riconvertire parte degli spazi (*), in essere o già pianificati per i nuovi punti di vendita in apertura, nell’e-commerce.
Al contrario di attaccare il mercato, differenziando la propria offerta (digitalizzandola) , continuano imperterriti a proporre i soliti volantini (su prezzi più o meno bassi), trincerandosi e difendendosi, dopo aver speso cifre astronomiche per uno sviluppo senza senso.
Un po’ pochino, davanti ad Aldi, Lidl, Eurospin, gli specialisti, come Tigotà ed Amazon…
Questa analisi sembra confermata da quanto asserisce Luigi Rubinelli al CIBUS (“…Assistiamo ad una crisi dei formati da cui si salvano soltanto i discount e i negozi specializzati, posizionati sull’alto di gamma..” vedi PDF).
(*) nel superstore Esselunga di via Ripamonti, nei primi anni 2000, il non food occupava il 50% degli spazi.
Sotto: un camioncino della Galbani, a marzo 2018, ad Albiate.
In conclusione : Amazon, rispetto alla Galbani e al salumiere di una volta (e alla GD), ha dalla sua la tecnologia…
E il Corriere del 19 Marzo 2018 stigmatizza così la crisi della distribuzione tradizionale (ipermercati, superstore e supermercati).
Gli ottimi ultimi risultati di Amazon (ricavi a + 38% , fonte : Retail & Food marzo 2018)
Il corso delle azioni di Amazon e della GD americana al 21 marzo 2018 (Bloomberg) continua a salire.
Nel frattempo, grazie agli attacchi di Trump, il corso delle azioni è crollato ma Martin Sorrell, ad di WPP ricorda , in una bella intervista a Le Monde, che, negli USA, il 55% delle ricerche di prodotti passano ormai da Amazon…
Gli strali di Donald Trump contro Amazon sembrano decisamente politici e indirettamente lanciati contro il Washington Post, detenuto personalmente da Jeff Bezos come fa notare il Corriere della Sera del 1° Aprile 2018 (vedi sotto).
p.s.: il successo di Prime non sarà stoppato, secondo me, dall’incremento dell’abbonamento in Italia.
Prima stesura: 19 marzo 2018.
Grazie a Enrico Rizzi


