“L’agiatezza in cui viveva la famiglia e le frequentazioni (…) piano piano ne stavano spostando il baricentro verso Milano. Il nonno aveva preso casa in viale Tunisia e comprato un palazzo nella centralissima via del Lauro. Per effettuare l’acquisto aveva dato la procura a un amico, Nando Angeloni, che si occupava di tutte le questioni burocratiche ed economiche della famiglia ma, soprattutto, con Peppino aveva un legame quasi fraterno. Aveva introdotto il nonno nelle famiglie più in vista della città, i Falck, i Pirelli, e lo aveva fatto entrare in uno dei club più esclusivi di Milano, il Clubino, frequentato dai grandi industriali. Al di là di queste convenienze, tuttavia, Angeloni restava un compagno di avventure: qualcuno ricorda ancora una grande festa organizzata ad Albiate in onore di una compagnia di ereditiere americane, conosciute da Nando durante un viaggio in nave di ritorno da New York.” (p. 41).
Tempo dopo, nella lotta rabbiosa che lo oppone agli altri membri della famiglia, Bernardo arriverà ad accusare la madre di aver concepito il prediletto ultimogenito Claudio non con il consorte Peppino, ma proprio con Nando Angeloni, che tanto aveva fatto per tutta la famiglia. Angeloni, oltre a respingere le accuse, dimostra che l’anno della nascita di Claudio lui era negli Stati Uniti, e ottiene da Bernardo scuse formali. “A casa ricordiamo bene che cosa, in Bernardo, avesse scatenato il demone del dubbio nei confronti di sua madre. Tutto si spiega con il fatto che nostro cugino Andrea, il secondogenito di Claudio, è nato con i capelli rossi, che in famiglia non aveva nessuno. Bernardo suppone che ci sia qualcosa che non va. E coglie il pretesto per attaccare la madre e indirettamente il fratello Claudio. Finché nel 1978 non nasce Marina che, a sorpresa, ha anche lei i capelli rossi. A quel punto Bernardo non parlerà mai più di questo episodio. È interessante notare che Violetta, da neonata, aveva i capelli rossi. I geni “pel di carota” provengono proprio dai Caprotti, strano che papà non se ne fosse accorto.” (pp. 117-119).
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