Amazon, beffa per il fisco Uk: la digital tax “scaricata” sui rivenditori locali
La mossa del colosso dell’e-commerce per aggirare l’imposta introdotta dal governo contro i giganti del web. Così a pagare il conto saranno i piccoli venditori e in ultima istanza i consumatori britannici
dal nostro inviato ANTONELLO GUERRERA (Repubblica).
Trovate il mio commento in fondo.
LONDRA – Come fa un gigante della Rete come Amazon a eludere una digital tax di un governo stufo delle poche tasse pagate sugli utili in quel singolo Paese?
Semplice, si scarica la patata bollente sulle aziende locali – e in diversi casi anche sui consumatori – di quello stesso Paese.
È ciò che sta succedendo in Regno Unito, dove di recente è stata approvata una sorta di “digital tax”, una tassa nazionale sui giganti della Rete, in attesa di un simile ma tuttora complicato provvedimento a livello internazionale. E cioè una tassa supplementare del 2% sulle transazioni finanziarie di quelle multinazionali hi-tech online con fatturati superiori a 500 milioni di sterline (circa 560 milioni di euro) e che al momento pagano poche tasse oltremanica. Ma, come si vede nel caso del gigante americano di Jeff Bezos, la scappatoia è dietro l’angolo.
Amazon l’anno scorso ha fatturato in Regno Unito circa 13 miliardi di euro, ma ha pagato di tasse allo Stato britannico soltanto 250 milioni di euro, circa il 2 per cento. Una miseria rispetto ad altri giganti locali britannici molto meno hi-tech e quindi decisamente più colpiti dalla crisi del coronavirus come Tesco, Asda o Marks & Spencer.
Dunque, mesi fa, il governo britannico ha imposto un ulteriore due per cento per Amazon, Facebook, Google etc. Ma la gigantesca creatura di Jeff Bezos, l’uomo più ricco del mondo con 200 miliardi di euro di patrimonio tra l’altro aumentato decisamente durante la pandemia e per l’uso sempre più diffuso del suo negozio online, la scamperà così: scaricando quel 2% aggiuntivo di tasse sui rivenditori locali britannici e dunque, molto probabilmente, sui consumatori del Regno Unito.
La conferma è arrivata in queste ore in una email di Amazon proprio ai rivenditori e ai piccoli imprenditori britannici che utilizzano la piattaforma del gigante americano per vendere i propri prodotti online: le tasse dell’azienda di Seattle, infatti, cresceranno nei loro confronti guarda caso del 2%. Così il gioco è fatto.
Dunque il due per cento verrà pagato da Amazon al governo britannico, ma verrà finanziato dall’imposta della multinazionale alle piccole e medie aziende britanniche che vendono proprio su Amazon.co.uk e che, a differenza della “casa madre”, sono state colpite molto di più della crisi scatenata dal Covid19.
E non è escluso, in uno scaricabarile, che queste piccole aziende scaricheranno il 2% ai consumatori.
Insomma, gattopardescamente, tutto è cambiato per non cambiare assolutamente niente.
I piccoli venditori, tra l’altro, già pagano di norma il 15% del loro fatturato ad Amazon per utilizzare la piattaforma online, che può arrivare al 30% se si calcolano anche le imposte del gigante hi-tech per la distribuzione e lo stoccaggio delle merci nei propri magazzini.
Il conservatore Lord Leigh ha tuonato contro Amazon: “Ogni giorno fanno di tutto per non comportarsi bene”.
Un precedente molto poco confortante per tutti i governi che, singolarmente, pensano di imporre una digital tax a un colosso del web.

Sotto lo schema del “classico” circolo vizioso dei contratti annuali Industria – Grande Distribuzione , dove ad ogni rinnovo l’industria proponeva incrementi di listini che non riflettevano incrementi di costi reali ma anticipavano future richieste della grande distribuzione ( e cioè contributi promozionali, volti a compensare perdite di margine). Questo schema venne presentato dal sottoscritto a Centromarca nel 2003 (*).
E questo meccanismo potrebbe rivelarsi valido – almeno in parte – anche nel caso della web tax britannica. : più Amazon viene tassata , più scarica sui rivenditori che, a loro volta, scaricano gli incrementi di prezzo sui consumatori, aumentando i prezzi dei loro prodotti.
Tra l’altro Amazon potrebbe permettersi di pagare qualsiasi web tax, visto che tutte le ipotesi non eccedono il 2-3%.
L’unica opzione , per arginare Amazon, rimane la possibile decisione politica di dividerla in due società :
1Amazon Retail (e-commerce)
2 Amazon Web Services (cloud computing), visto che gli utili della seconda permettono alla parte distributiva (online) di vendere in perdita, soprattutto in Europa.
La divisione di società monopolistiche non è cosa nuova negli USA : Standard Oil e AT&T, rispettivamente nel settore del petrolio e della telefonia, vennero “spezzettate” in più società.
(*) contiene un refuso : i prezzi al pubblico dovrebbero essere preceduti da un -, non da un +, perchè tendevano a scendere, non a salire.
Sulla questione fiscale leggi anche Amazon può essere arginata?



