Il nonno (…) era un uomo incapace di vivere troppo a lungo senza farsi divorare da una nuova fiamma (…) era (…) innamorato (…) di una giovane francese, che decise rapidamente di sposare. Fu così che Marianne Maire, nostra nonna, entrò nella vita della famiglia Caprotti e si trasferì dai Vosgi ad Albiate. (p. 39).
La nonna era certamente una donna di carattere. I ricordi su di lei, in famiglia, sono contraddittori. Mia mamma Giorgina la descriveva come una persona invadente e soffocante, che voleva gestire al suo posto mia sorella Violetta e il sottoscritto. Questi aspetti erano percepiti anche fuori dalle mura di casa. Ci sono amici che ricordano Marianne mentre in estate cercava di mettere in riga i bambini del bagno Piemonte, lo stabilimento balneare di Forte dei Marmi dove avevamo una tenda. (…).
Eppure questa durezza, questa determinazione, non esaurivano la personalità di Marianne. Mia cugina Benedetta, che al pari nostro era cresciuta con lei, ne ricorda soprattutto la dolcezza. (…)” (pp. 79-80).”.
“La IBEC cedette il suo 51 per cento alla Supermarket Holding S.A. (*), una società svizzera appositamente costituita a Ginevra da mio padre e dagli zii, che la possedevano in tre parti uguali. (…). I tre fratelli non disponevano dell’intera cifra necessaria. In loro soccorso intervenne mia nonna Marianne, che mise a disposizione 300 milioni di lire e rinunciò a gran parte dei suoi diritti di usufrutto sulle quote della Manifattura Caprotti e sui beni di famiglia che aveva ricevuto in eredità dal nonno Peppino (…).
Quei 300 milioni (…), non le verranno mai restituiti (…). Soltanto nel 1975, quasi quindici anni dopo la conquista della maggioranza dell’Esselunga da parte dei figli, nonna Marianne riuscirà ad avere da loro un vitalizio ‘come parziale compenso’. La nonna prestò ai tre figli anche altri 300 milioni di lire per scopi diversi dall’acquisto delle quote societarie. In base ai documenti degli zii, anche questi non le vennero restituiti.” (p. 72).
(*) che controllava Esselunga
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