Pubblicato il 9 giugno, aggiornato il 9 luglio 2023
Premessa :
la discountizzazione è ormai un fenomeno mondiale : si va dalla Gran Bretagna all’Italia, passando dalla Polonia. Ciò vale anche in Francia e negli Stati Uniti.
In Italia abbiamo constatato un peggioramento della qualità del cibo .
Ricordiamo, ad esempio, la mozzarella congelata, la vicenda di prosciuttopoli e lo scandalo della listeria , a causa del quale sono morte 4 persone.
L’olio extravergine di oliva dovrebbe essere un simbolo dell’eccellenza del “made in Italy”.
Invece è la sua produzione è dominata dalla Spagna e, spesso, l’olio è vecchio, insapore se non addirittura puzzolente.
Entrando nel merito :
il titolo di questo articolo doveva essere “Olio extra vergine di oliva , bocciate : Conad, Coop, Esselunga, Eurospin, Lidl e MD“.
Ma poi mi sono detto “la GD è sicuramente responsabile di questa situazione , ma sicuramenete non è l’unica”. Mi sono ricordato che uno dei miei argomenti nelle discussioni commerciali con Centromarca (Confindustria) era ” se non siete d’accordo con le richieste della gd potete sempre opporvi”.
Nel caso dell’olio non esistono più grandi realtà italiane – che vendano prodotto made in Italy – che possano opporsi alle richieste della distribuzione ma nemmeno enti che rappresentino degnamente i consumatori (il Codacons, ad esempio, sembra essere schierato con uno dei produttori).
Ovviamente mangiare “olio buono” è meglio che consumare finto extravergine.
E qui forse sarebbe opportuno un intervento del ministero dell’agricoltura per cercare di rilanciare l’ovicoltura nazionale ridotta molto male (lo spazio, ad esempio, in Puglia non mancherebbe) : si tutelerebbe la sovranità, l’economia italiana e – nel lungo termine – anche la salute degli italiani (meglio prevenire che curare, ve lo dice chi è entrato in Esselunga al momento dello scandalo del vino al metanolo).
Il problema vero ora è che, in media in un caso su due, chi si rivolge a uno scaffale dei supermercati rischia di acquistare quello che non voleva. Pagandolo però un 20-30% di più.
Tra i bocciati dell’anno scorso anche molti olii industriali.

