…Coltivazioni a rischio
I cambiamenti climatici sono la diretta conseguenza dell’inquinamento e dell’eccessivo consumo di risorse e di energia. E sono responsabili non soltanto delle modifiche ambientali nelle zone più remote del pianeta, come i poli dove i ghiacci si vanno progressivamente sciogliendo o le zone equatoriali, dove i deserti conquistano sempre più spazio. Anche alle nostre latitudini le mutazioni climatiche hanno iniziato a produrre effetti e continueranno a farlo modificando radicalmente i territori e le produzioni agricole. A livello mondiale sono riconducibili al clima il 60% dei casi di diminuzione di rendimento di mais, riso, grano e soia. Rispetto a quella di oggi, nel 2050 le rese medie delle principali colture potrebbero ridursi di un ulteriore 17%. Uno studio pubblicato su Nature Communications spiega che se le emissioni inquinanti non verranno ridotte entro la fine del secolo la produzione di grano diminuirà del 20%, quella della soia del 40% e quella del mais del 50%. Numeri che ci toccano da vicino, essendo l’Europa il principale produttore mondiale di grano. Non solo: l’85% della produzione di vino nei prossimi 50 anni potrebbe essere a rischio a causa dell’innalzamento medio delle temperature, che cambia i processi di maturazione dell’uva. Stesso discorso per frutti come pesche o albicocche o fragole, che avranno una minore resa e di conseguenza costi più alti.
Cibi sempre meno nutrienti
I cambiamenti del clima, ricorda ancora il Wwf citando uno studio dell’Università di Harvard e pubblicato sulla rivista Environmental Health Perpectives, avrebbero poi effetto anche sulla qualità stessa del cibo, con una diminuzione della qualità dei nutrienti contenuti negli alimenti, in particolare le proteine vegetali che rappresentano oggi il 63% del totale di cui mediamente ci nutriamo. Ci sono poi le ripercussioni indirette dovute al peggioramento delle condizioni di vita di molte specie animali da cui dipendono anche le coltivazioni. Per esempio le api e gli impollinatori, da cui dipende almeno in parte il 75% delle colture alimentari mondiali, ma anche i lombrichi, le alghe o i funghi che contribuiscono a rendere il suolo fertile.
Biodiversità, questa sconosciuta
Non è solo un problema di riscaldamento globale o di inquinamento ma anche di cattivo uso delle risorse e della biodiversità. Nonostante si conoscano circa 6 mila specie vegetali coltivabili, quelle effettivamente usate nella produzione di cibo sono circa 200 e solo 9 di queste (canna da zucchero, riso, mais, frumento, patata, soia, palma da olio, barbabietola da zucchero e manioca) rappresentano il 66% della produzione agricola globale. Stesso discorso per le specie allevate, dove bovini, ovini e pollame la fanno da padrone a fronte di una quarantina di animali allevati a livello globale. Il mare, infine, è stato già abbondantemente saccheggiato e più del 60% degli stock ittici è oggi sfruttato al massimo della capacità di riproduzione, con conseguente minaccia di estinzione di numerose specie…