Bella questa analisi di Wired su Eataly.
Interessanti gli spunti sulla gestione del personale: di fatto Eataly gestisce il suo come se fosse solo appartenente al mondo della ristorazione…
Un pò come se i rifornitori, gli operai, le cassiere di Esselunga avessero lo stesso contratto dei baristi dei bar Atlantic della stessa Esselunga!
Non è così.
E il contratto “turismo” (ristorazione) è meno oneroso di quello della GD.
Al di là di queste problematiche bisogna aggiungere che l’analisi che avevo effettuato nel 2016, citata da Wired, è decisamente superata:
Nel frattempo Eataly non ha inserito i “big” dell’Industria di marca sui suoi scaffali. I vari Ferrero, Coca-Cola, Barilla, Unilever, etc mancano.
Eataly rimane un ibrido, che non ha avuto successo in Giappone e che fa fatica anche in Italia, paese sul quale non avrei mai puntato per due ragioni molto semplici:
- gli italiani , in generale, credono di essere dei grandi intenditori di cibo ma di fatto ci capiscono molto poco e , ad esempio, fanno molta fatica a distinguere una pasta comprata al supermercato e una Felicetti, venduta da Eataly a caro prezzo.
- il cibo buono, soprattutto nel Sud dell’Italia, costa pochissimo, anche a causa della produzione diretta (agricoltura + orti)
Sotto alcuni scatti desolanti del negozio barese di Eataly, con la sua libreria Coop, anch’essa vuota
Interessante per il sottoscritto, che è stato l’anima eco – sostenibile di Esselunga, il progetto Greenpea di Oscar Farinetti, imprenditore che ammiro per quanto ha fatto per la diffusione del cibo italiano all’estero.
Grazie a Marco Gualtieri e Giò Bertolini.
Immagine sotto: header del bilancio sociale 2003 ( I_valori_nei_fatti_3 ) di Esselunga, prima azienda privata della GD a vararlo.


