Redatto il 6 aprile, aggiornato il 29 aprile 2024
Dell’inflazione si sa dal 2020.
E dal 2021, nella zona euro, i prezzi sono saliti almeno del 15%.
Ricordo che negli USA la distribuzione aveva iniziato ad affrontare il tema degli adeguamenti degli stipendi, anche a causa della mancanza di manodopera, durante il Covid- 19.
In Europa nessuno, di fronte problema prevedibile, ha giocato d’anticipo. Si è perso tempo e, in alcuni casi, ci si è infilati in un vicolo cieco, mentre i salari scendevano e i profitti delle imprese salivano (questa versione dei fatti è stata confermata dalla BCE ad aprile 2024).
In questo contesto la posizione di Federdistribuzione è ormai diventato un caso : di fronte ai tentennamenti nel rinnovo dei contratti e ad uno sciopero, più o meno ben riuscito dei lavoratori delle aziende aderenti, Lidl è uscita dall’associazione, sbattendo rumorosamente la porta.
Il caso più clamoroso riguarda però, secondo me, Auchan in Francia: a fine marzo la forza lavoro del gruppo ha, per la prima volta nella storia del gruppo, scioperato.
L’adesione è stata stimata in “almeno” 3’000 lavoratori. Fino a 5’000 su 59’000 dipendenti di Auchan Francia.
Non entro nel merito delle rivendicazioni, in Italia e in Francia.
E infatti un lavoratore di Auchan Francia ha detto: “ma non potrebbero investire – anche – sugli uomini e le donne che hanno reso ricca questa azienda?“.
Ovviamente chi ha letto “Le ossa dei Caprotti” sa come la penso sulla gestione risorse umane: il mio pensiero coincide con quello espresso dal collaboratore di Auchan.
Si tratta però, andando oltre al proprio sentire e al proprio approccio, di saper anticipare e provare a risolvere le questioni ex ante (prima).
Dopo potrebbe essere troppo tardi : Auchan ha avuto il “merito”, di unire – per la prima volta nella storia dell’insegna – i sindacati francesi ( CFTC, FO, CGT e CFDT) in queste azioni rivendicative.
Conclusione: in tutta questa – brutta – storia , per parlare solo del mondo Federdistribuzione e “affini” (no Coop, no Francia), gli unici vincitori sembrano essere i dipendenti di Lidl, nonchè di Confcommercio, nonchè le imprese coinvolte, dove si è già rinnovato il contratto (è giusto segnalare che il 23 aprile, dopo quattro anni, l’accordo è sttao finalmente rinnovato).
Infatti dei collaboratori sereni lavorano meglio, a vantaggio delle aziende.

Credo inoltre che la differenza fondamentale tra USA ed Europa, nell’approccio alla questione, stia in parte nel fatto che negli Stati Uniti si guardi tutto sempre dal punto di vista del consumatore :
i lavoratori, se ben retribuiti, acquistano di più, sostenendo le imprese.
Approfondendo, se si guarda il peso dei consumi sul PIL, si capisce l’approccio pragmatico dei paesi anglosassoni:
Stati Uniti | 69% |
Regno Unito | 59% |
Canada | 56% |
Il peso dei consumi sul PIL è molto più basso in Europa, anche se l’Italia si avvicina almeno alla Gran Bretagna e addirittura supera il Canada:
Eurozona | 52% |
Germania | 52% |
Italia | 58% |
Francia | 51% |
fonte: Bloomberg
Negli USA, ma anche in Canada e in Gran Bretagna, i dipendenti sono una risorsa interna ma anche economica. Non solo un costo.
Nelson Rockefeller la pensava già così, quasi un secolo fa.
Anche alla luce dell’ennesimo caso di frodi fiscali (Carrefour: manodopera proveninte da coop o società con “diffusa irregolatità fiscale”) Federdistribuzione dovrebbe approcciare la questione in questo modo, secondo me.
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Una mossa decisamente poco astuta, al’opposto dell’impostazione anglosassone descritta sopra.

La visione americana si concretizza qui sotto:
“Ci siamo impegnati a investire 1 miliardo di dollari in formazione e sviluppo orientati alla carriera entro il 2026. E per aiutarci a raggiungere rapidamente i nostri obiettivi, abbiamo più che raddoppiato il numero di certificati di competenze pagati attraverso il nostro benefit educativo Live Better U”, ha condiviso McMillon nella lettera. “Vogliamo fare di più che creare posti di lavoro. Vogliamo favorire le carriere e contribuire a creare ricchezza“.



