Redatto il 20 gennaio, aggiornato il 12 maggio 2024
LE OSSA DEI LAVORATORI E DELLE LAVORATRICI DEI CAPROTTI, L’ALTRA STORIA ITALIANA
«Fino a quando i leoni non avranno i propri storici, i racconti di caccia glorificheranno sempre il cacciatore» (proverbio africano)
Le ossa dei Caprotti, una storia italiana, Feltrinelli.
Un libro ben scritto, ricco di documentazione a supporto, pieno di avventure e colpi di scena, con un obiettivo dichiarato in quarta di copertina: il racconto della famiglia che ha rivoluzionato per sempre le abitudini degli italiani.
Ma che prova in maniera esplicita anche ad offrire un racconto verità sulla sofferta esperienza dell’autore che intende costruire una propria riabilitazione. E’ Giuseppe Caprotti, figlio di Bernardo, fondatore (ma questo ruolo viene nel libro assai ridimensionato) proprietario, presidente di Esselunga. Giuseppe è stato escluso dopo 20 anni di lavoro dall’azienda di famiglia per esplicita volontà del padre padrone.
La narrazione esplora il lungo conflitto e così Esselunga diviene il protagonista del libro, quale oggetto dell’amore conteso tra i due antagonisti in una rivalità che non conosce soste fino alla morte di Bernardo.
Il punto di vista è naturalmente quello dell’imprenditore che racconta i risultati aziendali di un’impresa di successo.
E’ un punto di vista parziale. Avrebbe potuto esprimersi anche con il completamento di altri sguardi?
Avrebbe potuto raccontare il prezzo pagato dai lavoratori in tutti questi anni di grandi risultati?
Talora emerge nel libro anche questo punto di vista.
«Spesso ricevo lettere dai dipendenti che descrivono trattamenti non proprio edificanti. Alcuni trovano il coraggio di parlarne anche a voce, quando vado a visitare i supermercati. Negli anni finirà sui giornali un solo episodio sul diritto alla pipì negato ad una cassiera, che poi ritratterà, ma tutti quelli che vivono giorno e notte in Esselunga sanno che gli episodi sono tanti e che questo è il rovescio della medaglia dell’impostazione paramilitare dell’azienda» (Le ossa…p. 155).
E’ ciò che viene indicato con chiarezza come un punto di forza di Esselunga: «l’impostazione tecnica e gestionale: i dipendenti devono osservare una disciplina da Marines [sic! n.d.r.] e il costo del personale dev’essere contenuto» (Le ossa…pag. 132).
Nella bibliografia finale, Giuseppe Caprotti non inserisce un libro ricerca del 2002: L’azienda totale, Sensibili alle foglie.
E’ un libro di testimonianze di lavoratori e lavoratrici, dei loro percorsi di resistenza e dolore, tutti dipendenti di Esselunga, anche se il curatore preferisce la dizione “azienda immaginaria” per dar vita alla narrazione di un modello paradigmatico adattabile anche ad altre imprese della grande distribuzione.
«La profonda dicotomia che ho avvertito come lavoratore e cliente è stupefacente. L’azienda in questione si dichiara la prima per freschezza dei prodotti, qualità e assortimento e convenienza, ma le persone che ci lavorano sono asservite ad una logica di profitto che volentieri calpesta non solo i diritti dei lavoratori ma anche la loro dignità di persone. Cinicamente mi vien da dire che essendo ognuno responsabile del proprio destino, è anche giusto che chi decide di restarci a lavorare venga vessato. In realtà così trascuro di pensare a quanti drammi umani si siano consumati e si consumino, anche ora che sto scrivendo, tra le asettiche mura dei suoi negozi. Ma tant’è, non sempre si ha la possibilità di scegliere o la capacità di filtrare la realtà che si vive con strumenti di analisi obiettivi: io stesso sono stato colto più volte dal dubbio, nella mia poliedrica vita lavorativa, che l’alieno fossi io in un mondo di sani, quando molto più spesso ero forse l’unico sano in un mondo di alienati. That’s all» (Azienda…pag. 46).
Il dispositivo totalizzante prefigura relazioni lavorative di controllo autoritario e assoluto e non riconosce al controllato alcun potere istituente.
Nell’azienda totale la dinamica è strutturale, l’ostentazione di onnipotenza (“o sei disponibile o ti facciamo fuori”) rafforza il mito dell’invincibilità.
