Questo articolo ha due pregi :
1 mette in evidenza un problema dell’agricoltura : la perdita di terreni.
2 propone un’azienda esemplare in Campania: l’azienda agricola San Salvatore di Giuseppe Pagano, un imprenditore illuminato, che propone, nel locale vicino all’azienda (La dispensa), i suoi prodotti, le cui confezioni sono state create da Gillo Dorfles.
Consiglio una visita nella sua regione, il Cilento, e nel suo locale (non credo che l’azienda agricola sia visitabile, io l’ho vista da lontano e mi è parsa bella, esemplare).
Il Sole 24 Ore 07 GENNAIO 2021
energie rinnovabili
Agricoltori in allarme, la corsa al solare minaccia i campi
In dieci anni l’Italia dovrà raddoppiare gli impianti se vuole centrare i target Ue
Micaela Cappellini
Nel comune di Cadeo, in provincia di Piacenza, gli agricoltori sono in subbuglio: per installare il nuovo campo fotovoltaico, è stata scelta un’area coltivabile a grano grande quanto 17 campi di calcio. «Il problema, purtroppo, è sostanziale – racconta Filippo Gasparini, presidente di Confagricoltura Piacenza – quel terreno, un tempo sede dicava, è stato riconvertito a uso agricolo da almeno un decennio. E ora rischiamo di perderlo definitivamente, tra l’altro in un momento in cui si chiede all’agricoltura di produrre di più».
Da un lato dunque c’è la perdita di terreni fertili: in 30 anni, ricorda Confagricoltura, in Italia è sparito il 20% della superficie agricola. Dall’altro lato ci sono gli obiettivi che l’Europa ci impone con l’Agenda 2030: una riduzione di almeno il 40% delle emissioni di gas serra rispetto ai livelli del 1990, con più della metà dei consumi elettrici che dovranno provenire da energie rinnovabili. Il dilemma del cosiddetto agrofotovoltaico, cioè l’installazione di impianti per l’energia solare nei campi, è tutto qui: quanti pannelli è in grado di ospitare la nostra agricoltura, senza snaturare se stessa e veder diminuire la produzione?
Le scelte del governo
Al ministero dell’Agricoltura il tema è sotto la lente d’osservazione proprio in questi giorni. «Ad oggi – racconta il sottosegretario, Giuseppe L’Abbate – la potenza installata di fotovoltaico in Italia è di oltre 20mila MW, con una produzione annuale pari a 23.689 GWh, ma l’obiettivo che ci chiede la Ue è di raggiungere una potenza di 52milaMW nel 2030. In campo agricolo, sono attualmente installati quasi 30mila impianti con una potenza complessiva di poco più di 2.500 MW. La potenza andrebbe come minimo raddoppiata». Per questo, insieme al ministero dello Sviluppo economico e al Crea, il Mipaaf ha avviato un gruppo di lavoro, con l’obiettivo di mappare le tipologie di terreni ed elaborare una strategia. Il piatto dei finanziamenti a disposizione è ricco, tra fondi europei e stanziamenti inseriti nella legge di Bilancio 2021: «Come ministero dell’Agricoltura – ricorda L’Abbate – abbiamo già presentato al Governo una serie di progetti che attingono dalle risorse del Next Generation Eu».
Il nodo degli impianti a terra
Sull’opportunità di installare gli impianti sui tetti delle cascine e sulle coperture delle strutture agricole tutti sono d’accordo: contadini, utilities e autorità pubbliche. Il problema sono gli impianti a terra: un dilemma di non poco conto, visto che rappresentano oltre il 40% di tutti gli impianti fotovoltaici da installare. «Integrare la produzione alimentare con la produzione energetica può diventare un fondamentale aiuto al reddito degli agricoltori – sostiene Gianmichele Passarini, della giunta nazionale della Cia-Agricoltori Italiani – ma il fotovoltaico del futuro deve essere costruito senza sottrarre suolo all’agricoltura e in armonia con il paesaggio agrario. La copertura fotovoltaica delle stalle e dei magazzini è il primo punto su cui lavorare». Nessuna possibilità per gli impianti a terra? «È accettabile solo sulle aree agricole abbandonate o dichiarate non idonee alla coltivazione perché inquinate, come per esempio i terreni intorno all’Ilva di Taranto» chiarisce Passarini, che è anche presidente di Cia Veneto. Nella sua regione, in questi anni ci sono state parecchie contestazioni contro gli impianti fotovoltaici realizzati dalle multinazionali dell’energia prendendo in affitto terreni un tempo usati per coltivare.
Come prima cosa, il ministero dell’Agricoltura punta a risolvere le questioni legate all’iter autorizzativo: «Non è possibile che ci vogliano decine di passaggi e oltre due anni per ottenere un’autorizzazione», spiega il sottosegretario L’Abbate. Che alla fine però assicura: il governo terrà conto delle critiche degli agricoltori. «Il ministero – dice – è assolutamente in linea con le associazioni di categoria, perché il nostro obiettivo primario deve rimanere quello di tutelare il suolo e le produzioni agricole e alimentari».
L’esempio di Paestum
La quadra del cerchio? È possibile. Giuseppe Pagano è il titolare dell’azienda agricola San Salvatore, 160 ettari di terreni nel Cilento, a un tiro di sguardo dai templi di Paestum.
Con l’aiuto dei suoi 40 dipendenti coltiva vigne, ulivi e frutta biologica. Alleva anche 600 bufale.
E dal punto di vista energetico è autosufficiente dal 2014: «Utilizzando i tetti delle cantine e quelli delle stalle ho installato un impianto fotovoltaico, cui ho aggiunto poi un impianto a biogas che sfrutta i liquami delle bufale, grazie ai quali ho raggiunto una potenza installata di 250 KW».
Per il primo impianto, nel 2010, dovette spendere 350mila euro: «Allora c’erano gli incentivi di scambio sul posto, il resto me lo sono pagato io.
Ma i costi si ammortizzano in 6-7 anni al massimo, mentre gli impianti per fortuna ne durano almeno 14. E poi oggi i prezzi si sono abbassati».
A mettere i pannelli direttamente tra i campi, però, Giuseppe Pagano non ci ha mai pensato nemmeno per un momento: «Non consumerei mai terreno coltivabile, ha ragione chi si oppone. Io sono stato contrario persino a mettere i pannelli sulle serre, altrimenti diventano meno produttive».
Sopra e sotto : immagini del locale e del Cilento.