Alberto Grimellli (Teatro Naturale) non sembra ricordarsi che la “verginità ” sull’ olio di oliva, nella GDO, l’ha persa la Coop con l’olio Fior Fiore, venduto come extravergine senza esserlo.
Comunque trovate di seguito il suo punto di vista sull’argomento:
La Grande Distribuzione perde la verginità sull’olio extra vergine di oliva
Secondo il nuovo test sull’olio extra vergine di oliva de Il Salvagente a scaffale ben 6 etichette sulle 11 bocciate sono private label della Grande Distribuzione. Quando l’olio extra vergine diventa un prodotto civetta fa perdere la faccia ad aziende e insegne
Siamo al terzo test sull’olio extra vergine a scaffale dal 2015 da parte de Il Salvagente.
Nel 2015 su 20 oli in prova 9 sono stati declassati da extra vergini a vergini. Nel 2021 invece furono 7 su 15. Nel 2023 sono 11 gli oli bocciati su 20.
Percentuali che variano ben poco, a riprova che quando l’olio extra vergine diventa un prodotto civetta, la qualità ne risente fino a sfondare il limite di legge, passando da extra vergine a vergine, facendo quindi perdere la faccia ad aziende e insegne.
Le colpe della Grande Distribuzione sull’olio extra vergine di oliva
Nulla di nuovo sotto il sole. Quest’anno, dobbiamo riconoscerlo per onestà intellettuale, è stato ancor più difficile del solito proporre oli commerciali standard a prezzi promozionali senza fare miscele “impossibili” di extra vergini e vergini visto che il mercato all’ingrosso ha prodotto una qualità inferiore al solito, specie in Spagna. Le difficoltà di approvvigionamento hanno pesato ma le richieste della Grande Distribuzione non sono cambiate: l’olio extra vergine deve essere sempre in offerta.
A gennaio c’era ancora qualche insegna che chiedeva di uscire a 3,99 euro/litro, quando già i prezzi all’ingrosso dell’olio spagnolo erano di quasi 5 euro/kg. Vista l’impossibilità di uscire a 3,99 euro/litro, ecco qualche offerta a 4,99 euro/litro, con 5,99 euro/litro che diventava la base standard da cui partire. Con i prezzi all’ingrosso dell’olio spagnolo che hanno presto superato i 5,5 euro/kg, molte aziende imbottigliatrici, va riconosciuto a loro merito, hanno deciso di non partecipare alle aste al ribasso, sapendo di dover proporre altrimenti delle solenni schifezze.
Quello che è accaduto è che la Grande Distribuzione ha deciso di far da sé, con il proprio marchio, affidandosi a qualcuno che potesse però fornire l’olio desiderato a basso costo da mettere in costante promozione. Ovviamente si trattava di oli di bassa qualità
Ecco allora che, come dimostrato da Il Salvagente, la Grande Distribuzione ha perso la verginità sull’olio extra vergine di oliva. E’ caduta anche l’ultima foglia di fico.
Infatti il 100% dei private label della Grande Distribuzione esaminati da Il Salvagente sono stati bocciati. In rigoroso ordine alfabetico: Conad, Coop, Esselunga, Eurospin, Lidl e MD. Un giusto mix di supermercati, discount e hard discount. Nessuna differenza tra loro: stessa politica e stessi risultati.
Tra l’altro quest’anno difficile appigliarsi a qualche cavillo per sottrarsi ai risultati de Il Salvagente che, dopo aver campionato l’olio a scaffale, lo ha affidato a un’azienda terza, un ente di certificazione, per l’anonimizzazione e la conservazione, sottoponendo gli oli a un comitato di assaggio ufficiale e, per gli oli declassati, alla controprova presso un altro e diverso comitato di assaggio ufficiale.
Ovviamente la maggior parte delle aziende e delle insegne, in replica, ha affermato che il loro campione del lotto incriminato, sottoposto a panel test, risultava regolare. Possibile, anzi direi persino probabile, tecnicamente parlando. Sebbene l’olio esaminato sia lo stesso (stesso lotto), le modalità di conservazione tra quello a scaffale e il campione conservato dall’azienda/insegna sono ben diverse, con il primo che è più soggetto a deteriorarsi velocemente per l’ossidazione luminosa dovuta ai neon e ad eventuali shock termici, legati a trasporto e logistica.
L’ipocrisia sull’olio extra vergine di oliva: tutti vergini fino a prova contraria
Insomma, creando un blend in laboratorio, con vere e proprie “ricette” codificate, perché possa superare di un soffio lo scoglio dell’extraverginità, è evidente che, al primo inciampo, verrà declassato. Basta un po’ di ossidazione, un abbassamento del fruttato ed ecco emergere il difetto organolettico.
Il tema, che prima o poi la filiera olivicolo-olearia insieme con la Grande Distribuzione dovranno affrontare, è che non si può proporre un olio, chiamandolo extra vergine, quando frutto di miscele vergine-extravergine, da proporre in offerta al più basso prezzo possibile, e anche di più, e pretendere che tutti stiano zitti per non rovinare gli affari e i guadagni.
Il rompicoglioni di turno, nel caso specifico Enrico Cinotti vicedirettore de Il Salvagente, si trova sempre. E’ come nella fiaba di Hans Christian Andersen, “Gli abiti nuovi dell’Imperatore”, con solo un bambino che ha avuto il coraggio di gridare: “ma l’imperatore è nudo”. Enrico Cinotti, e la redazione de Il Salvagente, con questo terzo test sull’olio, sono come il bambino della favola, di fronte a chi continua a fingere di non vedere una verità palese per piaggeria, adulazione, compiacimento nei confronti dell’autorità, del potere nelle sue varie forme, se non connivenza.
I mali del sistema olivicolo-oleario, non mi stancherò mai di ripeterlo, non si combattono con la facile ipocrisia ma con la semplice verità: consumatore, vuoi un olio extra vergine di oliva sempre in offerta che costi poco? Non ti scandalizzare allora se puzza un po’.
Si tratta di un atto di coraggio da parte della filiera e della Grande Distribuzione perché dovrebbe essere lo stesso imperatore a gridare: “cavoli, ma sono nudo!”.
di Alberto Grimelli
Grimelli ed io abbiamo parlato di distribuzione ed industria.
Manca la ristorazione.
Guardando l’etichetta sotto, si capisce che ha le sue responsabilità
Il prodotto è stato fotografato in un ristorante famoso, a Venezia: non solo l’ anno della campagna non è indicato, ma la bottiglia – visto il suo stato – è probabilmente stata utilizzata per l’ olio di diverse annate.
Manca anche la data di scadenza.
E non si tratta di un caso isolato.
I responsabili di questa situazione? Ignoranza ed incuria nostre.
Ma ricordiamoci che “siamo quello che mangiamo” (L. Fuerbach).

- Grimelli, sul Fatto Alimentare , ricorda poi che : se un olio, nel corso del periodo di conservazione, non fosse più conforme alla categoria commerciale dichiarata (olio extravergine di oliva) il responsabile del prodotto va incontro, qualora scoperto, a sanzioni pecuniarie e anche a un’ accusa penale (frode in commercio)
- C’è poi un’altra considerazione finale da fare : il lifestyle italiano ed europeo è ormai riconosciuto ovunque nel mondo e l’olio, con tutto il cibo, ne fa parte. Trattandolo male rischiamo di danneggiare anche il turismo.
Ma si tratta di ipotesi remote: i controlli sono pochi, sia nella GD che nella ristorazione e, al contraio del vino, nell’olio non esiste un’industria “forte” e prestigiosa, che ha puntato decenni sulla qualità. I produttori di olio , con la GD, hanno puntato solo sui volumi e sono stati sfavoriti da una politica agricola miope.
Invece di fare pubblicità poco sensate sul turismo (“Open to meraviglia”) sarebbe importante farne sull’olio di molto forti e simpatiche, simili a quella sotto,sempre dell’Armando Testa.
Ma prima bisogna avere un piano fattibile su come rilanciare il settore.

Di seguito trovate l’etichettatura giusta della catena di discount Aldi, dove potete vedere la campagna di raccolta e la data di scadenza.
Fateci caso quando comprate una bottiglia di olio o condite un piatto al ristorante.



