Articolo aggiornato il 31 ottobre 2021
Ferrero “gioca in difesa”, subendo – ad esempio, la certificazione dell’olio di palma, ma potrebbe, invece, varare una propria politica, più “d’attacco”.
Per essere ancora più chiari la deforestazione in Asia va avanti almeno dal 2000 ma Ferrero ha adottato la certificazione dell’olio di palma nel 2015.
E comunque una visione solo sull’Italia non basta più, visto che Ferrero è una multinazionale… “
Questo è semplicemente il seguito, focalizzato sull’ Italia, delle vicende descritte in quell’articolo.
Nocciole: Ferrero vuole ampliare la produzione italiana, ma non tutti sono d’accordo
di Francesca Faccini – Il Fatto Alimentare, 13 settembre 2021
È il 2018 quando la multinazionale italiana Ferrero lancia il “Progetto nocciola Italia”, un piano agroindustriale che prevede un aumento entro il 2025 di 20 mila ettari di nuove piantagioni di noccioleto da aggiungere agli oltre 70 mila ettari già presenti con l’obiettivo di utilizzare una produzione corilicola 100% italiana. Con questo programma, l’azienda vuole ridurre la quota acquistata all’estero e accorciare la catena di approvvigionamento. Questa scelta è stata fatta anche se l’Italia è il secondo produttore di nocciole al mondo, dopo la Turchia che registra una quantità pari a 710 mila tonnellate, a fronte delle 165 mila italiane.
Il progetto promosso da Ferrero Hazelnut Company, la divisione interna del Gruppo Ferrero interamente dedicata alla nocciola, è rivolto sia ai grandi produttori singoli sia ad associazioni di coltivatori. Per accedere al contratto, è necessario avere a disposizione un target iniziale di 100 ettari che, per essere remunerativi, devono arrivare ad almeno 500 in cinque anni. Del prodotto ottenuto, Ferrero si impegna ad acquistare sino al 2037 il 75% del raccolto, il cui prezzo è calcolato in base alla media tra il listino italiano e quello turco, più una serie di bonus che dipendono dall’adattabilità, produttività, pelabilità, rotondità e fragranza delle nocciole. Qualora il mercato non andasse bene a causa della contrazione del mercato turco, Ferrero garantisce un prezzo minimo di acquisto pari a 1,94 €/kg (a fronte di una media di € 2,5). Per evitare eventuali “salti nel buio”, l’azienda dichiara di mettere a disposizione le proprie competenze, oltre ad assicurare la già citata garanzia d’acquisto, gli strumenti tecnologici per la gestione delle piantagioni e un’attività di consulenza e assistenza tecnica con l’istituzione di seminari di formazione per la corretta gestione.

Seppur le condizioni dettate da Ferrero possano sembrare particolarmente favorevoli, è necessario tenere conto di due fattori importanti. Il primo riguarda il fatto che i noccioleti ci impiegano cinque anni per dare i primi frutti e per questo motivo l’accesso al progetto è previsto attraverso un prestito bancario che funzioni da pre ammortamento. Chi desidera aderire, deve dunque chiedere soldi in prestito da restituire solo dopo la prima raccolta. Il secondo punto affronta la questione legata alla messa a rischio della biodiversità del territorio e della salute delle persone legate all’avanzare della coltivazione esclusiva della nocciola – così come qualsiasi altro tipo di monocoltura. Un’eco importante rispetto a quest’ultima questione è stata data dalla regista Alice Rohrwacher che, insieme all’artista francese JR, ha diretto Omelia contadina.
Il cortometraggio, presentato alla Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia nel 2020, mette in scena le preoccupazioni rispetto alla distruzione del paesaggio agrario dell’altopiano dell’Alfina, violato dal proliferare di monocolture intensive. Il territorio dell’altopiano dell’Alfina si estende sul confine tra Umbria, Lazio e Toscana, in particolare si trova a nord di Viterbo (nella Tuscia viterbese), dopo il Lago di Bolsena, nella cui provincia si producono 45 mila tonnellate annue di nocciole. Dal 2018 l’area della Tuscia ha visto sorgere diversi campi legati al “Progetto nocciola Italia”, uno sviluppo, quest’ultimo, osteggiato da diverse realtà tra cui l’Osservatorio Ambientale del Lago di Bolsena e l’Isde, l’Associazione Italiana Medici per l’Ambiente.
Ormai da tempo, l’Osservatorio manifesta una certa preoccupazione sul fatto che il Lago di Bolsena rischia di fare la fine di quello di Vico. Situato nel Viterbese, il Lago di Vico ha visto alterare il suo equilibrio a causa dell’eccessiva quantità di sostanze nutrienti utilizzate per concimare i terreni destinati ad agricoltura intensiva che si estendono nelle vicinanze. I fosfati e gli azotati che hanno raggiunto le acque del lago hanno innescato un fenomeno di eutrofizzazione: l’arricchimento del bacino idrico in sali nutritivi ha fatto sì che l’alga rossa si sviluppasse a dismisura riducendo l’ossigeno e dando luogo alla produzione di microcistine tossiche e cancerogene. L’acqua del lago – la cui qualità è inevitabilmente peggiorata – è quella utilizzata per irrigare i noccioleti limitrofi: in questo modo le nocciole rischiano di avere al loro interno la presenza di questa microcistina tossica.
Come spiegato da Antonella Litta dell’Isde al convegno “I Noccioli del problema” che ha avuto luogo a Orvieto nel 2019, l’esperienza del Lago di Vico è il frutto amaro dell’agricoltura intensiva, cioè quel tipo di agricoltura che trasforma la natura in una macchina produttrice. Nel rapporto 2020 “I tumori in provincia di Viterbo”, l’Isde Viterbo, davanti ai numeri particolarmente elevati di diagnosi oncologiche, ritiene necessaria una forte azione di prevenzione che non coincide solo con la diagnosi precoce, ma comprende la riduzione di tutte le fonti di esposizione a inquinanti ambientali tra cui “l’esposizione delle persone, in particolare dei bambini e delle donne in gravidanza ai pesticidi anche con interventi di contrasto all’espansione della monocoltura della nocciola e di altre monocolture estese”.
Oltre alle terre del Centro Italia, Ferrero punta anche al Sud per valorizzare la filiera corilicola. A giugno di quest’anno, è stato approvato uno schema di intesa tra il colosso di Alba e la Campania, quinta regione in Italia nella produzione di nocciole. Tale collaborazione suscita però nel Wwf alcune preoccupazioni connesse alla politica della multinazionale volta alla promozione della monocoltura con metodi di produzione industriale. Il timore è di assistere a una radicale trasformazione del paesaggio e a un impoverimento della biodiversità così come accaduto nella Tuscia.
Conclusione: nessuno è “contro” Ferrero . Anzi. Ma credo che chi dice “ti amo Italia” debba dimostrarlo con i fatti.
Inquini (e i mezzi non ti mancano)?
Cerca di rendere sostenibili le aree dove operi.
Sennò fai solo greenwashing (il “bla,bla,bla” di Greta).
In proposito leggi :