E trova il suo alimento in un sentimento indotto che Giuseppe Caprotti riferisce ad un certo punto con chiarezza: «una volta ci viene a trovare in azienda Alfredo Ambrosetti, uno dei più noti consulenti di impresa in Italia. Mentre siamo in mensa con altri colleghi, chiede a Bernardo cosa spinge i dipendenti a lavorare. Lui risponde: “la paura”» (Le ossa…pag. 200).
L’azienda totale ha un nemico dichiarato: il sindacato.
«Esselunga ha prefigurato un modello di rapporti di lavoro in azienda, formalmente corretto, ma nella sostanza antisindacale, ai limiti dell’incostituzionalità, odioso e arrogante coi più deboli che va decisamente combattuto, con tutti i mezzi leciti a tutti i livelli, non solo per riaffermare i diritti previsti in un paese democratico qual è, nonostante tutto, il nostro, che non si ferma, come avveniva prima degli anni settanta, ai cancelli delle aziende, ma anche per riaffermare il concetto di carattere universale di rispetto per le persone» (Azienda… pag. 9).
Giuseppe Caprotti omette di dare un giudizio di valore a quanto dichiarato dal padre in un momento di conflitto: nel corso di una discussione su uno studio Esselunga dal 1987 al 2002, Bernardo Caprotti contesta lo scritto così: «non sono valorizzati a sufficienza i risultati che aveva ottenuto lui e in particolare la lotta condotta contro i sindacati tra il 1987 e il 1993, che aveva consentito di far fuori 954 [sic! n.d.r.] di quelli che definisce “mambrucchi”, ovvero dipendenti più sindacalizzati o sindacalisti veri e propri» (Le ossa …., pag. 256).
Neppure vengono riconosciuti come persone, per loro c’è un nomignolo degradante…
Certo amaro e foriero di grandi sofferenze il destino del figlio cacciato, umiliato, perseguitato e fatto oggetto di stalking durante le lunghe vicende giudiziarie seguite all’allontanamento.
Ma certi silenzi tra perdenti pesano e alla fine distruggono.
«Quando vennero per gli ebrei e i neri, distolsi gli occhi
Quando vennero per gli scrittori e i pensatori e i radicali e i dimostranti, distolsi gli occhi
Quando vennero per gli omosessuali, per le minoranze, gli utopisti, i ballerini, distolsi gli occhi
E poi quando vennero per me mi voltai e mi guardai intorno, non era rimasto più nessuno…» (Hue and Cry).
Giuseppe Caprotti, Le ossa dei Caprotti. Una storia italiana, Feltrinelli ottobre 2023
(a cura di Renato Curcio), L’azienda totale. Dispositivi totalizzanti e risorse di sopravvivenza nelle grandi aziende della distribuzione, Sensibili alle foglie giugno 2002
l’ultima frase è ambigua : di questa pseudo recensione si è occupato Gabriele Arosio o Renato Curcio, tra i fondatori – mai dissociatosi – delle Brigate Rosse?
N.B: ieri [ 1° marzo 2024 ] la procura di Torino ha indagato Renato Curcio e altri tre brigatisti rossi per lo scontro a fuoco del 4 giugno 1975 in cui persero la vita l’appuntato Giovanni D’Alfonso e la terrorista Mara Cagol “su uno degli episodi che insanguinarono l’Italia negli anni di piombo: lo scontro a fuoco del 1975 alla Cascina Spiotta, nell’Alessandrino… Il conflitto a fuoco, con bombe a mano e mitra avvenne davanti allla cascina in cui era tenuto in ostaggio Vittorio Vallarino Gancia, il re dello spumante: un sequestro per la prima volta senza fine politico ma per autofinanziarsi”(Repubblica 2 marzo 2024).
Secondo l’inchiesta di Sergio Zavoli La notte della Repubblica, dal 1974 (anno dei primi omicidi ad esse attribuiti) al 1988 le Brigate Rosse hanno rivendicato 86 omicidi : la maggior parte delle vittime era composta da agenti di polizia e carabinieri, magistrati e uomini politici. A questi vanno aggiunti i ferimenti, i sequestri di persona e le rapine compiute per «finanziare» l’organizzazione…
Interessante anche il ritratto della brigatista Barbara Balzerani, appena mancata, che aveva riletto “il suo passato armato e insanguinato, ma senza mai rinnegarlo”.
