Reatato il 16 aprile, aggiornato il 26 aprile 2023
L’aggressione russa vista dall’Africa
Di Philippe Bernard (Le Monde), mia traduzione e nota finale. In copertina : militare africano con , sullo sfondo, la bandiera russa.
Non siamo al centro del mondo, è uno dei grandi insegnamenti della guerra in Ucraina. Vista da lontano l’aggressione russa non è vista nello stesso modo. Perché gli interessi economici o diplomatici non sono identici, perché la geografia o la dipendenza dagli stranieri orienta le scelte, perché l’esperienza storica diverge.
Quando quasi la metà dei paesi africani (*) ha rifiutato, un anno fa all’ONU, di votare una risoluzione che intimava a Mosca di stoppare la sua invasione – una tendenza confermata il 23 febbraio -, gli occidentali sono stati presi in contropiede, come se facessero fatica ad ammettere l’autonomia di giudizio degli africani.
(*) 25 su 54. Il titolo di questo articolo è significativo : “Il punto di appoggio dell’Europa scivola in Africa”
Com’è possibile che dei paesi che hanno vissuto così tanto tempo sotto il giogo dei colonizzatori, e hanno pagato con il sangue per la loro emancipazione, e che hanno eretto come principio il rispetto delle frontiere ereditate dalle divisioni coloniali, possono manifestare indulgenza verso una potenza con una lunga storia imperialista? Con una Russia che dai tempi degli zar fino a Vladimir Putin passando dal potere sovietico, non ha mai smesso di colonizzare e di sottomettere i paesi vicini, dall’Asia centrale ai paesi baltici e del Caucaso fino alle democrazie popolari europee? Nel momento in cui il mondo si frammenta e che si afferma il Sud globale, la risposta a queste questioni comanda non solo le relazioni dell’Occidente – e della Francia – con l’Africa, ma orienta anche i vari argomenti da opporre alla narrazione putiniana.
Numerose tournée in Africa
La porosità di certi paesi africani alla retorica “anti- imperialista” di Mosca si nutre innanzitutto del risentimento accumulato durante l’epoca coloniale, appesantito dopo le indipendenze dal mantenimento dei regimi feudatari dell’Occidente e dalle politiche finanziarie catastrofiche degli anni ’80 e ’90.
Che gli africani non considerino gli occidentali come degli esempi di virtù in termini di diritto internazionale non stupisce nessuno, soprattutto quelli che , in Sahel e in Africa dell’ovest , vivono ancora le conseguenze dell’intervento del 2011 in Libia. Che l’invasione dell’Irak nel 2003 illustri una certa ipocrisia dei discorsi sulla difesa delle sovranità degli stati non si può negare.
Più complesse sono le ragioni per le quali dei paesi africani non “vedono” o non vogliono vedere che in Ucraina i russi portano avanti una guerra di conquista. “L’abilità dei russi è stata quella di far fruttare una strana connivenza tra di loro e l’ex terzo mondo, che risale sicuramente al sostegno dell’URSS alle lotte di decolonizzazione, anche se – su molti soggetti – l’allargamento del consiglio di sicurezza (dell’ONU), ad esempio, la Russia sostiene delle posizioni antagoniste a quelle dei suoi “amici” del Sud, spiega Michel Duclos, ex ambasciatore e consigliere speciale all’Istituto Montaigne, nella prefazione del libro “Guerra in Ucraina e nuovo ordine del mondo” (ed. de l’Observatoire). Il paradosso tra l’aggressività crescente di Putin e la sua capacità di suscitare la simpatia in India, in Brasile o in Africa, ha aggiunto M. Duclos su France Culture, “non l’abbiamo visto arrivare e non abbiamo saputo trovare un contrappeso”.
Così, massimo del cinismo, un paese aggressore in Europa può presentarsi come difensore delle vittime dell’imperialismo. Al d là della denuncia delle manovre russe di propaganda e di disinformazione in Africa, questa capacità del regime di Putin di appropriarsi della storia del sostegno sovietico alle lotte africane per l’indipendenza rinvia alla capacità dei diplomatici russi di presentare la Russia “non come a voler dominare l’Ucraina , ma lottando contro la multipolarità della resistenza all’Occidente” analizza Jade McGlynn, ricercatrice al King’s College di Londra, nella rivista Foreign Policy.
Lei nota che, durante una delle sue numerose tournées africane, Serguei Lavrov, il ministro degli affari esteri della Russia, non ha esitato , in Angola, ad inaugurare un monumento ai soldati sovietici che hanno combattuto nella guerra civile (1975-2002) in sostegno al Movimento popolare di liberazione dell’Angola, partito che è tuttora al potere. In Sudafrica , Mosca si appoggia sul ricordo dell’aiuto sovietico alla lotta contro l’apartheid portata avanti da decenni dal Congresso nazionale africano, che è anche lui tuttora al potere.
L’attrazione degli africani per la Russia non deve però essere sovrastimata. La maggioranza dei 54 stati africani ha paura di essere coinvolta in un conflitto distante.
L’impressionante solidarietà degli occidentali per l’Ucraina contrasta con ai loro occhi , con i modi con i quali hanno trattato gli africani quando bisognava distribuir loro i vaccini contro il Covid- 19 o sul loro modo di accogliere i rifugiati. “L’Africa ha i suoi propri conflitti passati o attuali, con milioni di vittime, senza che ciò susciti le stesse reazioni”- nota Gilles Yabi , economista del Benin, fondatore del circolo di riflessione Wathi- Quel che c’è di molto più importante (della guerra in Ucraina) per esempio, è il cambiamento climatico”.
Questo contesto nuovo – nel quale gli stati africani sono corteggiati da tutte le parti e dove la Russia, poco attenta alla democrazia, avanza le sue pedine, sui piani militare quanto economico – è anche quello di una forte contestazione della Francia. “E’ una situazione molto scomoda”, ha riconosciuto Emmanuel Macron, il 28 febbraio, prima della sua tournée africana che ha in parte ricalcato quella del capo della diplomazia russa (Lavrov). Appello a una “profonda umiltà di fronte a quello che succede”, lotta “sulle cause comuni come il clima”… Il discorso propone una nuova partnership” dove le questioni che riguardano la sicurezza, a lungo centrali nella politica francese in Africa, sono relegate in secondo piano. Ma dove la preoccupazione di contrastare l’espansionismo russo è diventata, ufficiosamente, la priorità.
In un altro articolo di Le Monde si vede che Wagner è presente in Africa : in Libia, Mali, Burkina Faso, Sudan, Camerun, Repubblica Centrafricana, Madagascar.
Ha legami con il Sud Africa e punterebbe anche al Niger.
Era anche in Mozambico, che però ha lasciato dopo anni di scontri contro i jihadisti.
I russi sono stati molto abili nel rimpiazzare recentemente la presenza francese in Mali, Burkina Faso e in Repubblica Centrafricana.

ma secondo Il Post i paesi africani in cui opera o ha operato Wagner sarebbero molti di più : 13.
Si aggiungerebbero alla lista : Guinea, Zimbabwe, Sudan del Sud, Eritrea ed Algeria.



