Redatto l’11 marzo, aggiornato il 23 marzo 2022

Nota introduttiva : spero che Antonio Scurati mi perdonerà ma ho cambiato il titolo del suo articolo. Vi ho aggiunto “e della Storia” perchè come vedremo essa ha un ruolo importante.

 

il Senso della lotta

 

di Antonio Scurati

 

Gli ucraini combattono. Il popolo ucraino è in piedi e combatte. Lungo le coste del Mar Nero, nelle sterminate steppe del Nipro, nelle periferie di Kiev, strada per strada, combatte. Va ripetuto, ribadito, compreso, proprio nel giorno luttuoso della strage dei bambini all’ospedale di Mariupol, perché va affermandosi l’idea degli ucraini come vittime, prone al massacro, con il rischio di dimenticare che il loro coraggio non è solo quello della sofferenza ma è anche il coraggio della lotta.

E questo fa un’enorme differenza.

La tendenza di noi, europei d’Occidente, a identificarci soltanto con le vittime — e la concomitante incapacità di assumere la posizione simbolica del combattente — ha una lunga storia. È una storia di luci e di ombre, una storia di emancipazione, di progresso e di civiltà ma è anche una storia di declino morale, di torpori egoistici, di cecità politica. Dopo la fine della Seconda guerra mondiale, l’Italia imprime a lettere di fuoco il ripudio della guerra nella propria carta costituzionale. La lotta, anche armata, continua, purtroppo, ad essere all’orizzonte della politica finché dura la delirante prospettiva rivoluzionaria. Poi, con l’avvento dell’edonismo individualista degli anni ’80, per gli italiani, e per gran parte degli europei d’Occidente, la possibilità stessa di prendere parte a un combattimento inizia a divenire addirittura inconcepibile.

Attenzione: questo non significa affatto che le guerre cessino di esistere, che l’Europa smetta di parteciparvi e nemmeno che si sviluppi una solida, diffusa cultura pacifista (la quale porta con sé anche una cultura della guerra, nel senso di patrimonio di cognizioni, esperienze, conoscenze su cosa sia la guerra, dove si origini, quali conseguenze abbia etc.). Fiorisce, dapprima, in Europa un pacifismo consapevole, fattivo, industrioso, talvolta eroico (si pensi alla esemplare opera di Emergency, per dirne una), poi, con il trascorrere del tempo e lo svanire del ricordo, dilaga un pacifismo istintivo, puerile, miope, ipocrita, egoista, per il quale la guerra diviene qualcosa che riguarda sempre e soltanto gli altri, che altri combattono in nostro nome, che noi ci limitiamo a guardare in televisione. È allora che l’Occidente europeo smarrisce il senso della lotta (e della storia, che è sempre lotta per la storia).

Ecco perché, guardando al dramma ucraino, vediamo solo vittime. Il nostro non è, però, uno sguardo pietoso, commosso, partecipe. Vedendo solo vittime, in tanti, troppi, dalle nostre parti, non comprendendo la tragedia di quel popolo di combattenti, arrivano perfino a rimproverargli la sua coraggiosa resistenza. Perché — sento dire da molti — hanno sfidato la Russia? Perché si ostinano a resisterle militarmente, prolungando la carneficina? Perché noi dovremmo armarli, rendendoci complici del massacro? Non è, forse, preferibile la resa?

La risposta è no. Per ragioni pratiche, politiche e, ultime ma non ultime, ideali (*). Se gli ucraini avessero subito passivamente l’invasione russa sarebbero divenuti un popolo asservito, sfruttato, oppresso. Se cessassero di difendersi ora, la loro sarebbe una resa incondizionata, non una pace negoziata, e ripiomberebbero nel destino di servaggio contro il quale si sono ribellati. La loro tenace, coraggiosa resistenza, inoltre, non è affatto priva di orizzonte strategico. L’obiettivo è quello, ora e in futuro, di rendere troppo salato il prezzo della violenza dominatrice praticata sistematicamente dal dispotico regime russo e, possibilmente, di giungere alla deposizione del suo leader. Infine, a scatenare la furia devastatrice di Putin è stata la volontà degli ucraini, non di entrare nella Nato, ma di scegliere, per sé e per i propri figli, il modello di società aperta e di democrazia europea, preferendolo all’autocrazia neo-zarista e allo stato di minorità civile della Russia attuale. Vi sentireste voi di negar loro questo diritto, di rimproverarli per questo? Io no.

Per tutte queste ragioni, pur senza ignorare gli errori politici commessi dalla loro leadership, pur senza disconoscere le componenti ultranazionaliste e mercenarie del loro esercito, noi dobbiamo sforzarci di vedere negli ucraini non soltanto delle vittime ma dei coraggiosi combattenti. E dobbiamo farlo non con spirito moralistico ma con senso storico, quel sentimento vasto del nostro essere nel tempo che ci consente di abbandonare la miopia dei piccoli egoismi quotidiani per alzare lo sguardo sulla linea dell’orizzonte, là dove appaiono non gli individui ma le generazioni.

Allora vedremmo che gli Ucraini stanno combattendo anche per noi, forse non per ciò che siamo diventati ma per ciò che fummo e che ancora potremmo essere. Nelle periferie di Kiev, nelle steppe sconfinate del Nipro, lungo le rive del Mar Nero, combattono idealmente i nostri nonni, quelle donne e quegli uomini estinti che, nella loro giovinezza, pur consapevoli della forza preponderante del nemico, presero le armi contro la violenza nazi-fascista.

(*) per “la libertà . Una parola che, nella UE, diamo troppo spesso per scontata”.

Andrij Schevcenko il 13 marzo 2022 al Corriere della sera  dice: “Noi vogliamo la pace. Ma arrenderci in questo momento significherebbe perdere la libertà. Noi ci stiamo battendo e ci batteremo per la nostra libertà e i nostri diritti. Vogliamo avvicinarci all’Europa. Non abbiamo attaccato nessuno, ci stiamo solo difendendo”

Leggi in proposito : Lenin, l’Ucraina e lo spettro di Orwell perchè senza lo studio della Storia non si capisce “Il senso della lotta”.

E perchè la Storia si ripete:

Diretta Kiev, bombardata fabbrica di aerei. Ripresi i negoziati Usa: Mosca ha chiesto aiuti a Cina. Pechino: falsità (*)

Così i russi trasferiscono forzatamente i sopravvissuti.

Infatti i milioni di vittime del genocidio ucraino (Holmodor) vennero in parte deportate nei GULAG. Dove morirono come mosche.

E come dice qualcuno : “è facile arrendersi con la libertà degli altri”.

(*) e intanto, su questi rumors, l’indice Hang Seng (Hong Kong) oggi è crollato.

Leggi anche : Perché Putin perderà contro l’Occidente

Sotto : pulizia etnica e deportazioni

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