Il 21 dicembre 2019, Stefano Beraldo, amministratore delegato di OVS, diceva , in un’intervista “profetica”, al Corriere :
“Nel 2009 la spesa media annua di una famiglia per l’abbigliamento era di 1152 €, nel 2019 è scesa a 817, un calo di circa il 30 per cento. Poi c’è la decrescita demografica. Il mercato si è ridimensionato… Le persone sono meno interessate all’usa e getta, pretendono di sapere quanto un capo è sostenibile…”.
Questa era la situazione prima del coronavirus che è stato uno dei settori è tra i più danneggiati dalla pandemia , nei paesi occidentali e nel “Sud del mondo”:
Zara ha deciso di chiudere 1200 negozi, in Francia si parla di una perdita – a breve – di almeno 15’000 posti di lavoro e in Pakistan ne sono già stati persi 500’000.
Oltre alla disperazione nei paesi occidentali è facile prevedere nuove, forti, ondate migratorie.
L’analisi francese (*) – nel paese il 12% dei locali commerciali è vuoto – è molto interessante :
” la distribuzione francese deve pagare pegno per i troppi metri quadrati e recuperare il suo ritardo nell’ e-commerce”
(*) Le Monde dell’11 giugno 2020, Habillement l’angoisse de 15’000 salariés, non disponibile on-line.
Il fatturato e-commerce di Zara , da quanto ne sappiamo (dati PWC), pesa il 14% sul totale vendite. L’obiettivo di Zara è di raggiungere il 25% a breve.
E Brooks Brothers ha chiesto di accedere al chapter 11, la bancarotta americana
Articolo pubblicato il 12 giugno e aggiornato l’8 luglio 2020.



