Questo articolo è il seguito approfondito della notizia (fonte : CNN) che avevo riportato recentemente sul pollo e sui gamberi “al coronavirus” importati in Cina dal Brasile e dall’Ecuador .
Nelle ultime settimane si sono moltiplicati i servizi mediatici sulla “positività” di diversi alimenti al Covid-19. Sul reale rischio di infettarsi consumando alimenti “positivi” o, indirettamente, dopo avere toccato le loro confezioni, riporto le rassicurazioni più autorevoli condivise con SIAL Veneto e la Società di Medicina Veterinaria Preventiva .
In estrema sintesi dalla OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) all’EFSA (Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare) tutti i maggiori enti di riferimento istituzionale e internazionale hanno pubblicato delle note nelle quali si sostiene che non vi sono studi scientifici che confermino la trasmissione del Covid-19 tramite il consumo di cibi o la manipolazione delle loro confezioni.
Riporto di seguito una sintesi delle principali motivazioni scientifiche a quanto suddetto. Gli alimenti, anche se freschi, sono costituiti da cellule “morte” e dunque i virus non sono più in grado di mantenersi in vita e diffondersi nell’ambiente.
A questo dobbiamo aggiungere che i virus respiratori, come il Covid-19, infettano in modo selettivo le cellule del sistema respiratorio e dunque il problema di una possibile contaminazione, potrebbe venire non tanto dall’ingestione di alimenti contaminati quanto per il contatto con le mani di mucose (occhi, naso, bocca) dopo aver toccato superfici o alimenti contaminati.
Infatti questo virus si trasmette mediante droplet (goccioline) da persona a persona per contatto diretto e indiretto.
Dunque l’alimento e il suo contenitore non è da considerarsi come fonte primaria di contaminazione bensì secondaria e lo si deve considerare più come un vettore passivo, amorfo, come una qualsiasi superficie di contatto sulla quale il virus potrebbe aderire una volta contaminato con goccioline respiratorie da parte dell’operatore.
Quindi anche per il coronavirus non è opportuno parlare di rischio zero quanto di analisi del rischio e soprattutto di prevenzione del rischio per la quale il consumatore deve seguire le raccomandazioni precauzionali dell’OMS tra le quali lavarsi le mani, cucinare possibilmente gli alimenti ed evitare potenziali contaminazioni crociate tra cibi cotti e non.
Valentina Tepedino.
Valeria Tepedino è Medico Veterinario, specializzata in prodotti ittici. Direttore del periodico Eurofishmarket, referente nazionale della SIMeVeP per il settore ittico e cocente a contratto presso l’Università di Medicina Veterinaria di Bologna.
Questo articolo riporta un estratto delle pubblicazioni del Blog “Informare per non abboccare”.
In questo articolo della Fondazione Guido Venosta sulle zoonosi si capisce perchè la medicina veterinaria sia competente sul coronavirus.
Ilaria Capua ,ad esempio, si è laureata cum laude in medicina veterinaria all’Università di Perugia nel 1989 e nel 1991 ha conseguito la specializzazione all’Università di Pisa in Igiene e Sanità Animale. In seguito, ha ottenuto un dottorato di ricerca dall’Università di Padova