In sostanza , tornando al giudizio sul mio libro, secondo il “recensore” [Gabriele Arosio]:
- avrei dovuto occuparmi – nel testo del mio libro – dei lavoratori, anche se il mio è un romanzo familiare. Non un libro di economia o di politica.
- avrei dovuto citare il testo di Renato Curcio (probabilmente per il motivo precedente).
- sarei un “perdente” che tace sulle questioni sindacali nonchè sugli ultimi, i neri, gli omossessuali, etc.
Le mie constatazioni in merito sono :
Arosio non se ne cura. E questo, da parte di un “uomo di Chiesa” – Arosio è pastore della chiesa evangelica battista di Bollate – , mi stupisce.
Personalmente mi sono sono occupato delle vicende relative ai lavoratori di Conad, di Coop , di Carrefour o di Esselunga. Poi ho anche parlato di diritti LGBTQIA+.
Ho provato a vedere se su “Stati Generali” o se su altre testate “di sinistra”, che nel passato mi hanno preso di mira, ci fossero articoli riguardanti i lavoratori.
Non ne ho trovati.
Chi conosce, un pò meglio di Arosio, la mia storia sa che il mio approccio alla gestione dei collaboratori era completamente diverso da quello di mio padre.
Nel libro ciò è spiegato molto bene ed è esemplificato dallo schema che trovate sotto che illustra il cambiamento del clima aziendale durante la mia gestione.
Questa differenza di approccio tra me e mio padre nella gestione del personale fù una delle tante ragioni che portarono alla mia estromissione da Esselunga.
Conclusione:
1) perchè , invece di stilare recensioni strumentali e “storielle” sul mio libro non dite e non fate “qualcosa di sinistra”, parlando almeno delle situazioni che riguardano i lavoratori della distribuzione, dell’agricoltura o dell’industria?
Il titolo di questo articolo poteva far riferimento solo all’estrema sinistra ma vi ho lasciato appositamente la parola “sinistra”. Perchè la Magneti Marelli, ad esempio, sta licenziando e pochissimi se ne occupano. O anche perchè la totale assenza di una presa di posizione da parte della sinistra nell’agghiacciante “vicenda Conad” è stata vergognosa: 3000 persone licenziate e nessuno ha detto una parola.
Per completare il quadro leggi anche: Il caso Magneti Marelli è un cortocircuito per la sinistra, i suoi giornali e mr Stellantis.
I miei ricordi sulla BR, gli espropri proletari, i rapimenti e le rapine, li trovate, oltre che nel mio libro, anche qui su questo sito.
Inoltre, su Repubblica del 6 marzo 2024, Stefano Cappellini ritorna sulla polemica innescata da Donatella Di Cesare [ “La tua rivoluzione è stata anche la mia. Le vie diverse non cancellano le idee. Con malinconia addio alla compagna Luna #barbarabalzerani] con il suo post in ricordo della Balzerani:
“Il tweet di Di Cesare su Balzerani ha grandi meriti di chiarezza. Mette a nudo il retroterra ideologico di chi si scandalizza se a Kiev arriva un sistema di difesa anti-aerea per evitare che i missili russi entrino nel tinello delle case, ma accarezza con malinconia il ricordo di chi freddava con i mitra uomini che uscivano di casa per andare a lavorare”.
2) riprendendo il proverbio africano citato all’inizio da Arosio «Fino a quando i leoni non avranno i propri storici, i racconti di caccia glorificheranno sempre il cacciatore» penso che finchè un pezzo importante della sinistra non riuscirà a guardare la propria storia con obiettività, come cerca invece di fare, ad esempio, Alessandro Barbero, non riuscirà ad avere “i propri storici” ma solo dei sostenitori dei protagonisti negativi del nostro passato. Come la Di Cesare che tifa per Balzerani ( e sicuramente anche per Curcio).
3) completando il pensiero di Barbero non solo “la memoria personale non basta, perchè ognuno ha la sua” ma oltre al rispetto, concetto che il professore esprime molto bene qui sotto e al fatto di andare oltre il proprio vissuto, per raccontare la Storia – con la s maiuscola – ci vogliono i documenti.
La storia non è fatta di sensazioni o di opinioni ma di fatti provati.