Il patrimonio dei parchi è a rischio. La preoccupazione dei 21 presidenti dei consorzi lombardi è che con il cambio legislativo atteso per il mese di giugno, che segnerà il passaggio dei parchi da consorzi a enti regionali, terreni ed edifici di proprietà passino alla regione Lombardia. Si tratta di una cifra pari a poco meno di 200 milioni di euro in tutto. Le reazioni. «Non ci è stato ancora chiarito che fine faranno i nostri beni – dice il presidente del Parco Adda Nord Agostino Agostinelli –. Se un giorno un parco si dovesse sciogliere, come sarà possibile recuperare quanto è stato acquistato?». I dubbi in merito sono forti e una risposta univoca non si riesce ad avere nemmeno dagli stessi tecnici. Anche gli uffici ragioneria dei singoli parchi non sanno cosa accadrà con la nuova legge, il cui disegno definitivo approda in commissione oggi. Il patrimonio dei parchi regionali è composto da terreni e immobili, acquisiti negli anni, sia attraverso donazioni, magari degli stessi comuni che compongono il consorzio, che tramite acquisti. Ma in caso di scioglimento non si sa cosa accadrà. La situazione. Al sicuro da qualsiasi cambiamento legislativo ci sono il Parco Adamello e il Parco Alto Garda Bresciano, governati da una comunità montana, che ne detiene anche il patrimonio, e il parco Sud Milano, gestito dalla provincia. Gli altri 21 enti invece sono sul filo del rasoio e qualcuno ha a bilancio un patrimonio non indifferente, acquisito negli anni. È il caso del Parco del Ticino il più antico in Lombardia, nato nel 1976, e il più numeroso come numero di comuni appartenenti. Nel bilancio approvato due settimane fa si è stimato un patrimonio di 27milioni di euro. Il più “ricco” però è il parco Nord Milano con 34 milioni di euro. Nella maggior parte dei casi si tratta di terreni. E se nell’ultima assemblea del parco del Ticino sia la presidente Milena Bertani, che il vicepresidente Luigi Duse hanno espresso forti dubbi sul passaggio da consorzio a ente regionale, proprio in virtù della poca chiarezza sui destini dei possedimenti, il presidente del parco Nord Carmelo Gambitta ribadisce: «Sono sicuro che si troverà una soluzione. Non perderemo i nostri patrimoni. In nessun caso è possibile che finiscano in mano alla regione». Senza dubbio non a breve, anche perché consisterebbe in un ulteriore colpo dal punto di vista finanziario per questi enti che, spiega Bertani, «non hanno autonomia impositiva». Non possono quindi richiedere nessuna tassa e vivono di fondi pubblici o dei contributi che ogni anno i comuni erogano in base alla popolazione e alla dimensione. Nell’ultimo bilancio del Pirellone il taglio ai finanziamenti è stato del venti per cento. In poche parole l’unica risorsa di questi enti è proprio la terra e i conferimenti che arrivano dai paesi che compongono l’assemblea consortile. Questi non dovrebbero venire meno, anche con il cambio legislativo, sebbene in una prima stesura si era ipotizzato che la contribuzione potesse diventare volontaria. Il Pirellone. L’assessore regionale ai parchi e aree verdi Alessandro Colucci, che il 7 giugno, a meno che non si verifichino degli intoppi, porterà la legge in consiglio, però fornisce garanzie. «Nessuno toccherà i patrimoni dei singoli consorzi – dice – abbiamo già sottoposto la questione a un giurista e ci ha detto che non corrono nessun rischio». Nemmeno in caso di scioglimento dell’ente? «Lo ritengo piuttosto improbabile» conclude l’assessore, che di questo argomento ha discusso proprio il mese scorso in sede di commissione, insieme ai presidenti che gli hanno posto il problema delle proprietà e che fin dall’inizio, come espresso in un documento licenziato dalla stessa Federparchi, sono stati piuttosto scettici su questa riforma.
Andrea Ballone