GAFA : acronimo di Google, Amazon, Facebook, Apple.
Partiamo da questo articolo di Repubblica del dicembre 2020
BRUXELLES – «D’ora in poi la concorrenza tra aziende online sarà equa come quella offline. D’ora in poi quello che è vietato offline sarà vietato anche online». È Margrethe Vestager a spiegare il significato del Digital Market Act e del Digital Service Act approvati ieri dalla Commissione europea «per mettere ordine al caos della Rete». La firma è proprio della liberale danese, vice di Ursula von der Leyen con delega al Digitale, e del commissario Ue la Mercato interno, il francese Therry Breton.
Un pacchetto legislativo che pone l’Europa all’avanguardia nelle regole di Internet, fino ad oggi affidate a norme obsolete, e che punta a trascinare il resto del mondo a rendere il Web un ambiente più «sicuro e democratico». Bruxelles punta ad aprire il mercato a nuovi produttori, anche Ue, per far guadagnare all’Europa l’agognata sovranità digitale. Ma alcuni settori, come cultura ed editoria, chiedono al Parlamento europeo di fare di più.
Arrivare all’approvazione finale della proposta da parte dell’Eurocamera e dei governi sarà una battaglia, come lo fu nel 2019 quella che portò alla nascita della direttiva sul copyright duramente contrastata dalla Silicon Valley. Per Vestager ci vorranno almeno due anni. Il Digital Market Act si applicherà solo alle mega aziende della Rete come Amazon, Facebook, Apple, Microsoft, Booking, Alibaba, Tik Tok, Snapchat e Samsung. Dovranno prendere severe misure per aprire la concorrenza, oggi per Bruxelles resa impossibile da un costante abuso di posizione dominante. Se non lo faranno, saranno soggette a multe fino al 10 per cento del fatturato e in caso di recidiva allo smembramento delle loro attività in Europa.
Il Digital Service Act, invece, toccherà le piattaforme di tutte le dimensioni (*), obbligate a rendere trasparenti i logaritmi, la profilazione dei navigatori e a rimuovere i contenuti illegali caricati dagli utenti (tuttavia solo su segnalazione). Si parla di terrorismo, pedopornografia, stalking, revenge porn, vendita di prodotti contraffatti o mancato rispetto del diritto d’autore. Le violazioni saranno punite con multe fino al 6 per cento del fatturato e se ripetute con l’oscuramento in Europa.
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Il pacchetto è invece stato salutato dall’organizzazione dei consumatori europei (Beuc), che avverte: «Parlamento e Consiglio (i governi) devono resistere alle enormi pressioni delle lobby delle società Big Tech che tenteranno di annacquare le proposte». Settori dell’Eurocamera raccolgono l’invito, come dimostra Sandro Gozi, capofila dei macroniani sul dossier per il quale «spetta ora al Parlamento spingersi oltre».
Il mondo della cultura giudica il meccanismo per segnalare i contenuti illegali poco efficace, mentre per gli editori europei (Enpa-Emma) è necessario introdurre «l’obbligo per le piattaforme dominanti a offrire un pagamento equo per i contenuti editoriali che sfruttano». Il riferimento è alla direttiva sul copyright del 2019 e alla richiesta di rendere vincolante e sanzionabile la norma di quel testo che impone ai giganti della Rete di sedersi al tavolo con gli editori per stabilire il giusto compenso…
(*) Oltre ai 4 “GAFA” ci sono, in Europa, tante altre aziende tech che subiscono una concorrenza giudicata illegale : 165 aziende all’Antritrust: “BigG favorisce i propri servizi nelle ricerche sul web. Servono regole adesso”
In sintesi (Fonte: Le Monde.) :
- Il Digital Market Act (DMA) è contro l’abuso di posizione dominante.
- Il Digital Service Act (DSA) è contro i contenuti illegali.
DMA :
- I GAFA non potranno usare i dati dei loro clienti per far loro concorrenza (come ha fatto Amazon recentemente).
- le PMI potranno migrare fa una piattaforma all’altra.
- I GAFA non potranno dare la priorità ai loro prodotti/ servizi sulle loro piattaforme (es.: Google Shopping).
- I GAFA non potranno impedire la disinstallazione di “servizi integrati” nelle loro piattaforme.
- I GAFA dovranno comunicare ogni tipo di acquisizione (anche le più piccole).
DSA:
- Le piattaforme che hanno più di 45 milioni di membri (+ del 10% della popolazione europea) subiranno un audit semestrale.
- Le stesse dovranno avere metodi di moderazione (umani ed automatici) rinforzati.
- Dovranno fornire informazioni chiare sul funzionamento dei loro algoritmi.
- Dovranno spiegare tutti i meccanismi sui loro suggerimenti di vendita o di proposte di informazioni e servizi. anche su quelli che oggi sono nascosti.
- Dovranno fornire tutte le informazioni possibili sui loro inserzionisti pubblicitari.
Rimangono questi cantieri aperti:
1)I tempi rischiano di essere molto lunghi (2023).
2) l’Italia ha varato, come la Francia, una digital tax del 3%. Ma il caso inglese dimostra che la web tax, di solito, non funziona : in Gran Bretagna, Amazon ne ha ribaltato sui fornitori il maggior costi.
3) I provvedimenti UE (DMA e DSA) non sembrerebbero incidere sulle pratiche, ritenute sleali dalla distribuzione “fisica”, rispetto a quella on-line, soprattutto per quanto riguarda il profilo fiscale del gigante di Seattle.
Forse converrebbe pensare a ulteriori norme stringenti, ad hoc, per l’e-commerce nella UE.
(E/o ad un‘ armonizzazione fiscale nell’Unione Europea).
Adesso, o mai più.
Anche perchè Amazon sta diventando il primo distributore in Italia.
E sicuramente i GAFA daranno battaglia, con un lobbying molto forte, non solo negli USA (Il lobbying delle aziende big tech, negli USA, è guidato da Facebook e Amazon) ma anche in Europa.
Da notare che “La Germania si muove per prima (e fa una legge) contro “lo strapotere” dei giganti del web”
Il 18 gennaio L’Italia sospende la web tax.
Scritto il 15 gennaio, aggiornato il 26 gennaio 2021



