SCANDALO
Documenti trafugati rivelano: una lobby vuole alterare il Rapporto sul clima per Cop26
di Luca Zanini21 ott 2021
Un tempo si trafugavano segreti militari, oggi la merce di scambio più preziosa sono i dati sui cambiamenti climatici. Tanto che le rivelazioni appena diffuse dal sito della Bbc e da alcuni quotidiani britannici promettono di scuotere il mondo della diplomazia e della ricerca scientifica che si prepara al summit Cop26 di Glasgow, al via il prossimo 31 ottobre. Secondo una serie di documenti trasmessi alla Bbc da Greenpeace Uk e quindi svelati dal sito della televisione britannica, un gruppo di Paesi starebbe cercando di alterare il Report più cruciale del secolo: quello sui cambiamenti climatici che orienterà le nazioni riunite in Scozia per decidere i provvedimenti chiave della lotta al surriscaldamento globale. Di questa “lobby” che potrebbe sabotare il vertice mondiale sul clima farebbero parte in primo luogo Arabia Saudita, Giappone e Australia, tre fra i Paesi che con maggior insistenza chiedono all’Onu di minimizzare la necessità di allontanarsi rapidamente dai combustibili fossili.
Svelati ben 32 mila documenti che potrebbero alterare la seconda parte del VI Report dell’Ipcc, il panel intergovernativo delle Nazioni Unite sul climate change . Tra i Paesi che spingono per cambiare il dossier ed evitare misure drastiche figurano Arabia Saudita, Giappone (*) e Australia.
(*) il Giappone è nella “top ten” dei paesi che inquinano di più al mondo.
Si tratta di un’ingente mole di documenti trapelati: oltre 32.000 osservazioni presentate da governi, aziende e altre parti interessate al team di scienziati che compilano il Rapporto delle Nazioni Unite che dovrebbe analizzare gli studi di tutto il mondo e fornire orientamenti e prove scientifiche su come affrontare i cambiamenti climatici.
IL COMMENTO
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Il nuovo «leaks» del clima sottolinea anche come alcune nazioni ricche stiano mettendo in dubbio l’orientamento secondo cui dovrebbero contribuire economicamente allo sviluppo di tecnologie verdi negli stati più poveri per co-finanziarne la transizione ecologica. Ed è una conferma di quali siano i Paesi più retrogradi sul tema dei cambiamenti climatici (in primis Arabia Saudita, Giappone e Australia), con l’aggravante, spiega un articolo su The Guardian, che un terzo delle nazioni del Pacifico (quelli che spingono di più per non fermare l’uso di carbone ed altre fonti energetiche climalteranti) non sarà presente a Glasgow: una serie di assenze annunciate che prefigurano un fallimento del summit Cop26, non bastassero le azioni di lobbying dei Paesi produttori di petrolio e carbone, e di quelli che controllano il mercato mondiale delle carni da allevamenti industriali.
CLIMA
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Le bugie dei governi anti-stretta
La fuga di notizie mostra l’esistenza di un vero e proprio blocco di Paesi e organizzazioni (una lobby) che sostengono come il mondo non abbia bisogno di ridurre l’uso di combustibili fossili così rapidamente come raccomanda l’attuale bozza del rapporto. Un consigliere del ministero del Petrolio saudita chiede che «frasi come ‘la necessità di azioni di mitigazione urgenti e accelerate su tutte le scale…’ dovrebbero essere eliminate dal rapporto». I commenti dei governi anti-stretta — quelli contrari all’adozione di provvedimenti severi per tagliare le emissioni — letti dagli esperti della BBC sarebbero «progettati in modo schiacciante per migliorare la qualità del rapporto finale» e negare la necessità di interventi drastici di mitigazione dell’inquinamento atmosferico. E poiché il rapporto finale dell’Ipcc verrà utilizzato dai governi a Glasgow per decidere quali azioni saranno necessarie per affrontare i cambiamenti climatici, ecco che il «leak» dei 32 mila documenti rivela un quadro desolante.
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Sotto attacco il VI dossier Onu
Sotto attacco, in sostanza, ci sarebbero i rapporti scientifici — a rischio di essere alterati da false comunicazioni degli Stati renitenti ad adottare nuove politiche energetiche per la lotta al climate change — che dovrebbero orientare l’Ipccc (Intergovernmental Panel on Climate Change), l’organismo delle Nazioni Unite incaricato di fornire i report scientifici alla base delle raccomandazioni Onu. La seconda parte del VI rapporto dovrebbe essere presentata proprio al vertice di Glasgow a sostegno della richiesta – a tutti gli Stati partecipanti – di assumere nuovi, significativi impegni per rallentare il cambiamento climatico e mantenere l’aumento del riscaldamento globale entro gli 1,5 gradi. Con quelle pagine dovrebbe arrivare la sentenza più preoccupante per i Paesi industrializzati: «Non basta tagliare le emissioni di CO2. Occorre ridurre anche quelle di gas metano».
SCENARI
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Le raccomandazioni di 743 scienziati
Già nell’agosto scorso, in occasione della pubblicazione della prima parte del VI Rapporto Ipcc sul cambiamento climatico, indiscrezioni trapelate sul web e diffuse dall’agenzia France Presse avevano rivelato quanto sia vicino il «punto di non ritorno»: l’impatto dei cambiamenti climatici in atto rimodellerà radicalmente la vita degli uomini sul Pianeta nei prossimi decenni, questo anche se i Paesi che partecipano a Cop26 dovessero riuscire a tenere parzialmente sotto controllo le emissioni di gas serra. Quel che si è visto tra il 2019 e il 2021 — tifoni di potenza inaudita, rialzi delle temperature ai Poli, alluvioni di tipo monsonico anche nei Paesi temperati, incendi devastanti dagli Usa al Brasile, dal Canada alla Siberia, passando per l’Europa, dalla Cina all’Australia — è un aumento degli eventi meteorologici estremi. E nella seconda parte che arriverà ai partecipanti a Cop26, l’Ipcc potrebbe fornire una nuova «ricetta»: il taglio delle emissioni di metano, nuovo nemico (e non solo quello rilasciato dagli allevamenti intensivi di bestiame) più pericoloso e insidioso del carbone (il cui abbandono è pure fra gli obiettivi che Cop26 dovrà riconfermare). Tuttavia, si scopre ora, sulle nuove conclusioni di 743 scienziati che hanno passato al vaglio 174 mila studi specifici potrebbero pesare dati alterati e analisi influenzate dalla lobby anti cambiamento.